Porta Nuova non si ferma. Se avevate pensato che la riqualificazione di questa immensa area della città, con i suoi quasi 300.000 mq di superficie, avrebbe raggiunto con l’apertura del parco la sua fisionomia definitiva, vi sbagliavate di grosso. E io con voi.
Sappiamo tutti che la creazione di Porta Nuova è stata un’operazione immobiliare mastodontica da oltre due miliardi di euro, che ha dato origine al cantiere più grande d’Europa e a oltre venti nuovi edifici, molti dei quali si sono affermati come le principali icone architettoniche di Milano: la Torre Unicredit, il più alto grattacielo in Italia, la Torre Solaria, più alto grattacielo residenziale del Paese, il Bosco Verticale, giudicato il più bel grattacielo del mondo, e la Torre Diamante, vincendo nel suo complesso anche il MIPIM Awards 2018 come Best Urban Regeneration Project. Oramai il masterplan originario è stato quasi completamente realizzato, anche se mancano ancora alcuni importanti tasselli che dovrebbero essere completati entro i prossimi 3 anni.
Chi comanda a Porta Nuova
I protagonisti di questa trasformazione sono stati i fondi di investimento e gli attori del settore finanziario-immobiliare, a dimostrazione di una crescita esponenziale di attrattività nella nostra città per i capitali esteri che affluiscono in Italia ormai in maniera stabile. Basti pensare che Milano è al 15esimo posto nel mondo tra le città più interessanti per il Real Estate, quinta – secondo le valutazioni del colosso USA Hines – nella classifica europea preceduta da Londra, Parigi, Berlino e Dublino.
Come è noto, tutto il progetto del è stato realizzato da Hines – Coima, che poi lo ha venduto in blocco al fondo Qatar Investment Authority (Qia). La quota che invece era in capo all’ex Fondiaria di Salvatore Ligresti, fallita ufficialmente nel 2012, è stata rilevata dal gruppo UnipolSai, ora impegnato nella valorizzazione dell’immenso e disordinato patrimonio lasciato dai Ligresti fra cui si distingue anche la torre Galfa, lo storico grattacielo di Milano progettato negli anni Cinquanta da Melchiorre Bega e poi rimasto nel più completo abbandono, che sta rinascendo come un hotel di lusso business oriented e residenze, di lusso pure quelle, da destinare all’affitto.
Questi stessi attori sono anche i protagonisti della seconda fase nell’espansione di Porta Nuova, che coinvolge ora le aree limitrofe, in particolare la zona di Corso Como e quella ben più estesa di Gioia/Pirelli. Di fatto si sta realizzando quel famigerato Centro Direzionale, agognato fin dai lontani anni Cinquanta, il cui fallimento aveva condannato queste aree all’immobilismo e ad un vuoto urbano vertiginoso. E la strada è tutta in salita.
Mi capita ancora spesso di incontrare persone che mi parlano con nostalgia del Luna Park delle Varesine, parte della memoria storica di un’intera generazione. Ora le promesse disattese, direi fortunatamente, di quell’epoca prendono nuovo slancio attraverso grattacieli che si innalzano verso il cielo, riempiendo quei vuoti o anche solo restituendo nuova vita alle vecchie architetture malmesse. Con un minimo denominatore comune: la sostenibilità. Dal punto di vista ambientale ovviamente, con la costruzione di nuovi edifici o il riposizionamento di edifici storici in chiave di efficienza e sostenibilità energetica, ma anche intesa come salubrità per le persone che vi abiteranno, dall’aria alla luce, dall’acqua al suono. E nascono proprio qui i due progetti che si candidano ad ottenere le più recenti certificazioni internazionali che definiscono gli standard per le architetture più performanti.
Ma come sta cambiando, di nuovo, il volto di questa zona della città?
Il nido verticale
Nel cuore storico di Porta Nuova i piani immobiliari del gruppo UnipolSai, impegnato nella valorizzazione dell’immenso e disordinato patrimonio ereditato dall’ex Fondiaria di Salvatore Ligresti, sono un po’ in affanno. In ritardo di tre anni la realizzazione del Nido Verticale firmato da Mario Cucinella, che sarà pronta nel 2021 invece che nel 2018, come previsto inizialmente. I lavori sono in corso e stanno arrivando a livello strada, ma una volta ultimati ridisegneranno in misura significativa lo skyline dell’intera area.
L’edificio a forma ellittica tutto realizzato in legno e vetro (23 piani fuori terra per una superficie totale di 31mila metri quadrati) ospiterà una sala congressi di oltre duecento posti, gli uffici e all’ultimo piano uno sky restaurant nella serra-giardino panoramica con spazi per eventi pubblici e culturali, e punta alla sostenibilità. Il doppio involucro esterno sarà infatti in grado di isolare l’edificio in inverno e limitarne il surriscaldamento estivo, mentre il consumo di risorse dell’edificio sarà ridotto al minimo, grazie ai pannelli solari installati in punti strategici e ai sistemi di raccolta dell’acqua piovana integrati in fantastici elementi di design.
Il rasoio
Prima o poi arriverà a compimento anche il famigerato “Rasoio”, l’orribile e sfortunato edificio rimasto incompiuto a causa del fallimento del gruppo Ligresti, che dal 2010 deturpa il paesaggio con il suo invadente scheletro in via de Castillia 23. Questo, destinato ora a ospitare la nuova sede di UnipolSai Assicurazioni, è stato completamente riprogettato e orientato verso un’architettura più sostenibile, oltre che esteticamente più gradevole. Caratterizzato da una facciata prismatica che riflette la luce con un effetto cangiante, sarà rivestito da un grès porcellanato trattato con un materiale in grado di attivare un processo fotocatalitico “mangia smog”, che consentirà una riduzione di 36 chili di ossido di azoto all’anno equivalente, si stima, all’azione di oltre 120mila metri quadri di aree verdi (dato certificato dal Politecnico di Milano). Un film di silicio ad alte prestazioni posizionato in copertura sarà inoltre in grado di produrre l’energia richiesta, comportando una significativa riduzione di emissioni di CO2.
I nuovi edifici si inseriranno in un contesto molto dinamico caratterizzato dall’arrivo di Unicredit e degli headquarter di società tecnologiche come Samsung, Google, Microsoft , Amazon e da ultima Ibm, che ha affittato il Pavillion recentemente acquisito da Coima. A cercare spazi sono soprattutto grandi aziende, italiane e internazionali, che chiedono edifici non solo di qualità, ma anche flessibili e adatti alle nuove tipologie di lavoro smart, dotati di aree verdi e di elementi di comfort per i dipendenti, anche allo scopo di attrarre i giovani talenti più brillanti.
Corso Como Place
Nell’ultimo periodo Accenture starebbe puntando su Corso Como Place, in via Bonnet, l’ex sede Unilever che Coima sta riqualificando con finalità di locazione. Questo nuovo tassello, che vale 200 milioni di euro e dovrebbe essere completato entro il 2020, recupererà un isolato intero tra via Tocqueville e via Bonnet per oltre 22mila mq di superficie, e consentirà di ricucire le aree pubbliche attorno alla sede della Fondazione Feltrinelli e Microsoft House con corso Como e piazza Gae Aulenti. L’isolato include la torre anni ’50 di Francesco Diomede, Giuseppe e Carlo Rusconi Clerici di oltre 70 metri di altezza, alla quale verrà affiancato un edificio di oltre 4mila mq dedicato a commerciale e terziario, disegnando una piazza aperta e direttamente connessa a Corso Como e al quartiere di Porta Nuova.
Si parla dunque in questo caso di riqualificazione, benché sia previsto un significativo aumento dei volumi. Il complesso sarà il primo per uffici a Milano a ottenere tutta una serie di certificazioni internazionali che definiscono standard di sostenibilità degli edifici e di progettazione degli spazi studiati per il benessere psicofisico dei lavoratori.
The EDGE
Ma la fame di uffici a Milano sembra non conoscere sazietà. Di fronte alla Stazione Garibaldi il progetto Edge (Edifici Garibaldi Executive) è entrato nella fase dello sviluppo, con la promessa di essere pronto per maggio 2020. Al posto dell’unico blocco che costituiva l’ex hotel Executive, quello che fu il cuore del calcio mercato milanese, sorgeranno tre blocchi su dieci piani. Il punto di forza in questo caso saranno le aree esterne: 4.500 mq complessivi di cui 1.900 di verde, con una passerella che, da viale Sturzo, condurrà direttamente in via Tocqueville. Il progetto ha ricevuto il certificato Leed Platinum, che significa non solo un ridotto consumo energetico degli edifici, ma anche un basso impatto ambientale dei lavori di costruzione.
La città all’asta
Ma i cambiamenti più significativi avranno come teatro la zona di Gioia/Pirelli, dove si costruisce o ricostruisce tutto da zero. In via Pirelli 33, dove c’era un cantiere abbandonato da anni, sta nascendo un grattacielo residenziale di super lusso da 15 piani, con 110 serre sui balconi e terrazze, di proprietà della società China Investment (per il 70 per cento dell’imprenditore Xiadong Zhu e per il resto dell’ex assessore regionale ai Trasporti Maurizio Del Tenno). Del progetto è interessante soprattutto per il fatto che sia prevista anche la riqualificazione di tutti gli spazi aperti che circondano l’edificio, in particolare la piazza antistante l’edificio collocata lungo via Pirelli, trasformata in una zona esclusivamente pedonale e servita da aree verdi e spazi per la collettività.
Gioia 22
Nell’area attigua alla Biblioteca degli Alberi è invece a Coima a farla da padrona. Qui, al posto dell’ex torre Inps che è stata abbattuta, Coima sta realizzando l’edificio Gioia 22 per conto del fondo sovrano di Abu Dhabi (Abu Dhabi Investment Authority). Gioia 22 sarà caratterizzata da un’avveniristica architettura in vetro che, come un ventaglio, si aprirà verso l’alto, raggiungendo con i suoi 30 piani (una decina in più rispetto all’edificio preesistente) l’altezza di circa 120 metri. Sarà il primo edificio di queste dimensioni in Italia a rispettare lo standard Nzeb, vale a dire che il bilancio tra energia prodotta e consumata sarà vicino allo zero. La strategia energetica prevede l’integrazione in facciata di tremila i pannelli fotovoltaici che potrebbero soddisfare un fabbisogno energetico pari a quello di 306 abitazioni, l’utilizzo di illuminazione a Led controllata da sensori di luce diurna, e un sistema alimentato da acqua di falda sia per il riscaldamento sia per il raffrescamento, con un abbattimento significativo della produzione di inquinanti.
Gioia 20
Ma non si lavora solo per gli altri. In uno slancio di shopping compulsivo, Coima Sgr ha infatti messo le mani su buona parte dell’area che sta sull’angolo tra via Melchiorre Gioia e via Pirelli, come si evince facilmente anche dai nomi dei progetti in corso.
Proprio accanto a Goia 22, è in via di identificazione il progetto Gioia 20, all’incrocio tra Melchiorre Gioia, via Pirelli e via Sassetti, dove la società ha recentemente perfezionato il rogito per l’acquisto di due aree comunali e dei relativi diritti edificatori per complessivi 32.208 metri quadri e 78,9 milioni di euro di valore. La strategia prevede lo sviluppo entro il 2022 di due edifici di nuova generazione, per il design dei quali è in atto un concorso internazionale di progettazione a cui stanno partecipando studi di architettura da tutto il mondo.
I piani non sono ancora definitivi, e si suppone potrebbero evolvere in seguito al recentissimo acquisto da parte di Coima dell’ex sede Telecom, all’indirizzo di via Pirelli 35, anch’esso prevedibilmente oggetto di una sostanziale opera di riqualificazione. Facendo gli opportuni calcoli, complessivamente Coima ha avviato nuovi progetti di rigenerazione urbana nel quartiere Porta Nuova per oltre 700 milioni. Inutile specificare che neanche un filo d’erba pubblico è previsto in tutti questi piani.
Se si sommano invece tutti gli interventi – come fa sapere lo stesso dice Manfredi Catella, ceo di Coima Res – si evince che lo sviluppo di Porta Nuova sta praticamente raddoppiando da un punto di vista dimensionale. Sommando i due edifici di Unipol, la torre Gioia22, i diritti acquistati in Melchiorre Gioia al numero 20, e ancora l’edificio riqualificato da Generali in via della Liberazione, dove verrà probabilemten trasferita la sede dell’Inter, più i complessi residenziali di via Pirelli e di corso di Porta Nuova, si arriva a oltre 200mila metri quadri. Tutti, senza eccezioni, destinati a residenze di lusso e a uffici, che saranno saldamente nelle mani di fondi di investimento stranieri e società immobiliari. Non c’è trippa per milanesi dunque, i quali magari avranno più opportunità di lavoro, ma poi in ufficio dovranno arrivarci col jet.
Ma non finisce qui. Ora i fari del Real Estate puntano sull’asta del prossimo 29 marzo relativa al palazzo comunale di via Pirelli 39, un edificio che il Comune ha deciso di vendere in previsione del trasferimento dei suoi uffici allo Scalo Farini, e che fa gola a molti investitori italiani e internazionali per la posizione e le potenzialità di una riqualificazione. La base d’asta è di 87,5 milioni di euro, altri 18,6 milioni per i parcheggi antistanti che vengono concessi con diritto di superficie di 90 anni.
Venghino siori, venghino, la città è all’asta.
ROBERTA CACCIALUPI
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Il grattacielo più alto in Italia non è la Torre Pelli (UniCredit) ma il grattacielo Isozaki.
“Venghino siori, la città è all’asta”. Cioè? Dobbiamo essere contenti se Milano è all’asta e in mano a capitali esteri?…
qual è il problema? stiamo parlando di multinazionali con sede in italia che, al netto delle polemiche fiscali su google, investendo a milano portano infrastrutture, lavoro, turismo e indotto. Il problema nasce quando i capitali sono in fuga, che è ciò che sta accadendo al nostro paese di cui milano, in primis nel real estate, è un’ eccezione.
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