Negli ultimi vent’anni, l’Italia ha registrato una crescita economica molto modesta, marcando (in negativo) un distacco sempre più ampio rispetto agli altri Paesi europei. Perché è successo e come si inverte la rotta?
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Italia al palo da 20 anni: perché? Le 5 aree di intervento per far ripartire il Paese
# l’Economia italiana cresce poco o niente rispetto a quelle europee: i dati
A una valutazione superficiale, potrebbe sembrare che, negli ultimi tempi, la crescita italiana abbia superato quella di nazioni come Francia e Germania, ma, per avere un quadro completo, è importante osservare un arco temporale sufficientemente esteso.
Per esempio, considerando il lasso temporale 2000 – 2024, si nota che l’economia italiana è cresciuta complessivamente di meno del 10%, mentre le economie di Francia e Germania hanno registrato un incremento del 25%, con quella spagnola che ha addirittura toccato il 40%.
Perché l’Italia è rimasta ferma mentre le altre economie europee, tutto sommato, sono cresciute? Le cause di questa stagnazione sono complesse e affondano le radici nella struttura stessa del sistema economico italiano. Individuare correttamente le cause è il primo passo per comprendere quali strategie siano necessarie per rilanciare la crescita economica del Paese.
#1 La stagnazione della produttività
Uno dei problemi più gravi e persistenti dell’economia italiana è la stagnazione della produttività. Nel Rapporto Inapp 2023 si legge: “A partire dalla seconda metà degli anni Novanta la crescita della produttività è stata di gran lunga inferiore rispetto ai Paesi del G7, segnando un divario massimo nel 2021 pari a 25,5%“. Dagli anni ’90 in poi, la produttività del lavoro in Italia è rimasta praticamente invariata, mentre negli altri Paesi europei è cresciuta costantemente.
Questa stagnazione potrebbe essere legata alla mancanza di investimenti in tecnologie, digitalizzazione e innovazione, e a processi di produzione datati o addirittura obsoleti. Le imprese italiane, in particolare le piccole e medie imprese (PMI), spesso rinomate come patrimonio dell’economia italiana, che costituiscono oltre il 75% (circa 760mila aziende) del tessuto industriale italiano, non riescono a tenere il passo con le sfide globali.
La mancata trasformazione digitale del tessuto imprenditoriale italiano potrebbe aver impedito alle imprese di modernizzare i propri modelli di business e di integrare tecnologie avanzate come automazione o intelligenza artificiale.
Come aumentare la produttività? Due strategie “semplici” ma chiave per migliorare la produttività potrebbero essere:
- Incentivi per la digitalizzazione: offrire agevolazioni fiscali e, magari, garantendo un accesso facilitato ai fondi europei per le imprese che scelgono di investire in tecnologie avanzate.
- Collaborazioni tra PMI e università: creare reti di collaborazione tra le piccole imprese e i poli universitari (o centri di ricerca), per sviluppare nuove tecnologie e spingere le PMI verso forme di consorzio e collaborazione.
#2 Le imprese troppo piccole rischiano di essere troppo poco competitive
Il tessuto economico italiano è caratterizzato da una grande frammentazione. Le PMI, che costituiscono l’ossatura dell’economia, hanno spesso difficoltà a espandersi e a competere a livello internazionale. Le piccole dimensioni limitano la capacità di praticare economie di scala, di accedere a nuovi mercati e di investire in ricerca e sviluppo.
Sotto questi aspetti, le PMI italiane risultano meno competitive rispetto ai grandi conglomerati presenti in Paesi come Germania e Francia. L’aggregazione di risorse e competenze permetterebbe alle imprese di affrontare meglio le sfide del mercato globale e di avere accesso a capitali maggiori.
Strategie per rendere le imprese più competitive:
- Sostegno all’internazionalizzazione: le Istituzioni potrebbero favorire l’accesso ai mercati globali per le imprese italiane, attraverso accordi commerciali e iniziative concrete per promuovere il Made in Italy.
- Facilitare l’accesso ai capitali: creare strumenti finanziari dedicati alle PMI e piattaforme digitali per facilitare l’accesso al credito e agli investitori internazionali.
#3 Il declino demografico e la fuga di cervelli
Altro fattore che contribuisce alla stagnazione economica italiana è il declino demografico. L’Italia ha uno dei tassi di natalità più bassi d’Europa: secondo Istat, nel 2023 sono nati appena 379.000 bambini (11° record consecutivo di minimo di nascite), e al 1° gennaio 2024, la popolazione residente in Italia è scesa a 58.990.000 unità, in calo di 7.000 unità rispetto all’anno precedente.
Questo comporta una riduzione della forza lavoro e un aumento dei costi legati al sistema pensionistico e sanitario. Il calo demografico limita la possibilità di una crescita sostenibile.
A ciò si aggiunge la “fuga di cervelli”, con 36.000 giovani italiani che nel 2022 hanno lasciato il Paese (dati Censis). La perdita di capitale umano qualificato impoverisce ulteriormente il tessuto produttivo italiano.
Come invertire il trend demografico e frenare la fuga di cervelli?
- Politiche per la natalità: introdurre incentivi economici e agevolazioni fiscali per le famiglie.
- Incentivi per il rientro dei talenti: creare condizioni favorevoli per il ritorno, come sgravi fiscali e sostegni per l’avvio di nuove imprese.
#4 Cultura imprenditoriale e innovazione
In Italia, l’imprenditoria e l’innovazione sono frenate da un sistema burocratico complesso e una cultura che scoraggia il rischio. Nel 2023, un’indagine sull’avversione al rischio riportava un indice medio di 60,2 su 100. Avviare un’impresa richiede tempi lunghi e costi elevati, scoraggiando potenziali imprenditori.
Promuovere una cultura imprenditoriale dinamica e moderna, incentivando l’innovazione e il rischio, a partire dalle scuole, potrebbe portare a un aumento delle nuove imprese.
Incentivi per l’innovazione:
- Riduzione della burocrazia: semplificare i processi per l’apertura e la gestione delle imprese.
- Creazione di ecosistemi di startup: sostenere poli tecnologici e parchi scientifici, replicando il modello di Milano nelle altre città italiane.
#5 Il sistema educativo e le riforme necessarie
Uno dei punti più cruciali per rilanciare la crescita economica italiana è la riforma del sistema educativo. L’Italia soffre di un forte disallineamento tra istruzione e mercato del lavoro. Nel 2022, solo il 23,8% dei giovani italiani tra 24 e 35 anni possedeva una laurea in discipline STEM.
Strategie per una riforma educativa:
- Corsi di formazione continua: promuovere programmi di aggiornamento professionale con un focus su competenze richieste dal mercato.
- Alternanza scuola-lavoro: rafforzare i programmi di tirocinio e creare vere partnership tra scuole e imprese.
L’Italia ha enormi potenzialità, ma per tornare a crescere è necessario un piano incisivo. Con riforme strutturali, investimenti mirati e una nuova cultura imprenditoriale, l’Italia potrebbe ritrovare la sua competitività.
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MATTEO RESPINTI
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