E’ curioso notare come il nome di uno quartieri che più spicca per eleganza nello scenario milanese derivi da un termine come bràida, lemma latino medievale di origine longobarda, ad indicare un campo suburbano tipico della Padana e coltivato a prato, un’ortaglia.
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Brera divenne ciò che è oggi sotto la dominazione austriaca (la prima, quella dal 1706 al 1796), periodo durante il quale vennero costruite e inaugurate istituzioni come l’Accademia di Belle Arti e la Biblioteca Nazionale Braidense.
Scienziati pazzi e madrine austriache
Brera deve moltissimo a Maria Teresa d’Austria, che adibì il Palazzo di Brera (eretto nel XVII Secolo come monastero gesuitico dall’architetto Richini) a centro culturale cittadino, che infatti oltre alla Biblioteca e all’Accademia ospita l’Osservatorio Astronomico, l’Istituto di Fisica Generale Applicata, l’Orto Botanico, la Pinacoteca e l’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere.
In alcuni di questi luoghi si è fatta la storia: ad esempio all’Osservatorio Astronomico, oggi gestito dall’INAF, dove oltre ad essere passato un mito della matematica come Lagrange, è soprattutto avvenuta l’osservazione dei (presunti) canali di Marte da parte di Giovanni Schiaparelli.
La scoperta, avvenuta nel 1877 e confutata solo nel 1971, aprì comunque la strada alle ipotesi sulla presenza di acqua allo stato liquido sulla superficie marziana, scenario poi confermato almeno per quanto riguarda il suo passato.
La Pinacoteca e i furti napoleonici
Il Palazzo di Brera è tuttora il centro nevralgico del quartiere. Ricostruito dopo i bombardamenti alleati del 1943, è da poco accompagnato dall’adiacente Palazzo Citterio a costituire la Grande Brera, ma l’edificio del Richini ha tantissimo da offrire anche da solo, partendo dalla statua di Napoleone Bonaparte come Marte pacificatore, un nome un programma.
L’opera è in realtà una replica in bronzo dell’originale in marmo bianco di Carrara, entrambe realizzate da Antonio Canova, e portata a Milano nel 1859 da Napoleone III.
Napoleone è qui raffigurato secondo i canoni estetici della Grecia Antica e ispirandosi a Marte, dio della lotta e della violenza, la cui bellezza faceva impallidire persino Apollo.
L’omaggio è altamente pertinente poiché la Pinacoteca di Brera iniziò ad arricchirsi di opere d’arte proprio grazie ai furti napoleonici, che fecero confluire lì molti dipinti trafugati un po’ in tutta Italia, oltre che alla sapiente guida di Andrea Appiani, artista assoluto e milanese doc, direttore della galleria a partire dal 1807.
Il nuovo centro del Fuorisalone
Oggi la Pinacoteca resta uno dei musei più visitati d’Italia: nel 2017 si è posizionato al 17° posto in Italia, 2° a Milano dietro al Cenacolo, con oltre 364.000 visite, guadagnando un 6% e 7 posizioni sull’anno precedente.
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Ma non di sole storia e cultura vive Brera: dal 2009 infatti è Design District del Fuorisalone, che si vanta di essere il più importante distretto di promozione del design in Italia, punto di riferimento internazionale, centro dello sviluppo creativo e commerciale di Milano. Nell’edizione 2017 ha conosciuto un passaggio di 250.000 visitatori e 300 brand in 6 giorni, ospitando l’esperimento del Tram Corallo.
Dalla tarte tatin al sushi
Brera non delude nemmeno quando il discorso si sposta al palato: superata la fase bohémien, il quartiere mantiene una sobria raffinatezza sia nell’etereo della sua atmosfera sia nel concreto dei suoi locali.
Innanzitutto è sede del Botinero, il locale di Javier Zanetti e Esteban Cambiasso, romantico soprattutto se si sta nel dehors. C’è poi la brasserie Pourquoi-Pas dove i gusti fini potranno deliziarsi con squisite tarte tatin, il bistrot Pisacco dello chef Andrea Berton per cene di classe o il Morso per mangiare hamburger fatti come si deve, oltre che il libanese Noor o il giapponese Kanji Light per chi è in cerca di sapori lontani.
Infine, i migliori cordiali si trovano al Tibi Bistrot Provençal e gli aperitivi più in abitano presso El Beverin, immersi in un ambiente d’altri tempi.
Brera non è sempre stata propriamente elegante, pur mantendendo una certa rutilanza: fino al 1958 era infatti sede di tre bordelli, ognuno diverso per caratteristiche e client policy.
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La metamorfosi delle piante
Per una fuga dalla vita cittadina, torniamo all’Orto Botanico, l’Hortus Botanicus Braidensis: 300 specie diverse su 5000 metri quadrati, abbandonato e recuperato nel 1998, ovviamente anch’esso figlio di Maria Teresa d’Austria.
Le sue aiuole sono state restaurate secondo il loro aspetto originario e oggi comprendono piante officinali, molte spermatofite del genere salvia e bulbi primaverili.
Da non perdere anche i glicini e la digitale purpurea, dal viola ricco di mistero e spiritualità, oltre alle due storiche ginkgo biloba, albero considerato un fossile vivente essendo antichissimo: le sue origini risalgono a 250 milioni di anni fa.
Il quartiere de La Vita Agra è quindi il posto giusto per immergersi in storie antiche, in habitat naturali o alla moda, e scoprire una Milano nascosta, pur essendo sotto agli occhi di tutti.
HARI DE MIRANDA
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