Sulla Gioconda si è parlato sempre tanto. A partire dal fatto che i nostri cugini francesi se la sono “rubata” e portata a casa, ancora oggi è una dei quadri più visitati al mondo, ancora oggi è oggetto di discussione, di studio e infine ancora oggi sono poche (se non nulle) le certezze che si celano dietro a questo dipinto.
Sul soggetto, sulla donna ritratta si è detto di tutto, alcuni sostengono addirittura che sia un autoritratto di Leonardo Da Vinci, altri ancora (versione più accreditata) sono giunti alla conclusione che si tratti della nobildonna Lisa Gherardini ritratta dal genio di Leonardo su commissione del mecenate Francesco Del Giocondo, da cui poi deriva il titolo dell’opera la Gioconda. Quindi se sul soggetto ritratto si è arrivati ad una quasi conclusione del mistero, ancora oggi resta segreto e misterioso lo sfondo del quadro.
Scoperto il paese che fa da SFONDO alla GIOCONDA: è BOBBIO
# Come nasce l’ipotesi Bobbio
Bobbio è un piccolo paese in provincia di Piacenza. Conosciuto come perla della Val Trebbia e come una delle mete predilette dei milanesi che, soprattutto nei fine settimana d’estate, si riversano sulle sponde del Trebbia. La storica medioevale Carla Gori ha identificato nel quadro un ponte che ricorderebbe l’iconico Ponte Gobbo osservabile dal vicino castello Malaspina Dal Verme. L’ipotesi avanzata scuote il mondo dell’arte convinto, fino a quel momento, che Monna Lisa non sarebbe stata inserita in un paesaggio toscano, ma bensì emiliano.
# Da ipotesi a quasi certezza
Ovviamente la scoperta desta scalpore, ma anche tanta curiosità e desiderio di scoprire la verità. Le prime conferme di quanto ipotizzato, arrivano dagli architetti piacentini Bellocchi che iniziano ad elaborare dei modelli tridimensionali che portano all’identificazione di ben dieci punti di riferimento del paesaggio emiliano, tra cui i più importanti: i rilievi montagnosi della Val Tidone e il corso d’acqua che non sarebbe altro che il Trebbia stesso.
# Il valore scientifico assoluto
Anche l’università di Genova e il Museo di Storia Naturale di Piacenza entrano nello studio del caso in breve tempo portano alla luce delle prove schiaccianti che avvalorerebbero la teoria di Carla Gori. Vengono effettuati degli studi sugli iconofossili (le tracce fossili di impronte di antichi esseri viventi) e si arriva alla conclusione che medesime forme rocciose siano state affrontate da Leonardo nel Codice Leicester, quasi a dimostrazione che il genio toscano conoscesse bene le zone e che fosse, probabilmente, molto affascinato dai paesaggi, a tal punto da inserirli nella sua opera più celebre. Questa nuova ipotesi viene pubblicata sulla rivista specializzata RIPS ed è la stessa Carla Gori che dichiara a livello mondiale che non ci troviamo più di fronte ad una teoria, ma ad una certezza molto vicina al valore scientifico assoluto.
# “La verità sola, fu figliola del tempo”
Questa è una frase di Leonardo Da Vinci e molto probabilmente è l’affermazione più vicina alla realtà dei fatti. Di sicuro, come tanti artisti della sua epoca, ha inserito in questa opera, come in tante altre, diversi indizi e diversi misteri (vedi l’Ultima Cena). Al era quasi un obbligo artistico. La verità è che ancora oggi gli studi sul caso sono ancora in corso e i toscani sono poco propensi a concedere agli emiliani la paternità del panorama. La verità la sa solo Leonardo Da Vinci e l’unica certezza che abbiamo è che la Gioconda è un’opera mista di fascino e mistero e se, ancora oggi, è tra i quadri più visitati al mondo, una ragione ci sarà pure.
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MICHELE LAROTONDA
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