Le attività commerciali di Chinatown sono state le prime a chiudere a Milano, senza attendere il lockdown. E sembra saranno le ultime a riaprire. Questa la sensazione che trasmette via Sarpi e l’area circostante dove ancora pochi negozi hanno alzato le serrande. Quali sono i motivi di questa attesa?
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🔴 Tutto chiuso a CHINATOWN: “in zona Sarpi saremo gli ultimi a riaprire”
# Le tre cause della mancata apertura del quartiere cinese di Milano
Il membro del direttivo di Confcommercio Milano-Monza Brianza e rappresentante dei commercianti cinesi Francesco Wu intervistato da Agenzia Italia ha detto che la decisione di mantenere la chiusura del quartiere cinese di Milano almeno fino a Giugno è derivato da diversi fattori, tra cui quello economico ha avuto un peso decisivo e che “c’è il rischio di un ottobre nero con la chiusura anche del 20% delle attività. I costi per rispettare tutte le norme anti-contagio sono molto alti, soprattutto per i ristoranti, e si va verso una estate anomala, in cui verranno a mancare molti turisti: sarà il periodo peggiore“.
#1 Gli asiatici sono più prudenti
“Con questi numeri è impossibile andare avanti. Se saltiamo noi saltano anche i nostri dipendenti, salta tutto“e “oltre il 20% di chiusure il sistema non reggerebbe più” aggiunge Wu, ricordando che a Milano e città metropolitana ci sono ben 8 mila ditte cinesi. “Ognuno riaprirà quando crede, qualcuno per il weekend, altri tra due settimane. Non c’è nulla di concordato – dice il referente in Confcommercio Milano per l’imprenditoria straniera. Ma credo che in zona Sarpi saremo gli ultimi a riaprire” sia perché c’era una “clientela interna” e sia “perché gli asiatici sono i più prudenti“.
#2 Costa di più stare aperti
Riaprire sarebbe anche antieconomico e nonostante la cassa integrazione non sia ancora arrivate Wu ammette che “riaprire in questo momento, a maggior ragione per chi ha del personale, è antieconomico. Costa di più stare aperti. Almeno ora c’è la cassa integrazione che permette alle imprese di resistere di più, anche se i soldi non sono ancora arrivati“.
#3 Regole poco chiare, troppi decreti e protocolli
Il rappresentante delle comunità cinese ha sottolineato anche la difficoltà che applicare le norme dettate dal Governo e l’incertezza sui passi da fare per aprire in sicurezza. “Molti imprenditori non hanno aperto perché le norme non erano chiare, poi c’è stata anche una retromarcia sulle persone conviventi che a ristorante devono stare a distanza di un metro, come gli altri. Così si fanno le cose all’ultimo, di corsa. Come ci sentiamo tutelati?“.
I negozi del food hanno continuato a lavorare con il delivery, che però consente di generare una percentuale ridotta di fatturato in quanto i maggiori incassi derivano dalla consumazione sul posto, perchè come dice Wu “Milano è bella perché è la Milano da bere e da mangiare. Senza questo perde fascino e vitalità”. Se anche i laboriosi cinesi mollano il colpo, cosa succederà agli italiani?
Fonte: agi.it
FABIO MARCOMIN
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