Oltre un secolo fa, assieme ai quartieri eleganti e rinomati della piccola borghesia, si trovavano quelli più loschi e malfamati caratterizzati da osterie di bassa lega e bordelli. Fu grazie alla legge emanata da Cavour nel 1859 che a Milano ebbe inizio la storia delle case chiuse. Ripercorriamo quelle torbide vicende.
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I quartieri storici della prostituzione a Milano
# La nascita delle case chiuse a Milano
Tutto ha inizio quando Cavour nel 1859 emanò una legge che permetteva la nascita di bordelli gestiti direttamente dallo Stato italiano, che si sarebbe occupato anche dell’aspetto sanitario e igienico, come era già successo con Napoleone Bonaparte dopo aver conquistato l’Italia settentrionale. Successivamente, con l’unificazione dell’Italia nel 1861, la legge trovò estensione anche nel resto delle regioni.
# Quali erano i quartieri a “luci rosse” della città
Si trovavano nelle aree più povere della città, come il Verziere, “decantato” nella poesia “La Ninetta del Verziere” da Carlo Porta, nelle vicinanza dell’attuale Università Statale.
Il Castelletto, in piazza Beccaria, era uno dei bordelli più popolari: la prostituzione era sì legale, ma le donne rischiavano multe salate se sorprese ad adescare i clienti in pubblico. Tra l’attuale Piazza Diaz e Santo Stefano c’era il Bottonuto, dove le prestazioni costavano 5 lire il giorno, fino a 10 nel caso di un albergo a ore. In via Vittoria Colonna il prezzo saliva a 50 lire, ma era incluso il pranzo, mentre in zona Porta Ticinese per trascorrere qualche ora con una ragazza presso il vicolo Calusca, il bordello che si trovava dietro la chiesa di Sant’Eustorgio, bisogna fare richiesta al protettore locale, il “menacapi”.
# La case chiuse più belle: con salottini privati e specchi sui soffitti
Nonostante i bordelli non fossero di i luoghi più rinomati, ce n’erano alcuni che si distinguevano per la loro bellezza, come quelli attorno a via Disciplini, che potevano offrire un salottino privato ai propri clienti, e quelli in via San Pietro all’Orto, vicino alla chiesa di San Carlo, le cui camere avevano degli specchi sul soffitto. Le case chiuse di via Chiaravalle invece erano molto apprezzate dagli alleati nella seconda guerra mondiale.
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