La COMPANY TOWN stile anni ’30

Un luogo curioso ai confini del Nord Italia

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A pochi chilometri da Udine sorge Torviscosa, un esempio di Company Town anni ’30.

La COMPANY TOWN stile anni ’30

# Città di Fondazione o Company Town

Tra il XVIII e il XX secolo, a seguito della massiccia industrializzazione, nel mondo occidentale sono nate numerose città di fondazione, o Company town. Prendono questo nome i nuclei urbani non spontanei che per definizione, nel corso della storia, sono sorti “sulla base di una precisa volontà politica e di un progetto urbanistico“. Tra questi si ricordano brevissimamente alcune esempi come i villaggi operai ottocenteschi legati ad insediamenti industriali o minerari (vedi Crespi d’Adda Nebida), le città giardino inglesi (Hampstead) o gli insiediamenti urbani fondati nel ventennio fascista nel Lazio, a supporto delle opere di bonifica dell’Agro Pontino e Romano (Sabaudia, Littoria, Carbonia, Ventotene).

# La Company Town friulana

Nel corso del tempo in Italia sono nate numerose città aziendali (company towns), a completamento delle infrastrutture produttive di altrettante grandi aziende. Ivrea, Crespi d’Adda, Panzano e Torviscosa ne sono un esempio. Quest’ultima è un paese in provincia di Udine fondato tra il 1937 e il 1938 assieme alla fabbrica di cellulosa di proprietà di SNIA (Società Navigazione Industriale Applicazione Viscosa, ultimo dei nomi dato all’azienda). Qui si produceva cellulosa, ricavata dalla lavorazione della canna gentile, di cui il territorio era ricco. Veniva utilizzata nella fabbricazione di fibre artificiali, come rayon e viscosa (da qui il nome della città).

Credits: @turismoFVG

# Torviscosa e SNIA

La company town è una città in cui la maggior parte o tutti gli immobili, gli edifici (sia residenziali che commerciali) e i servizi appartengono a SNIA che provvede, in via generale, anche alla pianificazione urbana. Fino gli anni ’30, si estraeva cellulosa prevalentemente dal legname, ma il modello economico del regime fascista esigeva l’utilizzo di materie prime italiane per la produzione in autonomia. Siccome il legname italiano non era sufficiente, la SNIA decise di utilizzare la canna gentile. Un interessantissimo cortometraggio del 1949 diretto da Michelangelo Antonioni, “Sette canne, un vestito”, spiega il processo produttivo della cellulosa. Il documentario è stato girato in buona parte proprio a Torviscosa.

Credits: @turismoFVG

# Il progetto della città

Fu Franco Marinotti, allora amministratore delegato di SNIA, a fondare Torviscosa. Decise le strategie industriali e finanziarie e scelse l’architetto che l’avrebbe progettata. Il progetto originale, elaborato dall’architetto Giuseppe De Min, prevedeva che la città potesse ospitare circa 20.000 abitanti. In realtà,  la disponibilità di abitazioni (nuove o ristrutturate) nel centro storico non consentì mai di superare i 1.500 abitanti.

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Credits: @David Flos(FB) – Il punto di ristoro del dopolavoro

# Mattoni rossi e gusto estetico fascista

Il fulcro della vita pubblica era rappresentato dalla piazza “Impero” (in seguito ribattezzata Piazza del Popolo). Le altre aree funzionali della città sono divise tra spazi del lavoro, gli spazi pubblici civili (la piazza con l’edificio e la torre del Municipio e di fronte le scuole), luoghi per lo sport e per lo svago, aree verdi, aree abitative divise per categorie di lavoratori (operai-impiegati)  e dirigenti. Infine, sono evidenti gli edifici con finalità autocelebrative dell’azienda: una torre posta all’ingresso del paese a forma di “T”, (iniziale del nome), e soprattutto il Centro di Informazione e Documentazione (CID). Dal punto di vista architettonico, due elementi non possono passare inosservati: l’utilizzo di mattoni rossi, da un parte, la presenza massiccia del gusto estetico fascista dall’altra. Molti elementi ricordano infatti la serie di quadri delle Piazze d’Italia di Giorgio De Chirico.

Fonte: https://www.comune.torviscosa.ud.it

Continua la lettura con: La storia dell’imprenditore che volle costruire la CITTÀ IDEALE per i suoi dipendenti

LUCIO BARDELLE

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Lucio Bardelle
Nasco a Dolo (VE) nel 1979. Padre padovano, mamma vicentina, cresco nella terraferma veneziana. Studio Economia a Venezia, poi viaggio, per lavoro e per piacere. Vivo una decina d'anni tra Bologna, Lombardia e Roma, poi torno a Venezia. Sono appassionato di musica rock, suono la chitarra e il basso. Scrivo per una associazione locale a sostegno del cittadino (Oltre il muro), creata da Pietro, uno dei miei migliori amici, infortunatosi 15 anni fa durante una partita di calcio.