Non molti sanno che a Milano si parla da anni uno slang del tutto particolare, il Riocontra. Per essere precisi, sin dalla fine degli anni ’70, anche se solo recentemente grazie al rapper milanese Nerone e a una pubblicazione dei fratelli di Bruno o meglio, Di Nobru, dal titolo “Il Riocontra illustrato”, questo singolare gergo ha catturato l’attenzione dei curiosi fuoriuscendo dal semianonimato. Vediamone dunque la nascita, lo sviluppo e qualche regola base.
I segreti del RIOCONTRA, il gergo della Milano di periferia
# L’origine in un film dei Vanzina: svelata la regola base
Siamo nel 1981, e prima che i Vanzina iniziassero a raccontare le storie matte degli Yuppies milanesi con l’infinita serie di Vacanze di Natale e affini, nelle sale esce il film i Fichissimi. Ovvero, la cronaca degli antipodi. Ragazzi squattrinati che vagano per le periferie di Milano, inscenando rivalità fra bande di spacconi molto buffi e poco temibili, che si fronteggiano alle fermate della metropolitana. Jerry Calà, Diego Abatantuono e Mauro di Francesco, i più celebri. Proprio questi ultimi due, in un altro cult di vanziniana memoria “Il Ras del quartiere” del 1983 si scambieranno in metrò le prime parole utilizzando il Riocontra: “Goger!”, anziché gergo, esclama di Francesco a un Abatantuono ancora in versione ‘terrunciello’.
Da qui, la prima intuibile regola. Il Riocontra si parla prevalentemente scambiando le sillabe. Ecco allora che grano diventa nogra, madre diventa drema e messaggio diventa giomessa.
# Il Bauscia e la supercazzola alla milanese
Dal cinema alla periferia reale e viceversa, la contaminazione è veloce, e il Riocontra diventa ufficialmente la lingua di chi voleva nascondere le proprie faccende di quartiere soprattutto quelle meno lecite o semplicemente prendere in giro qualcuno senza farsi capire. Una vera e propria supercazzola alla milanese. Sbarcata e diffusasi poi nell’immaginario dei quartieri alti: Dogui, infatti, è il soprannome di Guido Nicheli alias il Bauscia milanese per antonomasia, che non deriva da altro che dal Riocontra. Continuando con i cenni storici, si narra poi che il Riocontra sia stato portato ai massimi livelli nei pub di Lambrate/Città Studi, accogliente periferia melting pot nella zona centro-orientale della città.
# Linguaggio tamarro detestato, casualità o innovazione?
Doverosa precisazione: il Riocontra non è mai stato per tutti. Oggi molti lo detestano, altri lo ignorano, altri ancora pensano sia solo un linguaggio tamarro/giovanile non considerando però l’aspetto sociale realmente interessante. Lo sviluppo di un gergo, un ceppo o famiglia linguistica che dir si voglia, ha come regola base quella della divulgazione casuale all’interno di una determinata classe sociale: qualcuno un giorno per caso scambia una sillaba, gli altri sorridono approvando e da lì diventa virale. Esattamente come è stato per il Verlàn marsigliese, secondo molti il vero antenato del Riocontra. Per quanto riguarda le altre regole, è presto detto.
# Giomessa in diceco, via alla creatività!
Testimonianze dirette e personali riportano distorsioni fra plurale e singolare, o grezze storpiature di lettere, nomi e cognomi. Quindi ad esempio, uno sbirro è un rosbi ma due sbirri sono sempre due rosbi (suona meglio), Luca diventa il Kalu anche sulle maglie di calcio (perché fa più figo, pardon più gofi) e Profili è Filippo, che al Riocontra sarebbe stato PPofili, ma con quella r in mezzo diventa più robusto. Giusto per elencare il grosso della grammatica del Riocontra, ogni gergo che si rispetti non può essere svelato del tutto, altrimenti lo scopo per cui è nato va a farsi benedire, e si rischiano seriamente i foschia. Termine che, se avete letto bene l’articolo, avrete già tradotto.
Continua la lettura con: Il favoloso linguaggio idiomatico dei milanesi
CARLO CHIODO
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