A Milano ci sono una serie di forme molto particolari che simboleggiano la storia della città e la identificano in maniera inequivocabile di fronte ad altri grandi centri urbani. Ma non tutti, milanesi compresi, sono a conoscenza di queste figure. Andiamo a vederle assieme.
Le FORME di MILANO
# I “tognolini”: il panettone di cemento
Disseminati per tutte le strade di Milano, questi dissuasori sono di forma cilindrica sormontata da una semisfera, e col tempo vennero chiamati appunto panettoni per la somiglianza con il tipico dolce milanese , mentre come secondo soprannome hanno “tognolini”. Fu il defunto sindaco Carlo Tognoli, infatti, ad avallare l’installazione dei panettoni di cemento creati da Enzo Mari, universalmente considerato uno dei maggiori teorici del design italiano e mondiale.
L’idea venne al grande designer milanese quando era consulente per l’arredo urbano del sindaco negli anni ’80. Mari suggerì di adottare un nuovo elemento per delimitare una strada recentemente resa pedonale al posto delle classiche fioriere, e concepì lo schizzo del panettone cilindrico che fu accolto subito con successo. Alla morte di Mari il writer Pao, che negli ultimi ha reinterpretato i panettoni con mille colori, ha reso omaggio al maestro ammettendo che “devo ad Enzo gran parte della mia carriera artistica.”
# La testa di drago delle Vedovelle
Alias, le fontane milanesi, il cui nome deriva dal filo d’acqua incessante che sgorga dal loro rubinetto, quasi come fosse il pianto perenne di una vedova inconsolabile. Le Vedovelle hanno una struttura in ghisa dipinta in color verde scuro. Sono alte circa un metro e mezzo e larghe cinquanta centimetri e sono composte da una torretta a base quadrata marchiata con lo stemma del Comune di Milano, mentre alla base sono munite di una bacinella semi-circolare (che serviva per far abbeverare gli animali) e hanno inoltre un pilastrino dal quale spunta una testa di drago.
Le fontanelle di questa tipologia sono presenti in molte grandi città italiane e ovviamente hanno altri soprannomi: ad esempio a Torino sono i Torelli (torèt) e a Roma i Nasoni. Ad oggi, nella nostra città, ce ne sono di funzionanti e distribuite su tutto il territorio del Comune più di quattrocento. Assieme a Vedovella, hanno un altro soprannome: il Drago-Verde, che deriva dal sopracitato rubinetto a forma di drago. Un centinaio di anni fa era tipica tra i milanesi l’usanza di dire: “andiamo a bere al bar del drago verde!” ,infatti, la prima Vedovella è quella installata in piazza della Scala verso la fine degli anni Venti del ‘900 e, curiosità nella curiosità, è l’unica in tutta Milano ad essere realizzata in ottone dorato e non in ghisa.
# Le guglie del Duomo
Il profilo del Duomo che, anche da lontano, si staglia sulla città e lo rende inconfondibile, è caratterizzato dalle sue guglie appuntite. La guglia è elemento tipico dell’architettura gotica, inizialmente di modesta altezza, poco slanciata, compatta e robusta; solo verso la fine del XII secolo prese via via slancio, diventando acuminata nella forma ed elaborata nella decorazione, proprio come le conosciamo oggi.
Di tutte le cattedrali mondiali, il Duomo di Milano possiede il più elevato numero di guglie, essendo ben centotrentacinque. Le guglie svettano sui perimetrali, ma anche sui piloni o sul tiburio, dove si dispongono a corona attorno alla Guglia Maggiore, la più famosa, quella della Madonnina.
# La Michetta
Tralasciando installazioni stradali e monumenti, occupiamoci un attimo di un intruso e passiamo a parlare del preferito fra i panini meneghini: la michetta. Che nacque all’inizio del Settecento durante l’occupazione del territorio di Milano da parte dell’Impero austro-ungarico. I funzionari dell’Impero, infatti, non amavano la locale micca, un pane diffuso in tutta la zona del Nord Italia che produceva moltissime briciole quando veniva spezzato (il nome di questo pane ha infatti origine proprio dal latino mica, ossia briciola): per questo motivo importarono il loro tradizionale kaisersemmel (che letteralmente significa “pane dell’imperatore”), un piccolo panino a forma di rosa, del peso di circa 50-90 grammi, caratterizzato da una morbida mollica che però sul suolo lombardo, nel quale è presente maggiore umidità rispetto a quello austriaco, non conservava la sua fragranza, diventando lievemente più molle.
Per questo motivo i panettieri dell’epoca decisero di togliere la parte interna, quella della mollica, in modo da lasciare il nuovo pane cavo all’interno e dunque fresco e croccante più a lungo. Nel 2007 la michetta milanese è stata consacrata tra i prodotti gastronomici tradizionali milanesi in seguito al conferimento del riconoscimento De.Co (Denominazione Comunale).
# I cubetti del pavé
Per l’ultimo punto ritorniamo in strada e conosciamo il principe degli arredi urbani di Milano, il pavé. Un tradizionale tipo di pavimento stradale formato da cubetti di pietra o di porfido, utilizzato per la pavimentazione da esterni, sia privata che pubblica e perlopiù urbana, o per la realizzazione di selciati. Amato dai cultori delle antichità e dell’eleganza delle ricche strade del centro di Milano, il pavé è invece odiatissimo da ciclisti e motociclisti per la sua pericolosità quando vi si transita al di sopra (specialmente se piove) e per la continua sollecitazione (e a volte rottura) delle sospensioni se si percorre a velocità elevata. Naturalmente è apprezzato per la sua lunga durata e resistenza all’abrasione e perché, se ben posato, richiede poca manutenzione.
Queste, amici lettori di Milano Città Stato, sono le cinque forme tipiche di Milano che mi vengono in mente se devo pensare alla mia città. Ma sono certo di essermene dimenticata qualcuna. Qualche idea in proposito?
Diteci la vostra!
Continua la lettura con: Via il PAVÈ dalle strade di MILANO?
CARLO CHIODO
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