Tempo fa, in un documentario su Clark Terry, ho capito come il jazz sia stato per moltissimo tempo un modo diverso di parlare.
il concetto viene ripreso anche dal film di cui tutti stanno parlando in questi, La La Land e non è una novità.
Stuoli di musicisti accorsi da ogni parte del mondo, hanno trovato nella frenetica New York e in uno dei generi musicali più universali che esistano, un esperanto sonoro, da inventare e reinventare costantemente.
Tralasciando i grandi maestri mondiali, che hanno lasciato un’eredita che chissà se verrà compresa fino in fondo, anche in Italia i jazzisti si fanno sentire.
Uno dei migliori è di sicuro Paolo Fresu, artista diventato da anni internazionale, che ha fatto e continua a fare scuola e promuovere artisti più o meno conosciuti, portandoli sotto le luci della ribalta.
Oggi Paolo Fresu lo troviamo al Blue Note, il jazz club milanese di via Borsieri, insieme ad un altro protagonista del jazz mondiale contemporaneo, Gianluca Petrella.
E siamo certi solo di una cosa: anche se non ci capisci nulla, anche se ti sembra di non essere nemmeno all’altezza di un genere che, a primo acchito sembra escludere con il suo sembrare elitario, il jazz va scoperto. Perché ad ogni ascolto imparerai a sentirle tutte le lingue che parla.
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