Milano sempre più dinamica, più internazionale, più amata dai turisti che la preferiscono anche alla città eterna. Da Expo in poi è stata una continua escalation: più di un milione e mezzo di turisti solo l’estate scorsa, al punto che in piano luglio, in alcune zone semicentrali non era raro entrare nella gelateria di quartiere ed ritrovarsi gli unici a chiedere un cono in italiano. E’ una città in movimento, che sta cambiando volto, faccia, abitudini. I nuovi grattacieli saltano su come funghi e oramai siamo entrati nella ‘top ten’ delle città più ricercate da chi vuole investire in immobili di lusso.
Milano sempre più europea, sempre più notturna
I milanesi stessi stentano a riconoscerla. Oggi si ritrovano a vivere in una vera capitale europea, dove non ci si annoia mai tanto è l’offerta di eventi mondani e culturali, dove si sente sempre più parlare straniero, non solo grazie ai turisti ma anche ai tanti che qui decidono di fermarsi a vivere. Perfino il clima non si riconosce più: ve lo sareste immaginati solo vent’anni fa di trovarvi a mangiar fuori di sera quasi alla fine di ottobre?
Ma Milano è diventata in qualche modo anche più “caciarona”. Inebriata da questa nuova euforia, la gente ha preso sempre più a viverla questa città, anche la sera, anche di notte, e questa abitudine non conosce stagione, seguendo nuovi percorsi tracciati un po’ dalla moda, dagli interessi, dalla pubblicità. Tra shopping, ristorazione, alberghi, tempo libero, sport, musica ed eventi, Milano è la prima provincia italiana per giro di affari (31 miliardi di euro) e numero di lavoratori occupati (oltre 274 mila) nel settore della movida, seguita da Roma (27 miliardi), Napoli (6 miliardi), Padova e Torino (circa 4 miliardi l’uno).
E se da un lato è piacevole aggirarsi per quartieri un tempo un po’ spenti e trovarli invece brulicanti di vita, dall’altro questa incontenibile voglia di far baldoria spesso entra in conflitto la vecchia Milano, quella della gente che di giorno lavora e la notte gradirebbe riposare tranquilla anziché trovarsi sotto il balcone cori da stadio, auto appostate sul passo carraio e un marciapiede lastricato di lattine di birra, bottiglie di vetro e bicchieri di plastica.
La nuova geografia della movida
Da tempo ormai la movida è un fenomeno critico in grado di innestare dinamiche conflittuali derivanti dalla competizione per l’accesso e l’uso di un territorio. Mentre i residenti hanno interesse a utilizzare gli spazi con riguardo, cura e continuità, i frequentatori temporanei tendono a fruirne in modo strumentale e transitorio, senza molto attenzione per ciò che producono i termini di rumore, immondizia e comportamenti incivili. Senza contare i fenomeni più incresciosi legati soprattutto ai suoi più tipici eccessi, come il consumo di alcol e di droghe leggere.
E così la gente scappa disperata dai Navigli e dalle altre zone del centro – in particolare Brera, Garibaldi, Sempione e Ticinese, – perché non ci si può più vivere. No cari, non è la solita “tiritera da benpensanti”. Se la movida può essere un’opportunità per rilanciare il turismo, la produzione artistica e culturale, nuovi posti di lavoro, è altrettanto ovvio che la città non può essere ridotta ad un parco divertimenti o una semplice immagine da copertina, esteticamente gradevole ma ancora più triste e insipida di quanto non fosse la Milano di 50 anni fa. Senza contare che un centro non più presidiato dai suoi abitanti diventa più facilmente preda dei fondi di investimento stranieri e, soprattutto, della criminalità organizzata.
L’intervento dei Municipi
I Municipi tentano di mettere in campo soluzioni condivise tra istituzioni, cittadini e commercianti, che lungi da va avere intenti puntivi siano volte a favorire una vita notturna più responsabile. Il Municipio di zona 1 ad esempio – quello del centro appunto – ha recentemente approvato un «Patto per la movida» che mette in campo alcune misure quali la chiusura dei locali alle due del mattino, il divieto di vendere superalcolici da asporto dopo mezzanotte o di servire drink a prezzi stracciati per attirare i giovanissimi, l’obbligo di utilizzare materiali fonoassorbenti per i dehors all’aperto, in cambio di agevolazioni fiscali o incentivi per ammodernare le attività commerciali. Ma sarà sufficiente?
Sempre più Comuni in Italia approdano alla soluzione di una riorganizzazione del territorio su pianificazione quinquennale o decennale, che preveda la creazione di distretti per la vita notturna più rumorosa fuori dalle zone a destinazione residenziale (distretti commerciali, distretti finanziari e destinati a uffici, ex aree artigianali e industriali, ex aree ferroviarie , ecc..). Una opzione che spesso viene avversata opponendo l’immagine di un centro blindato, morto, senza energie. Ma non deve necessariamente essere così.
Una maturità da dimostrare
Milano in questo momento ha una grande opportunità. Già i ciclopici progetti di Porta Nuova e City Life ne hanno cambiato il volto in maniera irreversibile, immaginiamo cosa potrà succedere con il ben più vasto sviluppo degli ex Scali Ferroviari, che sono ormai prossimi al bando di gara. E’ anzi appena stato pubblicato il bando di gara per gli scali Farini e San Cristoforo, con l’obiettivo di far partire i cantieri entro il 2021. E allora perché non sfruttare questa enorme occasione?
Non stiamo parlando di aree periferiche, molte di queste sono ben radicate nel tessuto cittadino e per la loro stessa natura ottimamente servite dai mezzi pubblici. In molti casi prevedono ampie aree verdi e la presenza di spazi che verranno fruiti soprattutto di giorno, lasciando di sera un vuoto che sarebbe facile, anzi auspicabile, che venisse colmato. Allo Scalo Farini, tanto per intenderci, verrà creato il nuovo campus dell’Accademia di Brera, mentre lo Scalo di Greco è adiacente ad un altro importante polo universitario, quello di Milano-Bicocca, e ad una zona a prevalentemente vocazione commerciale e di servizi.
Dal momento che si dovrà ricostruire tutto da zero, sarebbe utile progettare fin dall’inizio degli spazi polivalenti e multifunzione che possano essere fruiti in diversi orari e molteplici contesti. E che il Comune da parte sua ripensi la propria offerta ludica e culturale, soprattutto quella a più alto impatto “ambientale”, anche in relazione ai nuovi “centri” nevralgici della città. Se è vero infatti che le persone non si muovono in base a percorsi prestabiliti, è altrettanto innegabile che la definizione di un piano strategico di sviluppo dell’offerta che si basi fin da subito sul coinvolgimento e la collaborazione tra gli attori – attività commerciali, associazioni culturali, giovani, centri sociali e artistici – e sulla promozione di specifiche politiche per la qualità dell’offerta, non possono che accrescere l’attrattività di questi luoghi, consentendo di mantenere nell’intero contesto urbano gli equilibri ambientali, sociali ed economici secondo una prospettiva di sviluppo sostenibile.
In una parola chiediamo più notti bianche e meno notti in bianco. Solo così avremo una città bella, inclusiva e che funziona veramente. Per tutti.
ROBERTA CACCIALUPI
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