Negli ultimi 50 anni le città italiane hanno assistito ha una vera emorragia della loro popolazione. Si salvano solo in due. Vediamo le cause principali.
La CRISI dei 50 anni: il CROLLO DEMOGRAFICO delle CITTÀ ITALIANE
# Le maggiori città italiane hanno perso complessivamente oltre 1,5 milioni di abitanti nell’ultimo mezzo secolo
Le grandi città italiane nell’ultimo mezzo secolo hanno visto perdere in totale oltre 1,5 milioni di abitanti. Se si prendono in considerazione i principali capoluoghi di provincia, Genova, Torino, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari e Palermo si è passati da poco meno di 10 milioni a poco più di 8,4 milioni.
# Roma e Palermo le uniche grandi città che hanno limitato i danni
L’eccezione più evidente è Roma, che nonostante abbia registrato un calo sensibile negli ultimi decenni nel ‘900 ha recuperato sostanzialmente i livelli di popolazione precedenti con una perdita solo del 0,67%. Anche Palermo, in scala più ridotta, è sostanzialmente ai livelli di 50 anni fa segnando un -1,7%, pur avendo registrato la massima crescita nel decennio successivo.
# Torino, Milano, Firenze e Napoli hanno perso almeno il 20% di residenti, Venezia e Genova il 30%
Milano, che segna un -21% negli ultimi 50 anni, è insieme alla capitale l’unica ad aver invertito la rotta nell’ultimo decennio, salvo questo biennio di pandemia in cui ha perso circa 20.000 residenti, superando a inizio 2019 la soglia di 1,4 milioni di residenti come alla fine degli anni ’80. Tra le altri grandi città che hanno perso almeno il 20% troviamo Firenze, Catania con -21%, Napoli con -25% e Torino 27%. Il crollo più marcato si è avuto a Venezia con -30%, con le isole e il centro storico ridotti ai minimi termini, e Genova a -31%.
# Le cause principali del declino demografico: deindustrializzazione, suburbanizzazione e crollo della natalità
La crescita dei residenti nelle città italiane, soprattutto quelle di medie e grandi dimensioni, è coinciso con il boom economico italiano negli anni ’50 e 60′ del ‘900 e conseguente sviluppo massiccio delle industrie, con migrazione degli abitanti dai centri rurali e dal sud al nord Italia, e il picco segnato agli inizi anni ’70 salvo alcune eccezioni.
Il declino demografico è iniziato proprio quando le industrie, soprattutto nel settentrione, hanno iniziato a delocalizzare, spostando gli stabilimenti fuori il perimetro comunale e all’estero, e la progressiva conversione al terziario delle città con la ridotta necessità di operai e manovalanza. Tra le altre cause che hanno inciso maggiormente allo spopolamento c’è stato un forte fenomeno di suburbanizzazione, con una intensa migrazione dei cittadini verso i comuni dell’hinterland, dovuto anche all’alto costo della vita e all’eccessivo inquinamento, e il crollo della natalità non sufficientemente compensato dall’immigrazione.
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FABIO MARCOMIN
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