Fino al 2009 la quasi totalità nel nostro debito era posseduto dai mercati finanziari. Dal 2015 in poi grazie ai massici piani di acquisto di titoli da parte della BCE la situazione è cambiata in modo radicale. Ecco l’assetto proprietario del nostro debito pubblico. Meglio? Peggio? Comunque diverso.
Il DEBITO ITALIANO ha CAMBIATO MANI: a chi DOBBIAMO ora i nostri SOLDI?
# Nel 2015 è iniziato un cambio nell’assetto proprietario del nostro debito pubblico: dal Quantitive Easing al PEPP
Dal 2015 con l’avvio del programma di Quantitive Easing voluto dall’allora presidente della BCE Mario Draghi, la Banca Centrale Europea ha iniziato ad acquistare miliardi di titoli di stato soprattutto nei Paesi con spread più elevati come l’Italia, situazione che determina l’accesso ai mercati finanziari a tassi più onerosi.
In aggiunta a questo, per far fronte all’emergenza economica causata dalla pandemia, con il piano PEPP nel 2020 è partito un altro massiccio investimento di 1800 miliardi di euro di liquidità sui titoli di stato dei Paesi membri e in parte sui titoli privati. In poche parole è proseguito il processo di monetizzazione dei debiti pubblici nazionali degli Stati UE. Vediamo la situazione attuale e futura dell’assetto proprietario del nostro debito pubblico.
# Sempre più debito italiano è in mano alle istituzioni dell’Unione Europea: entro la fine del 2021 la quota sfiorerà il 50%
Nel 2009 il mercato possedeva la quasi totalità del debito pubblico italiano, il 96,5%. Come riporta Will_Ita secondo un recente report dell’Osservatorio dell’Università del Sacro Cuore nelle mani dell’istituzioni dell’Unione Europea è presente oggi il 30% del nostro debito pubblico, contro il 70% dei mercati finanziari sul totale di 2.600 miliardi. Entro la fine del 2021, con una crescita del debito di ulteriori 500 miliardi, il peso dei mercati sarà ulteriormente limitato andando quasi a pareggiarlo: quello dell’Europa, in gran parte della BCE, salirà fino al 47% e quello della Borsa scenderà al 53%.
Il vantaggio per il nostro Paese è quello di avere un debito con interessi ridotti e più sostenibile nel lungo periodo, ma questo potrebbe significare essere sempre più soggetti a imposizioni dettate dall’Unione Europa e quindi essere meno liberi di adottare politiche economiche e sociali. Soprattutto se a questo si aggiunge la previsione del rapporto debito/Pil al 156% per il 2021, in crescita del 22% rispetto al 2019: una corsa che non accenna ad arrestarsi. E che porta sempre più potere nelle mani dei creditori.
Fonte articolo: Will Ita IG
FABIO MARCOMIN
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