Può un rinascimento moderno italiano basato sulla cultura partire da Milano? Diciamocelo, quando nei giorni scorsi è girata la voce che da quest’anno sarebbe stata abolita la storia tra le tracce della prima prova dell’Esame di Stato per i nostri giovani maturandi, molti di noi hanno pensato – a ragione – che nel giro di non troppi anni il titolo di questo articolo sarebbe stato dato per buono. Magari l’unico dubbio sarebbe rimasto tra lo Spritz con l’Aperol o con il Campari, oppure cercare di capire per quale errore su Google Maps compare solo piazza 5 Giornate…
La risposta su Facebook del ministro Bussetti all’indomani di tante critiche ci ha risollevato? Non troppo… “Il riordino del funzionamento dell’Esame di Stato ha evitato di relegare la storia, come accadeva prima, a un’unica prova. Ognuna delle tre tipologie previste potrà interessare, e interesserà, anche l’ambito storico…”, ha scritto il numero uno del MIUR. Intanto, storia a parte, “interesserà” ha un senso, “potrà interessare” un altro e, volendo, anche contrario. Capiremo esattamente a giugno 2019 leggendo le tracce ufficiali che fine avrà fatto la nostra importantissima storia, senza la quale è inutile parlare di futuro.
Altro punto della riforma: le prove scritte da tre diventano due, più il confermato orale. Sarà sicuramente felice una buona parte degli studenti, ma questa semplificazione non è un altro passo a danno del rigore che l’educazione scolastica dovrebbe dare, garantire, pretendere?
Piccola parentesi complottista: appurato che da questo Governo non è stato ancora abolito l’ordine dei giornalisti (non entriamo oggi nel merito della questione…), notiamo invece che sempre sulla prova scritta alla Maturità è stato tirato un colpo di spugna secco sull’articolo di giornale e il saggio breve, durati appena tre lustri. Si vuole forse affrontare la questione “giornalismo” alla radice partendo da così lontano? O forse la prossima riforma introdurrà, al posto dell’articolo, un tema in 140/280 caratteri alla Twitter o un simil post di Facebook e Instagram con mezzo voto in più per ogni hashtag inserito?
Tornando al ruolo che la scuola dovrebbe avere nel formare i futuri cittadini-adulti, a ogni “evoluzione” cui assistiamo da mezzo secolo in qua si nota un costante appiattimento della grande cultura che in particolar modo la nostra bella Italia (anche quando non si chiamava così) ha garantito nei secoli passati. Invece di pretendere maggiore impegno da parte delle giovani generazioni, si semplificano i percorsi di studio perché ritenuti troppo difficili o non più al passo con i tempi. Eppure grazie agli smartphone che ci fanno risparmiare tempo nel comunicare, fare la spesa, ascoltare musica… tutti questi giovani avrebbero veramente molto più tempo libero, quindi anche per studiare.
Piccola considerazione storica: il terrificante buio medievale vissuto dall’umanità quantomeno occidentale è stato superato grazie a un tal Carlo Magno, alla Scolastica, ai benedettini che diffondendo il più possibile con rigore – e non semplificando – la grande cultura greco-romana hanno prodotto quella straordinaria conseguenza che ricade sotto i nomi di Umanesimo e Rinascimento, fucine ineguagliabili di arti e mestieri, di scienza e bellezza.
Nonostante oggi si parli tanto di robot, intelligenza artificiale, connessioni in 5G, algoritmi e big data, quelle poche persone che governano il mondo stanno costruendo anche e soprattutto le catacombe della creatività umana. E tutti noi siamo loro complici nell’accettarlo e nel dargli in pasto la migliore gioventù.
Può un rinascimento moderno italiano basato sulla cultura partire da Milano? Non può, deve. Magari facendo tanto nelle scuole pubbliche che in quelle private programmi ad hoc (se la legge lo permettesse) stilati insieme a quelle menti di formazione e passione classico-umanistica che sono ancora sparse (magari prima che scompaiano tutte…) lungo la Penisola.
È solo avendo padronanza del “vecchio” pensiero analogico con cui naturalmente funzioniamo, possiamo sfruttare e non subire quello “innovativo” digitale.
Altrimenti le giornate non saranno 5 o 7, ma una, una soltanto: cioè uguale alla precedente e a quella successiva, inesorabilmente appiattita per un MedioEvo senz’altro moderno, smart e social, ma di un buio mai visto prima e colorito solo da un po’ di Spritz…
“Se i così detti potenti della Terra avessero consuetudine di frequentare il grande tempio della Storia, il mondo sarebbe meno intriso di sangue, meno bagnato di lacrime. È un tempio grande più di quello egizio, frequentato dal greco Solone. È il tempio sconfinato che nelle sue dimensioni celesti Dante poté contemplare: ‘miro e angelico templo / che solo amore e luce ha per confine’ (Par. XXVIII, 53-54)”.
Citazione tratta dalla “Premessa quasi moralistica ma non troppo” nel volume La favola dell’indoeuropeo (2005, Bruno Mondadori) di Giovanni Semerano.
FLAVIO INCARBONE
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