Il chip che limita la durata dei nostri apparecchi elettronici

Nessun complotto: i dispositivi elettronici sono fatti per rompersi

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Gli elettrodomestici non si rompono da soli, smettono di funzionare perché qualcuno ha deciso così? Un video virale su TikTok rilancia l’allarme: esisterebbe un chip che impone un limite alla durata dei dispositivi elettronici. Ma cosa c’è di vero?

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Il chip che limita la durata dei nostri apparecchi elettronici

# Il video che ha riacceso il dibattito

Un montaggio tratto da un servizio della trasmissione La Gabbia (La7), andato in onda sette anni fa, è tornato a circolare sui social, riaccendendo l’attenzione dei consumatori sull’obsolescenza programmata. Nel filmato, Luca Mercatanti, esperto del settore, mostra un chip che, secondo la sua analisi, sarebbe presente in molti dispositivi elettronici, regolando il numero di accensioni e spegnimenti.

Nello specifico, Mercatanti estrae un chip da quella che sembra essere la scheda di una stampante e afferma che questo componente impone un numero massimo di stampe eseguibili, dopo il quale la macchina smette di funzionare. Non solo: l’esperto sostiene che meccanismi simili siano presenti anche in forni e altri elettrodomestici, determinando arbitrariamente il momento della loro “morte programmata”.

Come dimostrazione di ciò, nel video, viene costruito un circuito composto da un PCB (una scheda madre con dei relè) e dal chip incriminato, per programmare la “morte” di una lampadina. Dopo quattro accensioni, come previsto, la lampadina smette di funzionare. Mercatanti è sicuro nell’affermare che la causa della “morte” della lampadina è proprio il chip, il quale “ordina” lo spegnimento definitivo.

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# Come funziona l’obsolescenza programmata

Credits: messanuovo.it

La “scoperta” del video, come dichiara l’esperto, non è un mistero. Al contrario, si tratta di una nota strategia industriale volta a ridurre deliberatamente la vita di un prodotto, per spingere il consumatore a sostituirlo con uno nuovo.

Le aziende, nel tempo, hanno adottato tecniche diverse per ottenere questo risultato:

  • Componenti deboli: materiali meno resistenti o progettati per deteriorarsi rapidamente.
  • Batterie non sostituibili: dispositivi con batterie integrate che non possono essere cambiate senza costosi interventi tecnici.
  • Aggiornamenti software: riduzione progressiva delle prestazioni tramite aggiornamenti che rallentano il dispositivo o lo rendono incompatibile con nuove applicazioni.
  • Ricambi costosi o introvabili: pezzi di ricambio venduti a prezzi sproporzionati o resi indisponibili poco dopo il lancio del prodotto.

Questa pratica non solo svuota le tasche dei consumatori, ma genera anche un enorme problema ambientale legato allo smaltimento dei rifiuti elettronici

# Il ruolo della tecnologia nei guasti programmati

Credits: altraconsapevolezza.it

Ma esiste davvero un chip che determina la fine degli apparecchi elettronici? La risposta è più complessa di quanto sembri.

È vero che alcuni dispositivi contengono EEPROM (memorie programmabili) che registrano cicli di utilizzo e altre informazioni diagnostiche. Questo consente, ad esempio, alle stampanti di bloccare l’uso dopo un certo numero di stampe per obbligare l’utente alla manutenzione.

Tuttavia, non esistono prove definitive di un “chip killer” universale che imponga una scadenza arbitraria a ogni dispositivo elettronico. Piuttosto, molte aziende implementano strategie software e hardware per limitare la riparabilità dei prodotti, favorendo il consumo continuo.

Alcuni produttori giustificano queste scelte con la necessità di garantire prestazioni ottimali e sicurezza per l’utente. Ad esempio, alcune batterie vengono bloccate dopo un certo numero di cicli per prevenire rischi di surriscaldamento o esplosione. Spesso queste limitazioni sembrano più orientate a incentivare l’acquisto di nuovi dispositivi piuttosto che a tutelare il consumatore.

# Quando L’AGCOM multò Apple e Samsung per pratiche scorrette

Nel 2018, al termine di due complesse istruttorie, l’AGCOM ha inflitto ad Apple e Samsung multe rispettivamente di 10 e 5 milioni di euro, dopo aver accertato la realizzazione di pratiche commerciali scorrette in violazione del Codice del Consumo. L’indagine ha rivelato che entrambe le società hanno rilasciato aggiornamenti firmware che hanno provocato gravi disfunzioni e ridotto significativamente le prestazioni dei dispositivi, accelerandone così la sostituzione.

Secondo l’Authority, Samsung ha insistentemente proposto dal maggio 2016 ai possessori del Note 4 di installare un aggiornamento pensato per il modello Note 7, senza informare dei gravi malfunzionamenti dovuti alle maggiori sollecitazioni dell’hardware. Per le riparazioni fuori garanzia legate a questi problemi, venivano richiesti costi elevati.

Apple, invece, ha spinto i possessori di iPhone 6 ad installare iOS 10, sviluppato per iPhone 7, senza avvertire che il nuovo sistema operativo avrebbe richiesto più energia, causando spegnimenti improvvisi. Solo nel 2017 Apple ha introdotto la possibilità di sostituire le batterie a un prezzo inferiore, ma senza fornire assistenza adeguata per chi aveva già sperimentato problemi.

# La battaglia contro l’obsolescenza programmata

Credits: giardiniblog.it

Negli ultimi anni, alcuni governi e istituzioni stanno cercando di contrastare l’obsolescenza programmata con regolamenti più rigidi. Ad esempio:

  • In Francia è stato introdotto un indice di riparabilità per i dispositivi elettronici, obbligando i produttori a fornire informazioni sulla facilità di riparazione.
  • L’Unione Europea ha proposto il “diritto alla riparazione”, una serie di norme che impongono alle aziende di garantire la disponibilità di pezzi di ricambio per un certo numero di anni.
  • Le associazioni dei consumatori stanno spingendo per una maggiore trasparenza da parte dei produttori e per normative più severe contro le pratiche sleali.

Il consumatore ha un ruolo fondamentale in questa battaglia: scegliere marchi che promuovono la riparabilità, evitare di sostituire dispositivi ancora funzionanti e sostenere iniziative a favore di una produzione più etica può fare la differenza.

Continua la lettura con: Questi sono i 4 mezzi del futuro che potrebbero rivoluzionare la mobilità di Milano

MATTEO RESPINTI

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Matteo Respinti
Nato a Milano, l'11 settembre 2002, studio filosofia all'Università Statale di Milano. Appassionato, tra le tante cose, di cultura e filosofia politica, mi impegno, su ogni fronte alla mia portata, per fornire il mio contributo allo sviluppo della mia città, della mia regione e del mio Paese. Amo la mia città, Milano, per il racconto di ciò che è stata e per ciò che sono sicuro possa tornare a essere.

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