Cà Brutta sovrasta arzilla la Via Moscova da 100 anni. Ma perché questo nome così poco edificante?
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La Ca’ Brutta: il palazzo che non piaceva ai milanesi ma che ha segnato un’epoca
# Gli albori del modernismo
Via della Moscova all’angolo con Via Turati. Siamo fermi al semaforo e se alziamo lo sguardo, vediamo questo palazzo dalle forme strane e dall’aspetto in bianco e nero.
È la Ca’ Brutta, edificata tra il 1919 e il 1922, l’opera prima dell’Architetto Giovanni Muzio, esponente di spicco della corrente architettonica definita “Novecento”. Uno stile architettonico che avrebbe poi dominato nei decenni a seguire.
La Ca’ Brutta è ritenuta una delle tappe fondamentali dell’architettura italiana, dato che in questa struttura sono presenti, primi fra tutti, i caratteri con cui verranno edificati tutti i condomini del futuro. Ma qual è la sua storia e, soprattutto, qual è l’origine del suo nome?
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# Quando il bianco e nero non era ancora moda
Ca’ Brutta sorge laddove una volta vi era Villa Borghi. La nuova destinazione è un condominio per uso abitativo e il progetto viene affidato ad un giovane architetto di 26 anni.
L’edificio riflette l’interesse dell’architetto per il modernismo e il suo stretto legame con i pittori metafisici. Prima ancora che dentro, l’azzardo di Muzio è visibile sulle decorazioni esterne, che hanno una chiave ironica più che funzionale.
Per l’epoca è super moderno, forse troppo a giudicare dall’accoglienza dei milanesi che schifati gli diedero il soprannome tranchant con cui il palazzo è divenuto celebre fino ai nostri giorni.
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# Il palazzo della diplomazia con la via in mezzo
Eppure Ca’ Brutta così sgradevole non è.
L’edificio è costituito da due blocchi: il primo che ricalca gli antichi palazzi nobiliari milanesi, con una corte interna, mentre il secondo è lineare e si trova dall’altra parte del cortile interno.
I due blocchi sono divisi da una via privata, Via Mangili, creata con la costruzione di questi due palazzi e l’accesso è consentito dopo aver attraversato un arco in Travertino.
A due passi da Piazza Stati Uniti d’America, Ca’ Brutta ospita i consolati di Francia e del Giappone, dando residenza alle diplomazie che si affacciano proprio sulla via privata che attraversa il complesso.
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# L’innovazione del garage sotterraneo
La facciata esterna della Ca’ Brutta è realizzata con una sovrapposizione di 3 strati.
Dal punto strada, a salire per 2 piani, la facciata è rivestita in Travertino, la fascia mediana intonacata in grigio scuro e l’ultimo piano in marmo bianco.
Muzio predilige un ordine architettonico che esige rigore, ponendo fine alle esuberanze del Liberty che andavano ancora per la maggiore. La Ca’ Brutta segna così l’inizio della fase architettonica conosciuta come “Novecento”, un miscuglio di classicismo lombardo ed esasperazione delle simmetrie, una corrente che sarebbe poi stata studiata in ogni parte del mondo.
La destinazione della Ca’ Brutta è stata, fin dall’inizio, l’uso abitativo collettivo. E presenta un’altra grande innovazione: Ca’ Brutta è stato uno dei primi edifici in Italia ad avere un garage sotterraneo, riservato esclusivamente agli inquilini, col montacarichi all’americana dedicato alla discesa delle automobili.
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# Un effetto sconcertante, soprattutto all’interno
All’esterno spiccano i giochi geometrici dei decori, soprattutto lo strato di stucco vicentino o i tromp l’oeil, studiati da Giovanni Muzio per sconcertare i suoi contemporanei.
Ma l’opera ha un effetto ancora più stordente su chi ha la fortuna di entrare all’interno.
Il blocco con la corte interna regala simmetrie e giochi geometrici agli accessi dal cortile, gli atri sono rifiniti con marmi e pavimenti a mosaico in graniglia e cemento decorato, ampi volumi interni e locali molto luminosi.
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# La guglia della Torre Unicredit è troppo alta!
Il giudizio dei milanesi di 100 anni fa è stato così impietoso da lasciare alla Ca’ Brutta una legacy, il soprannome, che rimarrà probabilmente in eterno.
La verità è che Ca’ Brutta segna l’inizio di una nuova urbanizzazione che segna ancora oggi lo stile di Milano. Giovanni Muzio ha realizzato oltre 50 opere in città, tra cui la Triennale, il Palazzo Cariplo e la Casa dei giornalisti, dando vita ad una corrente architettonica studiata in tutto il mondo
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LAURA LIONTI
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