Parchi orbitali, viali alberati, orti urbani, aiuole fiorite, giardini di prossimità. Tra ambiziosi progetti di riforestazione e l’impegno di un numero sempre maggiore di cittadini oggi il verde di Milano ha una marcia in più.
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Il viaggio di Milano Città Stato tra gli alti papaveri usciti dagli studi di architettura e i brutti anatroccoli in cerca della propria strada non poteva che partire dall’Isola, zona di grandi contrasti e trasformazioni urbane fulminanti. Da un lato infatti c’è la griffatissima Biblioteca degli Alberi, nuova area verde appena nata all’ombra dei Boschi Verticali, non ancora aperta al pubblico se non in poche occasioni speciali. Dall’altro, a circa duecento passi di distanza, il giardino comunitario di Isola Pepe Verde, un luogo abbandonato che cinque anni fa è stato preso in gestione da un’associazione di cittadini e trasformato in una piccola oasi tranquilla ai piedi del Cavalcavia Bussa.
Verde speranza: la Biblioteca degli Alberi
In tanti l’hanno vista, pochissimi l’hanno già visitata, dal momento che non è ancora ufficialmente aperta. La Biblioteca degli Alberi è stata quasi un ectoplasma in questi lunghi 14 anni di attesa. Il concorso bandito per la sua realizzazione è stato vinto dallo studio olandese Inside Outside|Petra Blaisse nel lontano luglio 2004. Soltanto 7 anni più tardi l’Amministrazione comunale ne ha approvato il progetto preliminare, parzialmente rivisitato (e ridimensionato) alla luce dello stato di attuazione delle opere pubbliche e private in corso di realizzazione.
Dopodiché tutto è rimasto nell’abbandono più completo. Mentre intorno sorgevano a velocità vertiginosa i grattacieli che sono ormai entrati a pieno titolo nell’immaginario collettivo su Milano, il terreno destinato al parco rimaneva un’area brulla e incolta, imbarazzante per la città che si avviava verso Expo 2015. Al punto che in via temporanea fu realizzato niente di meno che un campo di grano. Lo definirono “opera d’arte” e lo chiamarono Wheatfield, dall’opera dall’artista americana Agnes Denes che lo realizzò per la prima volta nel 1982 a New York.
Dopo alcuni anni e molte scadenze passate senza colpo ferire, alla fine il cantiere è partito: prima sono arrivate le ruspe, poi gli alberi e l’apertura del primo lotto nella zona della Fondazione Catella, tra Via De Castillia e Via Sassetti, che è stato inaugurato nell’aprile del 2017. Infine le panchine e tutto quanto il resto, compresa la fioritura delle prime aiuole. E quindi? Tutto a posto, pronti si va? Non ancora, per dare il tempo alle piantine di irrobustirsi il parco non sarà accessibile fino a dopo l’estate.
Nonostante questo la Biblioteca degli Alberi è già fra noi, grazie alle numerose immagini, soprattutto aeree, che da mesi circolano sui giornali e sul web. Ma anche per effetto delle prime aperture straordinarie, che in maggio hanno aperto i cancelli ai fruitori degli eventi promossi dalla Fondazione Catella e Piano City. Una volta ultimata, con i suoi 9,5 ettari di estensione e i suoi 45mila bulbi da fiore, sarà il terzo parco pubblico più grande del centro di Milano.
Come un libro aperto
Geometrie rigorose, cerchi, linee e tagli diagonali perfetti. Prima di essere un parco questo spazio è un sistema di connessioni tra le differenti realtà urbane che circondano l’area. I giardini infatti sono formati dall’intrecciarsi di un sistema di sentieri (larghi 2,5 metri) e viali (larghi 5 metri) dritti e funzionali, che collegano tutti i punti strategici di accesso e uscita in rapporto con le vie, gli edifici, le fermate dei mezzi pubblici, le residenze, gli uffici e servizi tutt’intorno.
Tutto è racchiuso in una forma, in una misura e in una proporzione. Anche gli alberi qui sono stilizzati e disposti in purissime forme circolari disegnate col compasso, a formare una sorta di “stanze vegetali” atte ad ospitare programmi culturali, commerciali e ricreativi.
Al momento immaginare quest’area come una foresta ombrosa non è semplice, è poco più che una speranza. Da via Melchiorre Gioia viene su il rumore del traffico intenso, i viali sono tutti esposti al sole perché gli alberi sono ancora giovani e dalle chiome modeste, gli arbusti non completamenti cresciuti. Per ora per vedere del verde bisogna viaggiare rasoterra. Qui sì che si può apprezzare il curatissimo progetto botanico che ogni primavera regalerà a questo angolo di mondo una distesa colorata e fiorita: piante perenni, cespugli, piante aromatiche, bambù, fiori di campo e tanto prato all’inglese.
E mentre lo sguardo vaga tutt’intorno senza incontrare ostacolo alcuno, vien da chiedersi quanto possa costare mantenere ordinato un giardino così concepito, con una impressionante distesa di canaline per l’irrigazione che ha l’ingrato compito di mantenere fresca da sola, senza l’ausilio di troppa ombra naturale, questa enorme aiuola perfetta. COIMA finanzierà infatti solo la realizzazione del parco, mentre è ancora scoperto il finanziamento della sua manutenzione (di oltre 2 milioni di euro l’anno). Per sostenere queste spese si sta pensando di creare una fondazione che possa gestire l’area trovando modalità di finanziare le relative spese.
E naturalmente il pensiero immediatamente vola a un altro giardino che si trova poco distante, ai margini del quartiere vecchio potremmo dire, l’Isola vera e propria, che di puro e rigoroso non ha neanche il nome.
Verde smeraldo: Isola Pepe Verde
Quattordici anni sono un’attesa molto lunga, soprattutto per un quartiere che di verde ne ha davvero poco e a cui i cantieri di Porta Nuova hanno temporaneamente sottratto quel che ne restava. Così alcuni cittadini hanno deciso di fare da sé. Individuata un’area recintata abbandonata ai piedi del cavalcavia Bussa, un ex deposito edile in disuso per quasi vent’anni, si sono riuniti in associazione e hanno iniziato un lungo e accidentato percorso per ottenere dal Comune una convenzione che permettesse loro di gestirlo in autonomia e trasformarlo di fatto nel primo giardino comunitario di Milano.
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Ora Isola Pepe Verde è un’isola nell’Isola, un giardino condiviso, uno spazio verde con tanti giochi per i bambini, tavoli dove pranzare all’aperto, angoli ombrosi per il relax e una zona adibita ad orto urbano. Qui non ci sono papaveri, né erba, né filari di piante perfettamente allineate. Però ci sono i fiori seminati dai bambini durante le feste e le casse piene di ortaggi rigogliosi curati da piccoli contadini in erba. Non c’è l’irrigazione automatica né la pacciamatura nelle aiuole, ma ci sono i pannelli solari che producono l’elettricità e le taniche di l’acqua piovana raccolta per l’innaffiatura e le esigenze di manutenzione. Il tutto realizzato e gestito a mano dagli abitanti del quartiere, che ne garantiscono l’apertura al pubblico su base volontaria.
Un piccolo spazio che ha tracciato però un percorso importante. Dopo questa esperienza il Comune di Milano ha approvato il 25 maggio 2012 la Delibera N.1143 con la quale ha deciso di riconoscere e promuovere la pratica dei giardini condivisi. Sono state quindi approvate le linee d’indirizzo per la realizzazione di giardini di prossimità su aree di proprietà comunale abbandonate o degradate, in alcuni casi anche aree urbanizzate che presentino le caratteristiche per essere in tal modo meglio fruibili.
Lo scorso maggio, mentre La Biblioteca degli Alberi apriva in via straordinaria per il concerto di Piano City, Isola Pepe Verde celebrava il suo quinto compleanno con una festa, tanto buon cibo preparato sul posto e una coloratissima parata per le strade del quartiere. Poi è arrivata la pioggia, artisti e pubblico di Piano City sono corsi a mettersi al riparo, tutti gli altri sono tornati di corsa al giardino a prendere le taniche: di acqua quest’anno per fortuna ne è venuta tanta.
ROBERTA CACCIALUPI
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