A vederli, i dipinti di Martin Disler, sembrano stringere la mano alle opere di Schiele, con quei tratti nervosi e quei colori che alternano caldo e freddo.
Ma l’arte di Martin Disler ha anche un che di primitivo, che ricorda le pitture parietali di Lescaux.
Irrequieto, come direbbero alcuni libri di storia “discolo“, Martin Disler è stato figlio del ’68. Si unisce alla scuola Neue Wilde, corrente vicina alla corrente espressionista, espone con artisti di calibro internazionale tra cui l’amato (personalmente amato) Mimmo Paladino, ma anche Georg Baselitz.
Ha esposto al Documenta VII di Kassel e alla Biennale di Venezia.
Un infarto prematuro mette fine bruscamente alla sua attività artistica.
E, a pochi anni dalla sua scomparsa, lo Studio d’arte Cannaviello decide di omaggiare l’artista svizzero, dedicandogli una retrospettiva che coinvolge le sue produzioni su carta, anche di grande formato.
Una delle tante facies di un’artista che, anche a distanza di qualche anno, non smette di destare interesse in un pubblico che, sempre più critico, si mostra attento e consapevole.
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