Abbiamo raccolto direttamente da operatori sanitari le informazioni principali per capire come si affronta quotidianamente l’emergenza Covid-19. Dalle azioni alle situazioni, dai tempi alle procedure, ecco ciò che vive chi sta in prima linea.
Notizie dal fronte: la vita da OPERATORE SANITARIO al tempo del Covid-19
# La vestizione
Calzari di plastica sopra gli abituali zoccoli da corsia, tuta protettiva full-body idrorepellente, due paia di guanti, uno sopra l’altro, occhiali di plastica (non usa-e-getta), cuffia con mantellina sulle spalle da indossare sotto la tuta protettiva, e infine le tanto agognate mascherine: FPP2 o FPP3 o, in caso di scarsità, 2 mascherine chirurgiche.
# L’igiene
Le mascherine vanno cambiate ogni 4 – 6 ore per garantire un’adeguata protezione.
Due sono i paia di guanti indossati: il primo, quello che viene a contatto diretto con i pazienti, viene cambiato dopo ogni intervento su singolo affetto da Covid-19, o sospetto tale. I guanti sottostanti, invece, si igienizzano con una soluzione alcolica e si riutilizzano. Gli occhiali, come detto, non sono usa-e-getta e vengono quindi lavati e igienizzati dallo stesso operatore a fine turno.
# Il cambio delle mascherine
Ogni volta che l’operatore sanitario ha necessità di cambiare la mascherina deve annotarlo sul un apposito registro e scalare la propria dal totale, indicando il numero di quelle rimanenti, per esempio:
Generalità operatore 1 – 100 mascherine rimanenti
Generalità operatore 2 – 99 mascherine rimanenti
Generalità operatore 3 – 98 mascherine rimanenti
# Le ore di lavoro
Bardati in questo modo si effettuano oltre ai propri turni lavorativi, dalle 7 alle 10 ore, svariate ore di straordinari. Ferie e permessi sono stati bloccati.
Soprattutto chi lavora in rianimazione, il reparto più sotto pressione, è messo alla prova. È infatti normale incontrare nei corridoi infermieri e medici che rinunciano ai turni di riposo e lavorano da più giorni consecutivi. Ciò avviene perché medici e operatori non sono in numero sufficiente all’emergenza.
# I sintomi che deve riconoscere
Febbre superiore a 37.6, in alcuni casi mal di gola e, di conseguenza, tosse secca e stizzosa. Se si ha la tosse grassa con catarro e raffreddore, in linea di massima, si può escludere l’infezione da Covid-19. Nei casi più gravi si avverte la cosiddetta “fame d’aria”, in cui si fa fatica a ventilare i polmoni in modo naturale.
# Il pronto soccorso
Sono stati predisposti ulteriori ingressi dedicati alle ambulanze che trasportano sospetti infetti, in modo da tenere separati i flussi Covid-19 con quelli del pronto soccorso generale. Anche all’interno dell’ospedale si è compartimentato tutto, creando delle cosiddette “zone sporche” in cui passano o stazionano soltanto i sospetti e gli infetti.
# La triage
Dopo la “zona sporca” è stata prevista una zona pre-triage, dove l’infermiere procede a reperire le prime informazioni del paziente: temperatura, pressione, ecc.
Vengono inseriti, quindi, i dati nel computer per l’accettazione, e poi si passa agli esami specifici: prelievo del sangue per emocromo e biochimica, tampone. Il tampone viene esguito per via nasale, perché più accurato.
# Le tempistiche per il tampone
Gli ospedali devono inviare i tamponi a centri specializzati che verificano la positività o meno del tester. All’inizio dell’emergenza il tempo necessario per avere una risposta era di alcune ore. Oggi, con un numero sempre maggiore di richieste, è necessario attendere anche due giorni.
# Il “vetro smerigliato”
Dopo il triage viene effettuata anche una TAC. Il radiologo in questo modo, refertando la lastra del polmone con il termine “vetro smerigliato”, può già avere una ragionevole certezza che il paziente sia affetto o meno da Covid-19, seppure sia necessario attendere l’esito del tampone. Il termine “vetro smerigliato” sta ad indicare lo stato compromesso dei polmoni.
# I pazienti con sintomi, ma in buone condizioni
Giunto al pronto soccorso il paziente che presenta sintomatologia compatibile con il virus viene posto nella cosiddetta “camera calda” in cui aspetterà o il triage o l’esito del tampone. Se il tampone risulta negativo, il paziente viene rimandato a casa con l’ordine di rimanere in quarantena. Se risulta positivo viene trasferito in ambienti di pronto soccorso o di reparto generale in cui riceve le cure appropriate.
# Le cure prestate ai pazienti non gravi
Fortunatamente la maggioranza di chi risulta positivo non ha necessità di cure intensive e passa il suo periodo di degenza nei reparti generali o nelle corsie del pronto soccorso. In caso di difficoltà respiratorie il paziente viene trattato con ossigeno: dalla classica mascherina collegata alla bombola, ad appositi macchinari per facilitare la respirazione come per esempio il casco CPAP, un sistema di ventilazione assistita non invasiva.
# La quarantena
In caso di tampone negativo oppure positivo ma con sintomi lievi, il paziente viene rimandato a casa dove deve restare isolato in una sola stanza, lontano da parenti e famigliari. Il cibo verrà passato dalla porta con particolare attenzione, così come il necessario per l’igiene quotidiana.
È possibile che venga fornita dal sistema sanitario una bombola di ossigeno per facilitare la respirazione, in caso di necessità.
# I pazienti con sintomi e in cattive condizioni
Se il paziente giunto al pronto soccorso che presenta gravi sintomi, così come se si aggravasse durante l’attesa per l’esito del tampone, viene trasferito immediatamente, a seconda della necessità, in reparto generale o in terapia intensiva. In quest’ultima, a causa dell’insufficienza respiratoria, viene sedato e intubato.
# Il fattore umano
I pazienti passano la maggior parte del loro tempo in solitudine e nell’impossibilità di comunicare con i loro cari. La paura e il disagio provati sono forti: il timore della malattia, ancora sconosciuta, le notizie che arrivano dai Tg, spesso allarmanti, il dover indossare la mascherina che dà fastidio fisico, ma che soprattutto mette in una situazione psicologica di fragilità. Perciò, i gesti dei nostri operatori sanitari, di qualsiasi grado, sono importantissimi anche dal punto di vista umano.
# La morte
Di Covid-19 si muore, ora lo sappiamo. Si muore soli, lontano dai propri affetti e lasciando la dolorosa incombenza di avvisare i parenti ai sanitari che, magari, fino a poco prima lottavano per tenere il paziente in vita. Morti che si aggiungono a quelle che, ogni giorno, avvengono nei reparti generali.
# La comunità
E’ nei periodi più bui che si vede la forza di una comunità. Rimanere in casa non è solo un obbligo imposto dal governo, ma è un dovere morale. E’ necessario che ognuno di noi realizzi dentro di sé che siamo parte di una grande macchina. Macchina che, oggi, sta lavorando troppo vicino ai suoi limiti.
FEDERICO POZZOLI
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