I quartieri scomparsi di Milano

Tracce della Milano di un tempo che ancora sopravvivono

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Laghetto S. Stefano Credits: @gnufoni IG

Nomi del passato spesso legati alle cascine e alle coltivazioni, alle abitudini dei milanesi, alle disgrazie o ai luoghi di culto del quartiere. Borghi che si sono persi per lasciare spazio alla nuova quotidianità. Ecco quali sono alcuni dei luoghi più frequentati e amati di Milano, che nella storia erano villaggi o piccoli distretti.

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I quartieri scomparsi di Milano

#1 Città Studi sorge sulle Vallazze

Città Studi Credits: @amacittastudi IG

La conformazione del territorio, un poker di cascine e perfino un’osteria, erano i punti di riferimento di una volta per identificare Le Vallazze, corrispondente oggi a Città Studi.
Fino al 1913 circa la zona era praticamente un susseguirsi di avvallamenti e collinette, che l’hanno resa poco coltivabile e meno ancora edificabile.
La trasformazione avviene proprio ad inizio del 1900, quando si è raggiunto il livellamento del terreno riempiendo le depressioni del suolo con il riporto delle macerie di Porta Monforte e Porta Vittoria.
Oggi le cascine e l’osteria hanno lasciato il posto a Città Studi.

#2 Porta Comacina e la Mezza Lingua (Porta Garibaldi) 

Credits dennise81 IG – Porta Garibaldi

Porta Comacina è stato il nome della porta diretta a Como, che oggi è Porta Garibaldi. Una volta la zona era nota come Mezza Lingua, dal nome di una famosa osteria che è rimasta aperta nei pressi fino alla fine degli anni ’30 del novecento.

#3 Il Borghetto e la peste del ‘500

Borghetto Credits: Milano Nei Secoli

La maggior parte dei quartieri che hanno cambiato nome, sono quelli più antichi racchiusi all’interno delle mura romane o spagnole e che hanno creato, nel tempo, dei piccoli borghi.
Uno di questi sorgeva in quella che oggi è la Via Borghetto. La via deve il nome al piccolo borgo in cui, ai tempi della peste di San Carlo, si usava trattenere i pazienti guariti e dimessi dal vicino Lazzaretto, che sappiamo essere invece fuori dalle mura.
I guariti dalla peste erano quindi sottoposti ad una quarantena supplementare, proprio al Borghetto.

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#4 La Maddalena (De Angeli, Porta Vercellina)

Durante la pestilenza del 1576, San Carlo ha fatto innalzare numerose colonne stazionali, per spingere i fedeli a pregare in un ambiente esterno, preferito a quello chiuso delle chiese.
Una di queste colonne, proprio sul fiume Olona nei pressi della Porta Vercellina, era dedicata a Santa Maddalena.
La zona ha poi preso quel nome, per essere cambiato quando il quartiere ha mutato la sua vocazione, con l’insediamento delle prime industrie.
L’arrivo della MM1 ha definitivamente consacrato l’area come De Angeli, dalla fermata dedicata ad uno degli industriali.

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#5 Il Corvetto era “Gamba La Vita”

Fondazione Prada a Gamboloita Credits: @paoloscarpazgandolfi IG

Gamboloita era il nome di una grossa casa di campagna, ristrutturata e restaurata anche di recente, per cui ancora visibile tra Viale Brenta e Piazzale Corvetto.
L’origine del nome Gamboloita sembra appartenere alla famiglia Gambaloytis, proprietari della grande tenuta, oppure dal latino Campus Lautus, che significa campo ricco.
I milanesi, per quel gioco di parole che si fa per tramandare i nomi tra generazioni, l’hanno poi soprannominata “Gamba La Vita”.
Gamba la vita non significa nulla, ovviamente, è una semplice assonanza. Ma siccome la zona è stata urbanizzata molto tardi nel ‘900, il gioco di parole è sopravvissuto fino ai giorni nostri.

#6 La Trecca, poi “case minime”: oggi il quartiere di Via Salomone

Trecca abbattuta Credits: Skycrapercity

Ebbene sì: anche Milano ha avuto la sua frazione di Tre Case.
Il quartiere era noto come La Trecca e l’origine del nome è quanto mai scontata, visto che si usava per identificare un borghetto di tre cascine contigue.
Questa zona sembra quella che ha subito le maggiori e, forse, peggiori sperimentazioni di urbanizzazione.
Il raggruppamento di cascine è stato sostituito da un raggruppamento di case minime di Via Zama nel dopoguerra e conserva, infine, la vocazione verso gli agglomerati. Sorgono qui vicino le Case Bianche di Via Salomone, finalmente oggetto di riqualificazione in questo angolo di periferia.

#7 Taliedo e i boschi di tigli

Aerodromo Taliedo Credits: notizie.it

Il Taliedo, che ancora oggi qualcuno nomina e ricorda, è la zona appena a Nord de La Trecca e di Via Salomone. L’antico nome veniva dai boschi di tigli molto fitti in questa parte di territorio.
Una porzione di questi sono stati spianati per realizzare il primo aeroporto di Milano, quell’Aerodromo del Taliedo voluto dall’Ing. Caproni e che è stato a sua volta sostituito dal Forlanini, di Linate.
Fa piacere che la zona sia, per alcuni, ancora e sempre il Taliedo.

#8 Il Passetto dei malfamati in Corso Garibaldi

Passetto Credits: myblacksunglasses.com

Una trattazione a parte meritano i luoghi più malfamati, che oggi vivono una seconda vita.
È il caso di Corso Garibaldi, una volta spezzettato in tre tronconi, uno dei quali denominato il Passetto, per via di una strettoia che costringeva i pedoni a procedere a piccoli passi.
Il Passetto, oggi all’altezza di via Anfiteatro, era sede di postriboli di pessima fama.

#9 Il Malcantone, la via dei sicari tra Via Torino e Via Unione

Malcantone Credits: passipermilano

Il Malcantone è il soprannome dato da Pietro Verri alla strada che oggi è l’incrocio tra Via Torino e Via Unione per una delle vie più pericolose di tutta Milano. Aiutati dal favore delle tenebre, dai nascondigli perfetti che questo vicolo offriva ai malfattori, il Malcantone è stato per decenni la scelta preferita dai delinquenti per i loro reati, soprattutto i sicari per compiere omicidio su commissione.

#10 Il Laghetto, il porticciolo del Duomo

Laghetto S. Stefano Credits: @gnufoni IG

Non ha bisogno di presentazioni, perché siamo nel cuore di Milano. La Via Laghetto, asciutta e silenziosissima ai nostri giorni è, per ora, l’unica testimonianza dell’antico porticciolo, dedicato a Santo Stefano, che è stato utilizzato per secoli come approdo del marmo di Candoglia, materia prima per la costruzione e il rivestimento del Duomo.
Il marmo arrivava dal lago Maggiore attraverso il Ticino, i Navigli ed un canale per la navigazione fino all’approdo.
Navigare i Navigli è sempre stata un’attività sottoposta a dazi e gabelle e solo i materiali destinati alla Fabbrica del Duomo erano esenti dal pagamento di queste imposte.
All’ispezione doganale veniva apposta la sigla A.U.F., “ad uso Fabbrica”, per indicare che potevano passare gratis.
Sì, proprio quel “AUF” che ancora oggi è lo spiritoso sinonimo di gratis, a sbafo, altra testimonianza delle usanze del passato che sopravvivono per secoli.

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LAURA LIONTI

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Laura Lionti
Tecnico del suono milanese, nata da milanesi importati dalla Sicilia. Il mio quartier generale è sempre stato il Gallaratese con i suoi giardini e il verde, difeso a volte a spada tratta. Sogno che Milano si candidi a luogo ideale per creare un laboratorio a cielo aperto che ricerchi e trovi la soluzione per le Smart Cities, Città e comunità sostenibili: obiettivo 11 degli SDGs

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