In Italia esiste un paese che, anni fa, ha avuto un’idea originale: quella di costituire all’interno del proprio comune un principato, nato e sviluppatosi con radici storiche e portato avanti dai propri abitanti contro ogni detrattore. Un fiore all’occhiello per piccole comunità autonome, un’alternativa alle società moderne o, semplicemente, l’utopia di un gruppo di sognatori, che sperano un domani di poter ottenere la stessa autonomia del più famoso Principato di Monaco, distante meno di 50 km.
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Il paese ligure che vuole essere come Montecarlo
# Il principato di Seborga: le origini
Siamo negli anni cinquanta del XX secolo, quando alcuni membri della comunità di Seborga rivendicano un’indipendenza dalla Repubblica Italiana. L’idea sorse da un presunto status nobiliare che avrebbe svincolato il comune nella provincia di Imperia dall’annessione al Regno di Sardegna, una delle colonne portanti della nascitura Italia unita nel 1861. Ma secondo gli abitanti, le origini risalgono addirittura all’anno 954, quando il conte Guidone di Ventimiglia donò il territorio dell’abbazia di San Honorato nelle isole di Le’rins (Lerino, al largo di Cannes in Francia) ai monaci benedettini. In seguito, con l’autorizzazione di Papa Gregorio VII, ci fu l’istituzione di una valuta, il “luigino”, adattamento italiano di Louis Petit, poi solo Louis, che divenne anche la valuta francese degli anni prima e durante la Rivoluzione Francese. Presto, però, queste terre iniziarono a essere scomode per i monaci, quindi dopo una serie di cattivi raccolti e il rifiuto dei contadini di pagare più tasse, l’abate decise di vendere il territorio a Vittorio Amadeo II di Savoia re di Sardegna, nel 1729.
Ciò è alla base di tutte le rivendicazioni d’indipendenza di Seborga: la tesi sostenuta è che quella vendita non fu mai legale perché non fu registrata.
Inoltre, il territorio fu venduto come possesso personale del re, non per entrare nel regno di Sardegna, ma in modo che “il monarca avrebbe esercitato un ruolo di protettore”, afferma il portavoce di Seborga Luca Pagani, secondo il quale Vittorio Amadeo II pagò con i propri fondi e non con quelli del regno. Gli indipendentisti aggiungono che il sovrano non ha mai usato il titolo di principe di Seborga e che, nel 1815, nessun documento del Congresso di Vienna afferma che Seborga faceva parte del Regno di Sardegna.
Da qui, ci ricolleghiamo celermente al 1861.
# Il principato di Seborga: statuto
I cittadini di Seborga eleggono un principe con funzioni simboliche: tale elezione si è tenuta la prima volta nel 1962. Sino al 2009 il principe è stato Giorgio Carbone, poi, successivamente il comando è passato a Marcello Menegatto (sino al 2019) e da lì in poi ha governato Nina Menegatto.
Il luigino è una sorta di buono spendibile in città e, ovviamente, non può essere utilizzato al pari dell’Euro. Ciononostante ha riscosso successo presso i numismatici, oltre ad avere un valore fisso di mercato al netto dell’inflazione che attualmente si attesta a 6 dollari statunitensi.
Inoltre, nel paesino di 300 abitanti scarsi, sono presenti anche delle targhe automobilistiche che possono essere usate a scopo folkloristico, ma non come sostituto di quelle italiane.
Del regno di Seborga ne ha parlato apertamente la Vanguardia (quotidiano catalano), dedicando ampio spazio al piccolo ma significativo staterello come esempio d’ispirazione per la causa catalana, e in Italia la sua fama travalica ormai i confini fiabeschi fra fantasia e realtà.
# Il principato di Seborga: cosa vedere
Un grande stemma all’entrata della strada principale, il centro storico con Piazza San Martino di Tours e la chiesetta di San Bernardo, richiami medioevali e una splendida vista sull’entroterra ligure, fanno di questo piccolo paesino uno scrigno dal sapore antico, ma con un’idea assolutamente moderna e probabilmente avveniristica. Il tempo ci dirà se fiabe come quella di Seborga e dei progetti affini acquisiranno sempre più potere e affermazione.
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CARLO CHIODO
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