Unico, imitato, ma mai dimenticato. Questo è il Drive In, il programma per antonomasia degli anni Ottanta che lo scorso anno ha compiuto quarant’anni.
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Quando la domenica italiana era del Drive In, il manifesto della comicità milanese
# L’idea nasce da un ligure
Sembra passato un secolo, eppure poco più di quarant’anni fa un uomo nato ad Albenga in Liguria, dopo essersi laureato in lettere, capisce che la sua strada è la televisione. Le sue idee sono innovative e ben presto la Rai lo mette sotto contratto e non ancora trentenne diventa uno degli autori del varietà di punta Fantastico. In seguito, diventa uno dei collaboratori più stretti degli spettacoli del non pentastellato Beppe Grillo, ma la svolta della sua vita è quando varca la soglia di Silvio Berlusconi ad Arcore. I due parlano, discutono e alla fine esce l’idea del decennio. Nasce il Drive In che andrà in onda sul neoacquisto televisivo Italia 1. Quell’uomo risponde al nome di Antonio Ricci e ha cambiato la storia della televisione italiana.
# Comici e ballerini in un Drive In all’americana
L’idea è geniale: ambientare lo spettacolo in un fantomatico drive in di chiara ispirazione americana. Il ruolo del proprietario è affidato a Gianfranco D’Angelo che insieme al suo aiutante Ezio Greggio cercano di approfittare dell’ingenuo cliente Enrico Beruschi che, per evadere dall’opprimente moglie, si reca al Drive In per corteggiare la cassiera Carmen Russo, poi sostituita da Lory Del Santo.
A differenza di quello che fino ad ora era stato visto e usato in tv nei diversi varietà, il programma prevedeva l’utilizzo di numerosi comici che mischiandosi con gli intermezzi delle ballerine (le ragazze fast food), la messa in onda degli sketch britannici di Benny Hill, faceva del programma una sorta di “macedonia di generi” (parole di Antonio Ricci nda). Infine, tra sit com, effetti speciali, satira politica, parodie, gag, barzellette, tormentoni, un montaggio incalzante, il programma diventa un vero e proprio punto di rottura della televisione. Sancisce la nascita ufficiale della tv commerciale e il successo è immediato. Dopo la prima edizione del 1983 girata negli studi di Roma e andata in onda il martedì, dalla seconda, tutto lo staff viene spostato nei più spaziosi set di Milano e lì rimarrà fino al 1988. La trasmissione passa di domenica dove resterà fino alla sua chiusura.
Il pubblico si affeziona e l’audience aumenta giorno dopo giorno. Come non ricordare quando il 31 dicembre dell’83, l’allora Fininvest decise di trasmettere a reti unificate (Canale 5 e Italia 1) la puntata speciale per la fine dell’anno, fu la coronazione del successo del Drive In.
Il programma andò in onda per sei anni consecutivi, senza mai andare incontro ad un insuccesso o ad un calo di spettatori. Negli anni successivi, il programma viene riproposto su Italia 1 con un montaggio diverso e durata più breve e nel 2003, per il ventennale, Canale 5 mandò in onda una serie di quattro puntate chiamate Drive In Story. Quasi a voler dire che il programma non è mai stato dimenticato.
# La risposta milanese alla comicità romana della Rai
Così come il Derby, che fu il principale locale notturno dove i comici e cabarettisti milanesi e non cominciavano ad affacciarsi nel mondo dello spettacolo, anche il Drive In fu una importante vetrina per la nuova comicità italiana, targata anni Ottanta. La presenza di alcuni artisti in particolare fu oggetti di analisi sul piano “geografico”. La scenografia e la composizione degli artisti (per maggioranza milanesi o comunque settentrionali) venne visto come una risposta meneghina alla comicità romana e meridionale da anni imperava nel mondo dello spettacolo. Beniamino Placido, in un’intervista dell’epoca, sostenne che in Italia si stavano formando due fazioni televisive: i nordisti che guardano Drive In e i sudisti che guardano Quelli della notte. Anche lo scrittore Mario Soldati paragonò il programma come una ventata di aria fresca di comici pronti a spazzare il romanesco.
Senza contare il fatto che Drive In fu visto come un’analisi negativa e profonda del tessuto sociale del tempo. Fu definito come il simbolo della americanizzazione dell’Italia, dell’edonismo, del reaganismo, del craxismo, ma soprattutto della Milano da bere.
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# Le nuove icone della comicità milanese
Del programma non si possono dimenticare personaggi che, purtroppo, oggi non ci sono più, ma che hanno lasciato un segno indelebile nell’immaginario collettivo dei telespettatori.
Penso a Giorgio Faletti (porco il mondo che c’ho sotto i piedi), il commissario Zuzzurro (ce l’ho qui la brioche), Gianfranco D’angelo (pippo pippo pippo), ma come ho detto precedentemente, il Drive In fu una vetrina importantissima per i comici milanesi o di origine milanese o comunque, che hanno legato il proprio nome alla città.
- Ezio Greggio che, pur essendo di origini piemontesi, ha incarnato la milanesità meglio di tanti altri. Interpretò il banditore dell’Asta Tosta (“oggetti tosti per tutti i gosti”) che alla fine dell’asta proponeva sempre un’opera di un certo Teomondo Scrofalo, introdotto con la frase «è lui o non è lui? Cerrrto, che è lui!». Il Criticatutto (bada ben bada ben…»). L’esperto di Spetteguless, riproposto a Striscia la Notizia, che fece epoca col suo slogan (chi ha cuccato la Cuccarini?). Il dottor Vermilione parodia del celebre psicanalista Armando Verdiglione.
- Massimo Boldi, anche lui di origini varesotte, è considerato da tutti come il milanese doc per eccellenza, caratteristica che ha interpretato più volte al cinema. Il programma fu, per lui, la rampa di lancio per alcuni personaggi (Cipollino e Bold Trek) che poi ripropose in altre trasmissioni riscuotendo il medesimo successo, questo prima di diventare una delle star di cinepanettoni.
- Andrea Brambilla in arte il commissario Zuzzurro. Fece coppia fissa con Nino Formicola (milanese doc) con il quale interpretava il duo Zuzzurro e Gaspare. Memorabile fu il tormentone (ce l’ho qui la brioche), ma anche quando ai due si aggiunse Isaia, una sorta di sosia di Marty Feldman di Frankenstein Junior, il commissario era solito chiamarlo “Faccia da strudel…” Purtroppo ci ha lasciato dieci anni fa esatti.
- Enzo Braschi è ricordato e lo sarà per sempre per la sua interpretazione del paninaro, fissato con le sfittinzie, i panozzi, il gargarozzo e i Duran Duran, in particolar modo la canzone Wild Boys con la quale terminava il suo sketch. Seppur di origini genovesi, il paninaro fu un successo talmente altro che portò l’attore ad interpretarlo anche in film come Italian Fast Food, Animali metropolitani e Ragazzi della notte.
- Sergio Vastano, seppur romano doc, interpretò con una certa convinzione uno studente calabrese fuori sede che vive e si atteggia da top manager bocconiano impersonificando il tipico yuppy.
- Piersilvio Berlusconi, sì avete letto bene, il figlio del Cavaliere all’epoca aveva diciassette anni e ogni tanto compariva nello show nei panni di sé stesso che cercava di far firmare alle ragazze dei finti autografi. Successivamente chiamava il padre per dirgli che aveva raccolto un sacco di firme per abbassare gli stipendi. Di certo non era un comico, ma era esilarante.
Qualcuno di voi li ricorda? Chi era il vostro personaggio preferito?
Continua la lettura con: La RAGAZZA che VIVE come negli ANNI QUARANTA: ma come si stava a quei tempi a MILANO?
MICHELE LAROTONDA
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