La Romagna è una delle zone del paese meglio conosciute e forse più amate dalle popolazioni del Nord. Custode di una delle migliori cucine del mondo, simbolo di accoglienza, buon vino e, soprattutto, l’unico luogo al mondo dove poter trovare la semplicità e la simpatia dei romagnoli, che contribuiscono in misura significativa all’identità culturale del nostro paese. Ma è anche un popolo orgoglioso.
La ROMAGNA vuole l’AUTONOMIA e sogna in GRANDE
Sembrerebbe non mancare nulla ma viene meno un particolare: autonomia e poteri pari a quelli di una regione come soluzione al dualismo con l’Emilia. Il futuro naturale dell’’Emilia-Romagna, per un forte e progressivo sviluppo di entrambe le regioni, sembra proprio essere una scissione.
# Il Movimento per l’Autonomia della Romagna
Nasce ufficialmente nel lontano 1990 un movimento, che è a tutti gli effetti un’associazione culturale, denominato MAR – Movimento per l’Autonomia della Romagna. L’esigenza è dettata, come spesso è accaduto, come risposta ad una sorta di tradimento della politica nazionale, che non riesce a rimediare ai difetti causati dalla creazione degli Enti Regionali. Il tempo, con l’azione paziente dei Governi e del Parlamento, ha saputo conciliare alcune dispute identitarie e territoriali, dividendo “Gli Abruzzi” in Abruzzo e Molise, creando le Provincie autonome di Trento e Bolzano, realtà culturali e linguistiche diverse nello stesso territorio del Trentino. La Romagna non riesce, ancora, a far sentire la propria voce.
Per chi è fuori dalle dinamiche politiche e sociali dell’Emilia Romagna, infatti, questa regione è vista senza soluzione di continuità, una sola terra e un solo popolo. Sebbene romagnoli ed emiliani siano a tutti gli effetti fratelli e sorelle, se c’è una realtà veramente vittima di una unità coatta, dovuta ai confini tracciati con la nascita delle Regioni, questa è proprio la Romagna.
# L’etichetta di “regione rossa” non si addice a una terra di anarchici e liberi pensatori
Addentrarsi nel contesto socio-culturale emiliano e romagnolo, mette in evidenza le enormi diversità territoriali e umane, esaltandole al massimo. Ci accorgiamo così che sono due territori letteralmente diversi. L’Emilia con la pianura, l’agricoltura e le grandi industrie. La Romagna con l’Adriatico, l’industria turistica e i motori nel DNA. Le lingue romagnola ed emiliana sono completamente diverse, così come la cucina tipica ed i vini.
Politicamente parlando, Emilia e Romagna esprimono da sempre idee diverse. Portavoce dei partiti e media, sono soliti banalizzare etichettando l’ER come “regione rossa”. Se questo è vero per l’Emilia, è del tutto falso per la Romagna, che è un “covo” di repubblicani. Quando il Partito Repubblicano degli anni ’80 raggiungeva il 5% alle elezioni, lo faceva quasi tutto nelle urne romagnole. Nel referendum del 1946, la Romagna è capofila nell’abbattimento della monarchia, perché è l’indole del suo popolo, di sinistra ma anti-marxista, terra che per cultura e tradizione forma anarchici e liberi pensatori.
# La mancanza di rappresentatività di una zona minoritaria
La Romagna resta una terra dove si va a votare volentieri. Quando i romagnoli vengono chiamati ad esprimere un voto, sia esso locale, regionale o nazionale, partecipano in massa. Dopodiché l’amministrazione tende a ragionare sui binari della rappresentanza numerica: la Romagna è la casa di un milione di cittadini, l’Emilia ne ospita 3. L’Ente regionale Emilia Romagna, pertanto, esprime 4 milioni di cittadini, ma la rappresentanza interna, tradotta con un impietoso 3:1, crea nella regione unificata una sproporzione mastodontica, che impedisce la corretta espressione di un popolo così leale nei confronti delle istituzioni.
Dopodiché, le cattive abitudini della burocrazia fanno di tutto per mettere in dubbio la buona fede politica. L’ufficio tecnico regionale per il controllo delle coste, solo per fare un esempio, ha sede a Piacenza, città bellissima e ricca di tradizione per carità, molto amata anche dai romagnoli, ma che non è una località adatta. Questo semplice esempio, oltre a qualificare l’attenzione dell’Ente Regionale, mostrando tutti i suoi difetti di “priorità”, spiega ai romagnoli molti squilibri nati nella regione ER.
# L’Emilia viene sempre prima
La E45, strada panoramica che percorre l’entroterra da Cesena a Roma e che, nei giorni di bollino nero per traffico, è un vero toccasana per evitare la A1, se fosse in Emilia sarebbe già un’autostrada a 4 corsie. Si trova in Romagna, non è una priorità della regione sviluppare questo asset. Gli amministratori e i cittadini romagnoli sono costretti ad andare “col cappello in mano” a Bologna, per mendicare qualche quintale di bitume per rappezzare le buche. Focalizzarsi sulle necessità, sbilanciate dal rapporto 3:1, ha fatto scomparire dai radar molti vitigni autoctoni della Romagna. Un giorno qualcuno sarà giudicato dalla storia per la perdita di biodiversità che sta causando questa miopia politica.
# Il sogno: la “Grande Romagna” con Ravenna capitale
Il progetto che il grande popolo della Romagna desidera per sé, è una regione in cui i confini geografici circoscrivono il senso di appartenenza, estendendosi oltre i confini attuali della Piccola Romagna. La Regione Romagna si divide dall’Emilia nei pressi di Firenzuola, sull’appennino tosco-romagnolo, arriva a Ravenna e discende la costa fino a includere una parte delle Marche. Linguisticamente e non solo, infatti, il romagnolo si estende fino alla provincia di Pesaro ed è ragguardevole il numero di cittadini di questa provincia che sono del tutto favorevoli ad essere “annessi” alla Grande Romagna.
Se chiedete ai rappresentanti del MAR quale dovrebbe essere il capoluogo di Regione, vi risponderanno che «se ne può parlare». Sicuramente Ravenna è grande, ha una notevole storia, è stata anche capitale dell’Impero Romano. Ravenna è la città più importante della regione Romagna, ma in un’ottica in cui la nuova regione desidera una diversa distribuzione del potere, garantendo una prossimità istituzionale massima, «non è detto che ci sarà un capoluogo di Regione». Il Consiglio Regionale dovrà avere una sede, per sostenibilità ed economia in un’unica città, ma i romagnoli hanno un’idea più snella della loro Amministrazione, il cui unico ruolo dovrà essere quello di mettere in rete tra loro le eccellenze. Ci penseranno i romagnoli a fare il resto.
# Come dovrebbe nascere la Grande Romagna?
Il Movimento per l’Autonomia della Romagna ha idee già precise sulla costituzione della regione romagnola. Il percorso dovrà seguire le regole adatte ad un “covo di repubblicani”. Il punto fermo per ottenere poteri e autonomia da regione sono l’art. 132 e il titolo V della Costituzione, un referendum per l’autodeterminazione del popolo romagnolo, senza il consenso del quale il MAR è disposto a rimanere in disparte pur di rispettare la libertà dei propri concittadini e, non ultimo, l’accoglienza di tutti quei territori che, a livello identitario, si sentono parte della Romagna.
# Il caso di Montecopiolo e Sassofeltrio
Emblematico da questo punto di vista, è il caso dei comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio. Finalmente, il 25 maggio 2021 l’aula del Senato ha votato il via libera per questi due comuni che, ben 14 anni fa, si erano espressi con referendum per lasciare le Marche ed entrare in quella che oggi è Emilia-Romagna. Montecopiolo e Sassofeltrio, però, hanno radici storiche e interessi economici moderni, legati alla provincia di Rimini. Una vittoria di 14 anni fa, finalmente riconosciuta con troppa lentezza dall’arco costituzionale e che lo stesso M.A.R. ha salutato con un bel “Bentornati a casa” a Montecopiolo e Sassofeltrio.
# Il vessillo
Il vessillo scelto dal M.A.R. è la sintesi della Romagna. Una bandiera bicolore, gialla e rossa, rimanda all’antica Roma e a quando Ravenna, dal 402, diventò capitale dell’impero romano. La parola Romagna in primo piano, per rendere subito l’orgoglio e l’appartenenza a questa meravigliosa terra, sovrastata da due simboli romagnoli: la Caveja e il galletto. «La caveja rappresenta il simbolo e l’operosità romagnola. Quando ancora non esistevano i trattori, infatti, si aravano i campi con i buoi, “i bu” in romagnolo. Gli animali andavano sempre in coppia e la caveja serviva per assicurare il traino dell’aratro ed evitare che in discesa finisse contro le bestie. Anche il galletto simboleggia il lavoro e l’amore per la terra».
Oltre a lingua, storia e cultura, la Romagna ha quindi anche simboli propri, che denotano l’unicità di questa regione, alla quale auguriamo di avere tutte le soddisfazioni che i suoi cittadini desiderano. In tanti anni il MAR ha raccolto oltre 90.000 firme per chiedere il distacco amministrativo dall’Emilia. Solo amministrativo, perché «i cittadini sono amici, ma le autorità tendono a dividere».
Grazie a Fabrizio Bernabè, vice coordinatore del MAR, che si è confrontato con noi sui temi dell’autonomia romagnola.
Continua la lettura con: 3 IDEE per MILANO, se avesse l’autonomia delle città stato INTERNAZIONALI
LAURA LIONTI
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