Di seguito alcune tappe degli anni Settanta e, in fondo, la fotogallery.
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La Milano degli anni Settanta: i ricordi e le foto della città
# Una Milano violenta
La Milano degli anni ’70 inizia in anticipo. Con la strage di Piazza Fontana. Il 12 dicembre 1969 la sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana è teatro di un attentato che uccide 17 persone e ne ferisce altre 87. Si tratta dell’attentato terroristico più violento dai tempi della Guerra, una giornata di cinque attentati nell’arco di 53 minuti distribuiti nelle due città più importanti del Paese, Milano e Roma. Ed è solo l’inizio di un decennio violento di cui Milano sarà protagonista. Sono gli “anni di piombo”, anni irrequieti, dove violenze politiche e scontri in piazza sono all’ordine del giorno. Non solo. Sono anche anni duri con una criminalità sempre più incattivita e, come ricorda Mauro Colombo sul sito Milanoneisecoli, “più vera e cruenta rispetto a quella alla quale ci si era abituati in precedenza”. Due gruppi contrapposti: destra e sinistra estrema si combattono in nome dei loro ideali, seminando paura nelle piazze. Una contrapposizione violenta che si manifesta anche con look chiaramente identificabili.
# San Babila e i giovani fascisti milanesi
In questa atmosfera tesa e violenta, San Babila diventa uno dei luoghi simbolo della città. È proprio nella prima metà degli anni ’70 che giovani neofascisti dal look inconfondibile, occhiali a goccia, stivaletti a punta, jeans, giubbotto militare o giacca in pelle, rendono la piazza il loro punto di incontro, opponendosi ai “capelloni” (ragazzi e ragazze che si potrebbero definire in un mix tra i figli dei fiori e i rockettari). Stili inconfondibili che esprimono l’appartenenza politica, da un lato l’estrema destra e dall’altro la sinistra. Nei primi anni Settanta i sanbabilini, così sono chiamati gli appartenenti al movimento giovanile della destra radicale “Giovane Italia”, seminano paura. Il 72 e 73 sono forse gli anni peggiori e terminano con il “giovedì nero di Milano”. Il 12 aprile 1973 una protesta in piazza si trasforma in una pioggia di pietre, spranghe, ferro, bottiglie di vetro e bombe. Si spera che il terrore possa finire con questa giornata, ma l’anno seguente un giovane viene ucciso per aver staccato un manifesto fascista da un palo della luce… Il clima di paura, violenza e estremismo politico pericoloso è appena iniziato. Si respira aria da guerra civile.
Ma gli anni Settanta iniziano anche con quel fervore portato dal famoso Sessantotto, l’anno per eccellenza delle rivoluzioni studentesche dove i giovani criticavano i metodi di insegnamento e chiedevano libertà di parola sui problemi della società. Sono anni dove si rivendicano le proprie libertà e si cerca di affermare la diversità di pensiero.
# La sinistra estremista a Milano: tra l’ Avanguardia Operaia e le Brigate Rosse
Nel biennio delle lotte studentesche 1968-1969 nasce a Milano anche uno dei gruppi della sinistra extraparlamentare più influenti di sempre: Avanguardia Operaia. Una nuova sinistra che sostituisce quella più “tradizionale e istituzionale”, che accoglie il cambiamento e che mette in discussione la società. Avanguardia Operaia protesta contro le disparità sociali e la sottomissione culturale, nonché lotta per le condizioni dei lavoratori. Ma pian piano, come tutte le organizzazioni della nuova sinistra a metà anni Settanta, Avanguardia Operaia sfocia nella militarizzazione e nella violenza e decide quindi di prendere la strada istituzionale. Di ideologia comunista, nel 1975 AO presenta le sue liste unitarie come “Democrazia Proletaria” in sei regioni italiane.
Ma gli anni ’70 sono anche quelli dominati dalle Brigate Rosse. Il gruppo terroristico comunista opera in Italia per quasi vent’anni e nasce proprio a Milano, città che sarà poi una delle colonne del movimento, insieme a Roma, Genova e Torino. I bersagli delle BR sono legati alla politica, alle forze dell’ordine, allo stato, e a tutto ciò che, secondo le teorie dell’organizzazione, ostacolava la rivoluzione in Italia. La loro attività inizia con una propaganda armata e continua con sequestri e attentati. Il caso più importante è stato il rapimento e la successiva uccisione di Aldo Moro, avvenuto a Roma 16 marzo del 1978.
# Entra in campo la M2, in strada si accende il problema del traffico e dell’inquinamento
Siamo ora al 2 dicembre 1973, in Italia viene imposto il divieto di circolazione delle auto private nei giorni festivi. Sono i giorni dell’austerity. L’obiettivo era ridurre il consumo energetico dopo l’impennata dei prezzi legata alla crisi petrolifera e agli scenari geopolitici internazionali. Mentre 50 anni dopo affrontiamo lo stesso problema, anche se le cause sono diverse, i giovani di allora si ricordano con un po’ di nostalgia i weekend in bicicletta e pattini in mezzo alle strade.
Ma rimanendo sempre in tema spostamenti, i primi anni ’70 sono gli anni in cui i milanesi possono prendere per la prima volta la M2 per spostarsi fino a Centrale. La prima tratta della M2 che andava da Caiazzo a Cascina Gobba viene ufficialmente inaugurata il 4 ottobre 1969, ma già nel 1970 si prolunga la linea fino a Centrale. È la prima volta che due stazioni urbane delle Ferrovie dello Stato vengono collegate: Lambrate e Centrale. I prolungamenti della verde fino a Cadorna continuano nel corso del decennio e nel 1978 si decide di portarla fino a Porta Genova. Anche la M1 prosegue il suo percorso e a fine anni ’70 da Sesto Marelli si poteva arrivare fino a San Leonardo e Inganni.
# Foto degli anni ’70
Ma la Milano degli anni ’70 è anche quella delle macchine che attraversano piazza Duomo, dello stadio di San Siro con soli due anelli dove si cercava di entrare gratis arrampicandosi sui cancelli, del quartiere Bicocca con il suo stabilimento Pirelli, dei barconi che passano per la Darsena. Non c’erano piani regolatori e si poteva solo intuire che, se tra una serie di case ottocentesche c’era un (brutto) edificio moderno, questo serviva spesso a coprire i buchi creati dalle bombe di guerra. È la Milano del cinema al mattino, la città vissuta dai giovani, studenti nelle piazze, nei bar, sui marciapiedi a chiacchierare perché magari quel giorno non bastavano gli spiccioli per comprare una birra o una bibita e sedersi al caldo nei locali. È la Milano forse non ben divisa in quartieri, non esistono le zone dove si lavora, dove ci diverte o i cosiddetti quartieri dormitori che ci sono oggi, ma è una Milano dove in ogni sua zona si respira l’atmosfera di un piccolo paese.
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BEATRICE BARAZZETTI
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