Con il Coronavirus è nata una nuova figura sociale: gli sceriffi da balcone. Una via di mezzo tra gli psicopoliziotti di Orwell e delle macchiette di Savonarola.
“State a casa, idioti!”: psicopatologia degli SCERIFFI DA BALCONE
C’è un fenomeno che in questi giorni di quarantena sta facendo rabbrividire quasi più della paura del contagio: la proliferazione di cittadini che avvertono la necessità, o addirittura si sentono in dovere, di sostituirsi alle forze dell’ordine per fare giustizia contro altri cittadini, impegnati in attività banali della vita quotidiana, come recarsi al lavoro, portare fuori il cane, recarsi in farmacia o al supermercato, tutte attività consentite anche in questo grave frangente.
Questi “delatori” in Italia sono assurti agli onori delle cronache come protagonisti dell’emergenza sanitaria con l’appellativo di “sceriffi da balcone”.
La loro fondamentale esigenza è di trovare un colpevole, un mostro sociale da additare al pubblico ludibrio. A quel punto si mettono in azione mediante vere e proprie denunce (più o meno anonime), sia postando video o foto del presunto “criminale” sui social, sia apostrofando, con turpiloquio e frasi ingiuriose rivolte dal balcone, ultimo baluardo di una dimenticata normalità, o dalla finestra in casi meno fortunati, i passanti, rei di violare il “dictat” imperante che dall’inizio dell’emergenza sanitaria viene ossessivamente veicolato dalla stampa, da testimonial famosi e da tutti i mezzi di comunicazione “IORESTOACASA”.
Poco importa a questi novelli sceriffi se le vittime sacrificali dei loro strali o persone anziane, magari sole, uscite a fare la spesa, o runner solitari e innocui che avvertono il legittimo bisogno di fare un po’ di esercizio fisico all’aria aperta, o ancora mamme uscite per 10 minuti con il passeggino (e ciò a prescindere da cosa consenta o meno la normativa) o addirittura medici o infermieri che si recano al lavoro o a casa dopo un estenuante turno di lavoro, proprio quelli che gli stessi sceriffi inneggiano a eroi in altre occasioni: questi nuovi “paladini dell’inquisizione” sono inflessibili e privi di capacità di discernere se ciò che hanno di fronte rappresenta o meno un’effettiva fonte di pericolo. Ciò che li rafforza nel trattare i destinatari delle loro rabbiose invettive, alla stregua dei peggiori criminali, è la convinzione di agire per il bene supremo e nell’interesse dell’intera società civile.
La responsabilità dei “depositari della Verità”
La loro idea di quarantena, portata alle estreme conseguenze, e la necessità di individuare un colpevole su cui far ricadere ogni colpa per la presenza del Coronavirus, viene peraltro avallata e rafforzata da alcuni scienziati che si sentono depositari della Verità, come in passato accadeva per gli inquisitori. E anche se si tratta di una verità che settimana dopo settimana si dimostra contraddittoria e priva di soluzioni, è comunque capace di alimentare fanatismi che possono sfociare in aggressività.
Un’azione di rinforzo viene data anche dagli appelli di personaggi del mondo dello spettacolo e dei VIP che, dalle loro splendide abitazioni, munite di giardini, parchi e piscine, invitano le persone meno fortunate di loro, a non violare le gravose restrizioni imposte nel tentativo di arginare la diffusione del virus. Alla spasmodica attenzione che le celebrità e i sceriffi da balcone ripongono su chi esce di casa corrisponde una totale indifferenza rispetto all’efficacia delle misure adottate dall’autorità e delle soluzioni proposte dagli “esperti” per risolvere l’epidemia.
Quella a cui stiamo assistendo è una vera e propria caccia agli untori, insomma, una gogna mediatica (e a volte anche fisica) che non ha risparmiato nessuna categoria: i runner sono stati i primi, poi è toccato alle mamme con i passeggini o con pargoli al seguito, poi ai padroni dei cani, ed infine ai sanitari stessi. Quale sarà il prossimo bersaglio?
I casi di cronaca più eclatanti
Ecco alcuni eventi che mostrano come “il sonno della ragione spesso possa generare mostri”: si tratta di casi che invitano a riflettere e far riconsiderare anche il ruolo della comunicazione e dei media:
#1 L’inseguimento in spiaggia
Al primo posto l’inseguimento di un runner sulla spiaggia, trasmesso in diretta dall’elicottero della Guardia di Finanza in un celebre programma pomeridiano. A molti, tra cui anche il giornalista Matteo Grandi, questo triste spettacolo ha ricordato l’inseguimento con gli elicotteri trasmesso in diretta TV negli Stati Uniti del celebre OJ Simpson, accusato di aver barbaramente ucciso la moglie e il di lei l’amante”.
L’italica caccia all’uomo ha suscitato – fortunatamente – numerose reazioni indignate sui social. Andrea Amato, in un suo articolo apparso sul web non ha mancato di evidenziare che “dopo le canzoni cantate alle finestre, dopo i «ce la faremo» strillati dai balconi, l’animo umano al secondo mese di quarantena da coronavirus è finalmente venuto fuori”.
La trasmissione di Canale 5 non è stata la sola, un servizio simile, non in diretta, è andato in onda anche ad Agorà su Raitre, dove le immagini della guardia di finanza che rincorre con il drone un uomo che fa jogging sono state montate sulla musica della Cavalcata delle Valchirie, colonna sonora indimenticabile di Apocalypse Now nella sequenza del bombardamento col napalm in Vietnam.
#2 Il runner pestato a sangue
Al secondo posto, in questa triste classifica, ma di pari gravità gli insulti, le minacce, e le percosse inflitte ad un runner di Padova, un cinquantenne ingegnere di Albignasego in provincia di Padova, uscito nei pressi della propria casa per fare un po’ di jogging portando con sé anche il proprio cagnolino, restando nei paraggi della sua abitazione. Il suo crimine? Essere uscito senza mascherina. Il malcapitato ha dovuto ricorrere alle cure sanitarie (sperando peraltro che il suo ricovero non lo abbia esposto al contagio del virus).
#3 Al rogo l’infermiera “untrice”!
Il caso della giovane tirocinante, prima positiva al Coronavirus, in servizio nella RSA di Villafrati dove si sono registrati 70 casi e nei cui confronti è stata scatenata un’ondata di fango mediatico: poco importa che la stessa non avesse alcuna responsabilità accertata in merito, ma sul web qualcuno in preda all’ira ha elaborato persino un piano per darle fuoco.
#4 Il SUS di Roma: il sistema unico di segnalazione
A Roma, la Sindaca Raggi ha istituito il SUS (sistema unico di segnalazione), un vero e proprio servizio di delazione per consentire ai romani di denunciare la presenza di eventuali assembramenti. L’iniziativa degna di un romanzo di Orwell ha scatenato l’ira di molti cittadini sui social, che non hanno mancato di evidenziare come la stessa sia foriera di alimentare l’odio e il sospetto tra i cittadini.
La lettura di questi episodi non può non evocare nel lettore il ricordo di fatti del passato come quello della “colonna infame” descritto nei Promessi Sposi, o non può non far pensare alle tristi figure dei Kapò nazisti o dei delatori del ventennio fascista.
Da cosa nasce l’esigenza di individuare un capro espiatorio?
Secondo il Prof. Gianluca Castelnuovo, Psicologo e Psicoterapeuta e Professore Ordinario all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, una delle reazioni più tipiche dell’essere umano è sperimentare la paura, emozione primaria, fondamentale anche per la nostra difesa e sopravvivenza: se non la provassimo non riusciremmo a metterci in salvo dai rischi.
Quindi ben venga percepire paura, perché è un elemento che consente la conservazione della specie. Il problema insorge quando la paura si trasforma in terrore incontrollato e mal gestito, che sfocia nel panico o nell’ansia generalizzata. Quando l’allerta e l’alta tensione sono eccessivamente protratte nel tempo, spiega il Prof. Castelnuovo, un pericolo limitato e contenuto viene generalizzato e percepito come insuperabile ed ogni situazione, anche la più innocua, come rischiosa ed allarmante. Ed è in questo passaggio che l’essere umano comincia ad attuare comportamenti impulsivi, frenetici e irrazionali, che sfociano, nei casi più gravi, per fortuna limitati, in sentimenti di odio puro nei confronti di presunti colpevoli. Comportamenti che spesso si prestano ad essere imitati ed emulati portando le persone ad osservare condotte che andrebbero razionalmente evitate.
Tali condotte, se potevano avere una giustificazione in epoche a minor tasso di civilizzazione, ora rischiano solamente di essere controproducenti e distruttive e non debbono essere in alcun modo alimentate.
L’altra faccia della medaglia: chi vince la paura con atti di umanità
Nella certezza che quando precede rappresenta solo una sfaccettatura, la meno nobile, di carattere episodico, delle possibili reazioni umane, è doveroso segnalare che sono certamente maggiori gli esempi di persone che sono riuscite a trasformare le proprie emozioni e paure incanalandole nella giusta direzione a beneficio del prossimo.
Gli esempi sono molteplici. Giovani che si sono prestati come volontari per portare la spesa ad anziani, vicini di casa che si aiutano reciprocamente. Sconosciuti che iniziano a salutarsi e a scambiarsi sorrisi. Donazioni e opere di beneficenza da parte sia di grandi imprenditori che di persone semplici.
Forse proprio di questo i media, che giocano un ruolo chiave, dovrebbero occuparsi, anziché alimentare ed amplificare tendenze distruttive, perché troppo spesso ciò che si comunica esiste, anche se non è, e ciò che è, se non lo si comunica, non esiste.
ARIANNA FERRARI
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Dalla mia posizione privilegiata di Italiana all’estero non voglio cedere a facili giudizi, ma nemmeno giustificare ignoranza e cecità.
Perché alla fine è l’ignoranza la madre di tutti questi tristi comportamenti. L’autrice di questo articolo, in un probabile slancio di ottimismo cita Orwell e Goya; gli sceriffi di quartiere così come certi imbarazzanti sindaci si chiederanno a quali reality show appartengano queste persone… o a quale squadra di calcio.
Grazie per questa voce fuori dal coro, che spero diventi sempre più forte
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