Femminismo a targhe alterne: la difesa della donna cantante, il massacro della donna manager

E se il moralismo ipocrita fosse il vero male dei nostri tempi?

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Marta Donà - ph. @ massimiliano_beneggi IG
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Quando finisce il Festival di Sanremo, scoppiano le polemiche. Si esce dall’ovatta delle canzoni e si rientra nella rissa del bla bla bla, spesso ipocrita. Come quella che sta divampando in queste ore. Da un lato molti denunciano l’assenza di cantanti donna tra i primi cinque. Ma gli stessi poi se la prendono con la manager di chi ha vinto il Festival. Attaccata per aver gestito quattro dei cinque ultimi vincitori. Altrove vincere così spesso vorrebbe dire che è brava a fare il suo mestiere. Ma da noi si insinua che questo sia la prova che il Festival è corrotto. Perché una donna non può essere una brava manager? Anzi, la più brava?

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Femminismo a targhe alterne: la difesa della donna cantante, il massacro della donna manager

# Il femminismo fasullo a favore di Giorgia

labettyvolante IG – Sanremo

Finito il festival scoppiano le polemiche. Le maggiori riguardano il fatto che nella classifica finale i primi 5 cantanti in cima fossero tutti uomini: per molti questo è un segnale dell’esistenza dei pregiudizi di genere anche nella musica. In tanti si aspettavano di vedere svettare Elodie, Rose Villan, Francesca Michielin, ma più di tutte Giorgia, considerata fin dalla prima serata la grande favorita e che sarebbe arrivata sesta a causa della mentalità maschilista. La stessa Giorgia in conferenza stampa ha così commentato così la sua esclusione dalla cinquina finale: «ci deve essere qualcosa di inconscio nella nostra mentalità per cui arriviamo a certe scelte, a votare in un modo o nell’altro. Eppure, la qualità delle artiste in Italia in questo momento è pazzesca, noi siamo molto unite, quando va bene qualcosa a una è un vantaggio per le altre. Finché dobbiamo sottolineare che non c’è una donna vuol dire che c’è un problema, arriveremo ad un punto in cui non si dovrà notare se una donna c’è o non c’è». Quindi, tutta colpa del maschio, se Giorgia è arrivata “solo” sesta. Può essere. Anche se una analisi più seria dovrebbe ammettere che il testo era sì innalzato dalla sua voce divina, ma la canzone in sé non era niente di originale. Anzi. A detta degli esperti, sembra un po’ troppo simile a “La sera dei miracoli” di Lucio Dalla. Ma questa è un’altra storia. Meglio gridare allo scandalo del patriarcato, il potere maschio. Potere che peraltro sembra valere un po’ a intermittenza. Ad esempio, lo scorso anno era stata Angelina Mango a vincere superando al fotofinish la superstar della musica italiana: Annalisa. In quel caso il patriarcato se c’era, dormiva. Invece ciò che non dorme mai è l’ipocrisia. Anche di quelli che si ergono a difesa delle donne. Perché mentre attorno a Giorgia veniva innalzato un fortino, contro un’altra donna si sono scatenate le peggiori illazioni. Una donna la cui colpa è di avere vinto il Festival. Non sul palco, ma dietro le quinte. 

# Ad alzo zero contro la grande trionfatrice degli ultimi festival

Marta Donà e Marco Mengoni – ph. @
_marcoline_ IG

A rivelarlo è stato il noto giornalista Enrico Mentana. La vera trionfatrice del festival in realtà è proprio una donna. Non ha solo vinto. Ha stravinto. Non sul palco, ma nelle stanze del potere vero. Si tratta di Marta Donà, di professione manager musicale. Non solo ha gestito Olly, primo quest’anno, ma è stata lei a portare al successo anche Angelina Mango, Mengoni e i Maneskin. Ossia i vincitori dei festival degli ultimi anni. La stessa manager che vince quattro volte su cinque? In qualunque ambito, nello sport o anche tra i cantanti, chi vince così tanto verrebbe innanzitutto celebrato come qualcuno di molto bravo. Che se non altro fa bene il suo mestiere. Ma sembra che questo non valga se si tratta di una manager musicale. Donna per giunta. A quel punto casca il mondo. Vince quasi sempre lei? “Questa è la prova che il festival è truccato”. Il nocciolo della questione è che i suoi artisti non vincerebbero perché lei è brava, ma perché sarebbe la burattinaia di non si sa bene quali giochi di potere per cui lei, l’eminenza grigia della musica italiana, riuscirebbe a far vincere chiunque porti su quel palco. Che poi, se ci pensiamo bene, potrebbe essere un segnale di una sua ancora più grande intelligenza: quella di vincere in un mondo di potere, quello sì, stradominato dai maschi. E allora, care femministe a targhe alterne, perchè invece non fare squadra e celebrarla come grande esempio di donna del nuovo millennio? E, soprattutto, perché invece non invitate a studiare il segreto del suo successo, ossia del suo impatto sui cantanti che gestisce?

# Una donna che fa bene il suo mestiere. Anzi, lo fa meglio di tutti

Marta Donà a un concerto – Ph. @
nadza_mengoni.dona IG

Proviamo a vedere dai fatti quali possono essere le doti di Marta Donà. Magari è vero che è bravissima a tramare nel buio e a indirizzare con strani artifici il voto popolare. Ma magari potrebbe essere anche probabile che sia un asso a scovare talenti inespressi, come Marco Mengoni, che le chiese di mollare tutto per seguire lui. Magari è bravissima a creare e a gestire un team attorno agli artisti, un team che ha saputo costruire un immaginario e una carriera. Blanco, ad esempio, è stato catapultato dalla stanzetta agli stadi, ma mettetelo a confronto con Olly che ha avuto un percorso molto più lineare passando, prima di arrivare ai palazzetti, a farsi due anni di gavetta nei club. Dopo il mezzo flop di Sanremo 2023, Olly si è preso una pausa per crescere e di pensare con calma solo alla musica, della quale è unico autore, con un orizzonte temporale più lungo di qualche mese. Chi gli ha suggerito e consentito di fare questo è stata proprio Marta Donà, perché la musica e il talento certo sono fondamentali, ma il talento senza strategia, senza direzione e senza qualcuno che sappia trasformarlo in un progetto resta solo un illusione un po’ infantile. La verità è che l’unica fatto oggettivo che traspare dalla catena impressionante di vittorie, è che sia brava. Bisognerebbe rallegrarsi del fatto che oltre Caterina Caselli, Paola Zukar e poche altre, anche Marta Donà si imponga nella discografia come un nome fenomenale e vincente, rispettato da tutti, con la capacità di intuire le potenzialità di spesso artisti ancora acerbi.

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# E se il moralismo ipocrita fosse il vero male dei nostri tempi?

Marta Donà – ph. @
massimiliano_beneggi IG

La verità è che il male è affascinante e infangare chi si eleva è sempre un modo di compiacere alla mediocrità. Ma invece sarebbe più stimolante se, prima di distruggere con un automatismo becero, si dessero i meriti a chi eccelle, senza compromessi. È facile parlare di femminismo e di quanto le donne siano poco considerate, quando semplicemente i pezzi maschili quest’anno erano più forti, ma nel momento in cui c’è da riconoscere la straordinaria astuzia femminile che ha portato alla nascita dei maggiori artisti dei nostri tempi, si cerchi sempre di svilire il suo lavoro. Soprattutto è subdolo lamentarsi della non riconoscenza della bravura delle donne perché non vincono sul palcoscenico, e criticare quando è una donna a vincere dietro le quinte. 

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MARTA BERARDI

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Marta Berardi
Sociologa tirocinante. Appassionata di lingue, arte, cultura, musica, marketing e comunicazione. Mi affascina il mondo e il modo in cui si muove ed esprime: viaggiare è la mia dimensione. Sempre vissuto nella periferia di Milano, ho imparato a comprenderla meglio una volta cresciuta, anche se sono sempre alla ricerca di iniziative che possano renderla una città ancora più stimolante

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