Alla scoperta delle single romane e milanesi sul Treno dell’Amore. Così viene soprannominato il Frecciarossa del venerdì sera e del lunedì mattina, il treno che porta romane e milanesi dai fidanzati della città opposta. E viceversa.
Dalle testimonianze delle single incontrate sul “treno dell’amore” e dalla propria esperienza personale, Guia Soncini, icona degli articoli di costume, ha pubblicato su Marie Claire le sue riflessioni sulle caratteristiche delle single metropolitane. Che tra loro presentano radicali differenze e, forse, un solo punto in comune. Dall’articolo abbiamo estratto questo elenco.
Le SINGLE romane e milanesi sul TRENO dell’AMORE: divise su tutto, tranne che su un punto
# La principale differenza tra single romane e quelle milanesi
La principale differenza tra single romane e quelle milanesi? Le prime sono aperte e disponibili a nuove conoscenze, le seconde invece “se la tirano”, rendendo impossibile ogni approccio. Questa in sintesi l’apertura di Guia Soncini che però passa subito al paradosso: per questo modo di fare, finisce che a Milano restano tutte single. “A Roma conosco solo coppie, ed essere costantemente l’unica dispari a cena capisco che faccia passar la voglia di uscire, a una ragazza sola”. Mentre “a Milano, invece, conosco solo zitelle disperate, donne che ogni sera della loro vita ci sperano, si vestono come fashion victim, si acconciano, mangiano sashimi senza riso per non metter su un etto ed essere competitive sul mercato, e ogni sera tornano a casa sole borbottando «In questa città sono tutti gay»”.
Le conferma questa sensazione, Benedetta, anche lei sul “treno dell’amore”, che le spiega che, “vivendo a Roma, non potrebbe sopportare di essere sola: «Mi sentirei come Nanni Moretti in quella scena di Bianca in cui va in spiaggia ed è l’unico non accoppiato»”.
# “Il milanese non riesce a restare in città il sabato, proprio non ce la fa”
Altra differenza radicale il fine settimana. I milanesi non sopportano di restare in città il sabato. E non riescono a tagliare il cordone ombelicale con i loro luoghi dell’infanzia. “Non molto tempo fa”, scrive la Soncini, “alla porta del mio appartamento romano suonò Luca, era disperato.”. Il motivo dello sconforto era Laura, la fidanzata.
“Laura era di Milano. Si era trasferita a Roma, sì, ma aveva mantenuto le abitudini milanesi. Il fine settimana fuori. Il milanese non riesce a restare in città il sabato, proprio non ce la fa, e già il fatto che sia un’abitudine prescrittiva la fa essere più una fatica che un piacere. Perdipiù, i luoghi di villeggiatura dell’infanzia milanese sembrano gli unici praticabili. Luca scuoteva la testa dicendo che lui non ce la faceva più, ad andare tutti i fine settimana invernali in aereo a Venezia, noleggiare una macchina, andare a Cortina, sciare due giorni, essere in ufficio a Roma il lunedì mattina. La sua disperazione era evidente”.
Paola che prende il treno dell’amore da dieci anni per andare da un milanese, le conferma: “«Ogni volta è una lotta per non andare in Romagna. Il peggior mare del mondo, e bisogna passarci il weekend perché lui ci andava da piccolo»”.
# L’aperitivo a Roma e a Milano: una distanza abissale
“Il problema dell’aperitivo”, scrive la Soncini, “si pone in fasi più acerbe della relazione”. Anche in questo caso la differenza tra le due città è abissale. “Le romane, se uno le invita per l’aperitivo pensano voglia tenersi una via di fuga aperta: se si scoccia, può dire che per cena aveva già un impegno”. A Milano, invece non cena nessuno: “agli orrendissimi buffet degli aperitivi si mangia e ci si attarda talmente tanto che l’opzione cena non è proprio prevista. Perdipiù, c’è abbastanza casino da coprire eventuali imbarazzanti silenzi da primo appuntamento fallimentare. Le milanesi non si aspettano che lui le inviti a cena, perché sanno che non accadrà. Mai.”
# “Le romane, per strada, ti guardano come se volessero staccarti la carne di dosso. A Milano non ti fila nessuno”
“Anni fa”, ricorda la Soncini, “avevo un fidanzato milanese che, quando veniva a trovarmi a Roma, non poteva essere lasciato solo. Allorché camminante senza guardiana per le strade della città, egli rincasava sentendosi Mastroianni o giù di lì. Attribuiva il merito della sua ipertrofica vanità al fatto che «le romane, per strada, ti guardano come se volessero staccarti la carne di dosso».”
A Milano questo non accade: “Ho il sospetto che le romane in realtà non se lo filassero per niente, ma certo che le milanesi (invece) se la tirino è convinzione diffusa (e simmetrica a quella, delle milanesi, che i loro concittadini non siano interessati alle donne: Milano è formata da due città di single che non s’incontrano a metà strada).”.
# Pericolo: le milanesi col cerchietto
Un’altra anomalia di Milano sono le “donne col cerchietto”. Scrive la Soncini: “Mattia, che è gay, ha sviluppato in anni di osservazione della specie etero una tesi sulle milanesi col cerchietto, le ragazze-bene che vivono all’interno della cerchia dei bastioni, apparentemente frigide e in realtà dominanti sul povero maschio: «Varcata la cerchia, per esempio i bastioni di porta Venezia, l’uomo sa che nulla potrà. L’atteggiamento-chiave della ragazza-dentro-i-bastioni è: mi aspetto molto. La sua frase-di-fine-mondo è: «Ci sono rimasta male». Peggio che sentirselo dire, per il pover’uomo, c’è solo la prospettiva che lei lo dica alle sue simili con cerchietto: essere disapprovato dal Comitato delle Amiche è una condanna a morte.”
La Soncini ha una sua spiegazione: “Io sono abbastanza convinta che sia un problema di fashionvittimismo: le romane, perlopiù, non riconoscono un Marni o un Chloé neanche guardando l’etichetta; le milanesi, con tutto quel che spendono per sembrare residenti nel Greenwich Village, non sono disposte a farsi stropicciare i vestiti dal primo che passa. E infatti, quando vogliono tirarsela, le romane ostentano ancor più il loro disinteresse per la moda: si vestono da suore laiche, vanno a vedere film iraniani, si atteggiano a prototipi di lauramorantismo in cerca del loro Nanni Moretti”.
# “Se mangio, poi domani avrò i rimorsi tutto il giorno”
“Francesco”, scrive ancora Guia Soncini, “dopo una vita a Milano si è traferito nella parte più “bastioni” di Roma: i Parioli. L’altra sera è andato a cena con una romana, e la mattina dopo mi ha detto che gli sembrava una milanese. Quando gli ho chiesto quale dettaglio gli avesse fatto quest’impressione di straniamento geografico, mi ha riferito che lei rimestava nel piatto scomponendo il cibo senza metterlo in bocca, come centinaia di volte gli era capitato quando risiedeva nella città in cui le donne ordinano al massimo un sashimi, vivono in competizione con le modelle che invadono la città due volte l’anno, e il loro momento televisivo preferito degli ultimi anni è quello in cui Franca Sozzani disse a Daria Bignardi: «Non credo di aver mai mangiato un tiramisù». A un certo punto Francesco le ha fatto una battuta sulla sua inappetenza, e la romana, evidentemente in mood confessionale, ha risposto: «Se mangio, poi domani avrò i rimorsi tutto il giorno»”.
# A Milano c’è il “divieto di rimorchio”
“Una cosa che mi ha sempre colpito, nella scena single milanese”, prosegue la Soncini, “è il divieto di rimorchio. Hanno persino i bar per single (altro tentativo di fare i newyorkesi), epperò anche lì dentro è vietato rivolgersi la parola tra estranei. Chi lo fa, è talmente poco cool da risultare zero attraente. Mi è sempre sembrato il comma 22 delle relazioni: se tra single non ci si può rivolgere la parola, si resterà single a vita – no?”.
Il “divieto di rimorchio” vale anche per i gay: “Amico gay: è «pochissimo giusta l’idea di parlare a uno che non conosci: al massimo ci si guarda molto». E poi si torna a casa da soli? «Certo, e ci si scrive su Facebook fingendo distacco: “Ah, ma eri per caso tu quello al Mono l’altra sera? Non ti avevo mica riconosciuto…”»”
# Uomini milanesi e romani: l’unico punto in comune. Universale
A proposito di approcci solo virtuali, conclude così Guia Soncini: “Mi viene in mente che ho un amico romano, eterosessuale, che passa il suo tempo in chat con una milanese, e non concludono mai. Indago per capire se sia la stessa dinamica, e lui mi dice che è troppo pigro per prendere il treno dell’amore. Suggerisco che potrebbe venire lei, e lui mi guarda stravolto: «Ma sei matta? Ma pensa che responsabilità, questa viene a Roma solo per me… No, no: non se ne parla».”
“Mi ricordo che il milanese pretendeva trovassi sempre scuse (interviste da fare, amiche da visitare) per andare a Milano, in modo da non sentirsi troppo caricato di aspettative eccessive del tipo «Siccome avremmo una storia, verrei a passare qualche giorno nella tua città». E allora penso una cosa banale: che ci sono tre ore mezza, seicento chilometri, differenze nella qualità del sashimi e nella reperibilità dei capi Marc Jacobs, ma a Milano e a Roma gli uomini sono stronzi uguale.”
Articolo originale: Milanesi vs romande di Guia Soncini per marieclaire
Continua la lettura con MILANO vs ROMA: i NUMERI non mentono
MARCO ABATE
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