Ogni città ha i suoi segreti e i suoi misteri. Spesso questi affondano le proprie radici nel passato e si tramandano di generazione in generazione, attraversano secoli di storia e arrivano ai nostri giorni, dove tutto è cambiato, tutto è digitalizzato, ma nonostante questo, non perdono il loro fascino oscuro e non perdono interesse a capirne di più.
VICOLO CALUSCA: la strada più “losca” di Milano
Di questi segreti e misteri ne ho già parlato sulle pagine di Milano Città Stato e mi ritrovo oggi nuovamente per parlare di Vicolo Calusca, una piccola via vicina a Sant’Eustorgio, dov’era ubicata una casa d’appuntamenti che tutti conoscevano come Cà Losca, da qui il nome del vicolo con cui lo conosciamo oggi. All’apparenza un vicolo senza arte né parte, però è passato alla storia meneghina per essere conosciuto come la via più malfamata della città. Scopriamo il perché.
# Una storia come tante
Tanto tempo fa, Milano era una città completamente diversa da come la conosciamo oggi. Solo alcune cose sono rimaste invariate negli anni: la sua luce fioca e debole ma carica di fascino, che illumina al mattino le facciate dei palazzi, il suo cielo color acciaio che confonde e non ti fa capire quali sono le sue intenzioni meteorologiche, il vociare delle voci delle persone che si svegliano al mattino per cominciare la loro giornata e infine il profumo inquinato della sua aria, che ha preso il posto dell’odore acre del carbone mischiato agli odori delle bettole e delle trattorie che già, al mattino presto, preparano il pranzo del mezzogiorno.
Dalle parti di Porta Ticinese, situazioni del genere erano all’ordine del giorno. Gli uomini uscivano da un palazzo e mentre, infreddoliti, si recavano al lavoro, venivano salutati dalle donne che, affacciate alle finestre del palazzo, strappavano loro promessa di tornare presto a trovarle. Non erano le mogli e neanche le fidanzate, erano prostitute e il loro aspetto sfatto e spettinato faceva intuire che avevano appena trascorso la notte vendendo il loro corpo a quegli uomini che del sesso a pagamento ne avevano fatto una ragione di vita. Uomini disperati che trovavano nell’alcol, nel gioco d’azzardo e nel sesso mercenario la loro valvola di sfogo nei confronti di una vita che non gli aveva mai sorriso. In Cà Losca avevano trovato il loro rifugio ideale, un piccolo vicolo frequentato da persone che si scambiavano merce misteriosa, facevano affari loschi, cercavano dei Barabba per i loro traffici e proseguivano loro esistenza orgogliosamente priva di padroni e di obblighi. Di questo era fatto Vicolo Calusca.
# La fama si dilaga
In breve tempo la fama del vicolo inizia a circolare e dilagare in tutta la città. Il vicolo è noto a tutti come il luogo preferito dei locch, dei balordi e delle prostitute, un territorio, dove né guardie né dottori entrano, quasi come se ci fosse il desiderio di voler abbandonare la zona al suo destino. Diversi sono gli appellativi che gli vengono attribuiti: Regno della Violenza, Luogo della Malavita, Porto del Malaffare.
Infatti, è proprio in quel luogo, che oggi conosciamo come Darsena, che si svolgevano compravendite di ogni genere, spesso al limite della legalità. La zona era anche conosciuta come Porta Cicca o Porta Cinese e diverse sono le spiegazioni a metà tra leggenda e storia. Si dice che la cina fosse il nome della mala milanese (Porta Cinese) e che aveva l’abitudine di masticare tabacco (Porta Cicca), ma si dice anche che il suo nome derivasse dalla parola spagnola chica (piccola o ragazza) perché ai tempi Porta Ticinese era la porta più piccola della città, ma anche perché luogo affollato di case chiuse.
# Un presente che non ha nulla a che fare con il passato
Vicolo Calusca esiste ancora oggi, ma del suo passato è rimasto ben poco, inghiottito dalle costruzioni moderne, dai colori accesi e squillanti, dai giardini fioriti, che si fa molta fatica a immaginare quello che c’era stato in passato.
Per chi volesse approfondire l’argomento, consiglio “L’uomo del Vicolo Calusca” di Giampaolo Rossetti edito da Fiera del Libro, un romanzo avvincente a metà tra storia e leggenda che ha la forza di portarci indietro col tempo e farci vivere una via ormai dimenticata, ma che, nonostante la sua fama, ha lasciato un segno indelebile nella storia meneghina.
Continua la lettura con: Via MONTENAPOLEONE: la storia della via della moda milanese
MICHELE LAROTONDA (autore di “Da un’altra parte”, Pav edizioni)
Riproduzione vietata al sito internet che commette sistematica violazione di copyright appropriandosi di contenuti e idee di altri senza citare la fonte
Se vuoi collaborare al progetto di Milano Città Stato, scrivici su info@milanocittastato.it (oggetto: ci sono anch’io)
ENTRA NEL CAMBIAMENTO: Ti invitiamo a iscriverti alle nuove newsletter di milanocittastato.it qui: https://www.milanocittastato.it/iscrizione-newsletter/
Ti manderemo anche notizie che non pubblichiamo sui social. Riservato agli iscritti della newsletter: inviti a eventi, incontri e feste organizzati o promossi da Milano Città Stato
Le città più internazionali e aperte al mondo sono delle città stato come #Amburgo #Madrid #Berlino #Ginevra #Basilea #SanPietroburgo #Bruxelles #Budapest #Amsterdam #Praga #Londra #Mosca #Vienna #Tokyo #Seoul #Manila #KualaLumpur #Washington #NuovaDelhi #HongKong #CittàDelMessico #BuenosAires #Singapore
Il nostro sogno per l’Italia? Un’Italia federale, con forte autonomia per le aree urbane e i territori omogenei. Un Paese che premi il fare rispetto al non fare, con una forte propensione all’innovazione, che valorizzi le sue eccellenze distintive e che miri a essere sempre migliore, mettendo al centro il cittadino libero e responsabile verso la comunità.