La seconda ondata dell’influenza spagnola arrivò sul finire della Prima guerra mondiale quando i diversi Paesi stavano cercando di ricostruirsi, dimenticando le sofferenze e gli orrori appena trascorsi. E così trovò terreno fertile, oltre alla poca voglia di combattere nuovamente contro un nemico, questa volta invisibile, ma altrettanto letale. Ma cosa accadde a Milano?
La SPAGNOLA a MILANO: come si comportò la città contro il “nemico invisibile” cento anni fa
# Una normale influenza: ecco come Milano affrontava la Spagnola
Gli approcci del Governo e del Sindaco di Milano furono alquanto blandi. Considerando la Spagnola come una normale influenza, forti dei dati della prima ondata passata quasi in sordina, le autorità invitarono i cittadini semplicemente a rispettare le norme igienico sanitarie già seguite per altre pandemie.
Igiene personale, evitare contatti con altre persone se non strettamente necessari, avere un comportamento alimentare sano e, nel caso ci si senta male, mettersi a letto e chiamare il medico.
Sia il Primo Ministro Vittorio Emanuele Orlando che l’allora Sindaco di Milano Emilio Caldara tesero a non spaventare la popolazione, certi che la cosa si risolvesse con danni minimi. Infatti, a metà Ottobre del 1919, la tendenza era ancora quella di minimizzare, usando il pugno di ferro contro colori i quali alimentavano falsi allarmismi.
# Si adottarono rimedi del tempo e non si volle allarmare la popolazione, ma alla fine del 1919 i morti furono 8.000
I vari rimedi consigliati, andando nello specifico, riguardavano usi e costumi dei tempi. Si raccomandavano gargarismi con liquidi disinfettanti, si consigliava di non sputare, di non frequentare bar e luoghi pubblici, specie osterie e chiese, e, nell’attesa del medico, di purgarsi per ripulire l’intestino.
A Milano veniva redatto e pubblicato un bollettino giornaliero. Ma questo contrastava con quanto divulgato dalle autorità. Dunque, verso la fine di dicembre, con pareri contrastanti tra Comune e Provincia, si iniziarono a chiudere Teatri e Cinematografi, salvo poi riaprirli con una semplice limitazione nel numero degli spettacoli. E, per evitare che si propagasse la paura tra i cittadini, furono vietati anche i rintocchi delle campane per i morti. Insolitamente, rispetto alle altre pandemie, la Spagnola segnava un alto tasso di mortalità tra i giovani e sani.
Si denunciarono comportamenti poco virtuosi da parte della cittadinanza e il conto di fine anno sarà di oltre 8.000 morti. Ma le restrizioni e i controlli non eviteranno altri decessi: verso l’Aprile del 1920 i morti saliranno a 10.000, un tributo pari a quello dei soldati morti in combattimento.
# I primi rimedi moderni: ecco l’antenata della mascherina
In tutto questo, venne anche sperimentato l’uso dell’antenata della mascherina. In genere, si trattava di uno straccio, a volte imbevuto in sostanze alcoliche che, in qualche modo, avrebbero disinfettato e tenuto al riparo dal virus chi le indossava. A chi si voleva astenere dall’indossare un panno sulle vie respiratorie, fu spiegato che già in America stavano adottando la stessa misura cautelare senza che vi fossero problemi.
Al Sieroterapico di Milano, dove oggi sorgono l’Istituto Giorgi e il Parco Segantini, si produsse un vaccino distribuito alla popolazione in forma gratuita. Eppure, servì solo in parte a contenere la propagazione e le relative conseguenze della pandemia.
Certamente un ruolo fondamentale fu giocato dallo stato di denutrizione conseguente al conflitto, oltre che dagli ospedali strapieni e dalla scarsa igiene piuttosto generalizzata sia tra la popolazione che nei luoghi solitamente frequentati.
# Concentrarsi più sul ricostruire che sul combattere comportò un costo altissimo in termini di vite
L’Italia contò lo stesso numero di decessi sia per la guerra che per la pandemia: oltre 1.200.000 di individui nel totale. Ma nel mondo la Spagnola si portò via oltre 50 milioni di persone su circa 500 milioni di contagiati. Da notare che la Guerra ne aveva portati via 10 milioni, un quinto di quelli che persero la vita per colpa dell’epidemia.
In Italia, come nel mondo, i vari governanti lasciarono che la popolazione si concentrasse nel ricostruire una vita dopo il conflitto piuttosto che creare un’ulteriore sofferenza dovuta a una epidemia. E il costo fu altissimo.
Ma qualcuno trasse guadagno da questa situazione. Un giovane giornalista, che stava iniziando a mettersi in mostra, incitava ad evitare di salutarsi con la stretta di mano, utilizzando il più sicuro “saluto romano”. Un giovane che avrebbe portato l’Italia in un altro baratro. Ma questa è un’altra storia.
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ROBERTO BINAGHI
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