Con l’arrivo in massa di persone da ogni parte d’Italia per lavorare, a inizio ‘900 a Milano premeva la necessità di dare un tetto a questi nuovi lavoratori, che di pretese non ne avevano molte. Ed è così che nascono le case di ringhiera: una soluzione abitativa economica di edilizia popolare, veloce da costruire e in grado di ospitare un gran numero di persone. Quanta strada fino ad oggi: da casa popolare a simbolo di Milano.
Prima dei clacson, dei motori e delle suonerie dei cellulari, a Milano dominavano le voci delle donne che si parlavano da un balcone all’altro, quelle dei bambini che giocavano sotto casa e degli uomini o al lavoro o in osteria. Questa è la Milano di ringhiera dei primi decenni dello scorso secolo illustrata in questo video nostalgia.
La MILANO di RINGHIERA in un FILMATO NOSTALGIA
Il video:
# “I donn sulla linghéa se conoseva tüci tra di loro.”
La vita per chi abitava in una casa di ringhiera non era semplice: erano vite vissute in condivisione, nel bene e nel male. Gli spazi in comune come il cortile, il ballatoio e – almeno fino agli anni 60 – anche il bagno, contribuivano a creare un’atmosfera di comunità: tutti sapevano e vedevano tutto, semplicemente perché le vite di chi ci viveva erano inevitabilmente sotto gli occhi di tutti. O meglio, sotto gli occhi delle donne e della portinaia, che dai balconi si mettevano a ciaciarä e sabetá fra di loro.
# “La portinara che la vusava” e “l’Aida che viaggiava”
Giù nei cortili interni, su cui si affacciavano i balconi (le ringhiere), giocavano i bambini, rincorsi dalle urla della portinaia che li intimava di smetterla di giocare a palla, altrimenti avrebbero rotto qualche vetro. Con le lenzuola stese ad asciugare che sfioravano le loro teste e gli sguardi delle madri sulle nuche a vigilare, i bambini improvvisavano giochi e partite di calcio, riempiendo il cortile con le loro spensierate ed innocenti voci.
Mentre i bambini giocavano a bandera o a te ghe l’è, i loro padri, tendenzialmente, se non erano al lavoro o in casa, erano in osteria. Le loro voci, mentre giocavano a carte o bevevano, chiudevano il coro.
# I tempi cambiano, l’essere umano mai
Oggi siamo anche noi molto abituati a condividere. Post, foto, storie, racconti e parole. Certo, le attuali modalità di condivisione della propria quotidianità sono molto diverse: spesso avviene per via indiretta, attraverso uno schermo o tramite parole nero su bianco. Però rimane l’essenza, il primitivo bisogno dell’uomo di non sentirsi solo, di coinvolgere e condividere pensieri, parole e momenti, come avviene in questo video meraviglioso:
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ALICE COLAPIETRA
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Per la precisione, nei primi anni del ‘900 la forte immigrazione verso Milano non veniva dal Sud, ma dalla campagna, dal Veneto, dall’Emilia, e anche, ma non essenzialmente dal Sud. La grande immigrazione dal Sud è degli anni 60.
Grazie per la precisazione, provvederò a chiarire la questione nell’articolo.
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