Le 5+1 parole gergali usate a Milano ma che non sono milanesi

Fanno parte del linguaggio di Milano anche senza essere di Milano

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Credits otta.s ig - Sticazzi
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Ci sono alcuni termini che vengono utilizzati dai milanesi quotidianamente ma che di milanese non hanno niente. 

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Le 5+1 parole gergali usate a Milano ma che non sono milanesi

#1 Minchia

Minchia è un termine originario della lingua siciliana, di derivazione dal latino mencla, formula volgare di mentula, per indicare l’organo sessuale maschile. Nell’Italia settentrionale, in particolare a Milano, la parola si è diffusa per via dell’ingente immigrazione di cittadini provenienti dalla Sicilia come espressione di esclamazione, di disprezzo, di apprezzamento o di stupore.

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#2 Sticazzi 

Credits otta.s ig – Sticazzi

L’espressione “sticazzi” è di origine romana ma da anni è entrata nel comune gergo milanese, solo che il suo utilizzo è esattamente l’opposto. A Roma infatti è un’espressione di scherno, significa “e a me cosa importa?”, mentre a Milano esprime stupore.

#3 Daje

Credits:
@romanzogiallorosso (INSTG)

Anche il termine dialettale “daje” è stato importato dalla capitale. Conosce diverse varianti e modi d’uso, a Milano è usata per caricare, dare coraggio o festeggiare un risultato raggiunto.

#4 Rosicare

Stai a rosicà” è un’espressione molto usata a Roma. A Milano viene usata in italiano con lo stesso significato, per sottolineare come una persona sia invidiosa di qualcuno o di una situazione e si stia rodendo il fegato dalla rabbia. L’unica differenza rispetto all’originale romano è che a Milano si pronuncia anche l’ultima sillaba

#5 Rumenta

Di origine genovese la parola “rumenta” viene anche utilizzata a Milano per indicare la spazzatura. Deriva da “ramenta”, un lemma del tardo Latino, nato dalla trasformazione di “fragmenta”, originario del Latino classico, che vuol dire “frammenti” e utilizzato quindi per indicare avanzi, scarti, resti.

#5+1 A muzzo

Amuninni Credits: unaparolasicilianaalgiorno IG

Dalla Sicilia arriva un altro termine diffuso a Milano, “a muzzo”. La traduzione letterale è mucchio, insieme di cose prive di identità. Per estensione anche inutile, a vanvera “Parrari a’ muzzu (parlare a vanvera). Viene usata a Milano per indicare cose fatte a caso, a casaccio, senza logica.

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FABIO MARCOMIN

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Fabio Marcomin
Giornalista pubblicista. Laurea in Strategia e Comunicazione d’Impresa a Reggio Emilia. Il mio background: informatica, marketing e comunicazione. Curioso delle nuove tecnologie dalle criptovalute all'AI. Dal 2012 a Milano, per metà milanese da parte di madre, amante della città e appassionato di trasporti e architettura: ho scelto Milano per vivere e lavorare perché la ritengo la mia città ideale.

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