10 parole della lingua milanese intraducibili in italiano

Il dialetto e i suoi vocaboli trasmettono la vera milanesità e questa non può essere tradotta. Ecco le 10 parole milanesi intraducibili in italiano.

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Ph. I Barlafus (gruppo musicale)

Il meneghino e i suoi vocaboli trasmettono la vera milanesità: anche questa è una parola che non può essere tradotta. Ecco le 10 parole milanesi intraducibili in italiano. Foto cover: I Barlafus (gruppo musicale).

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10 parole della lingua milanese intraducibili in italiano

Il milanese è fantastico perché, per la sua natura di lingua del popolo, è diretto, sanguigno e carico di significati. Ci sono dei vocaboli infatti che da soli racchiudono un mondo di significati, di sentimenti e di sfumature. 

#1 PIRLA

Boldi- Faccia da pirla

Ue te se propri un pirla! Chi non ha mai sentito tale frase almeno una volta nella vita?Questo epiteto incarna la tipica caratteristica milanese di voler dire delle cose (anche pesanti) senza incorrere nel turpiloquio.

In origine la parola pirla significava “trottola”, poi nel tempo il significato si è spostato più verso l’accezione offensiva. Il suo diminutivo pirleta è un insulto un po’ più leggero ed è spesso usato per indicare un marito che si fa comandare dalla moglie. In questo caso probabilmente il significato iniziale della parola prende il sopravvento. Infatti chiamando un marito pirletta si sottolinea il fatto che la moglie lo fa girare come vuole.

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#2 SCIGHERA

La scighera è tipicamente la nebbia. La nebbia a Milano, ormai quasi scomparsa, non aveva però le caratteristiche delle nebbie presenti in altri luoghi. In passato era talmente presente nella vita di tutti i giorni dei milanesi che si sono creati nel tempo due vocaboli per indicarla. Il primo è appunto scighera, il secondo nebia. La differenza stava nello spessore della nebbia: scighera indicava una nebbia densa e spessa, nebia una leggera bruma.

E’ molto interessante scoprire la sua etimologia. Deriva infatti dal latino caecaria, parola collegata con il latino caecus (cieco). E’ quindi facile comprendere che per i lombardi la scighera sia qualcosa che acceca, che non ti fa vedere al di là del tuo naso.

#3 LIGERA

Ligera Amarcord

Esisteva un tempo in cui Milano aveva una sua microcriminalità locale, fatta di ladruncoli, piccoli rapinatori, ricettatori. Era una realtà talmente presente nella società che spesso si ritrova nelle canzoni milanesi, come Porta Romana o Ma Mi. Alcuni personaggi come Renato Vallanzasca, Francis Turatello, che facevano parte della ligera, sono entrati nella storia per le loro scorribande e sono diventati a tutti gli effetti banditi.

L’origine del nome è particolare e dibattuta. Vi sono infatti varie interpretazioni: la prima fa risalire il nome al fatto che i componenti delle bande agivano non armati, quindi “leggeri”. La seconda invece sostiene che gli orfani, i miserabili, i vagabondi che spesso ingrossavano le fila della ligera, indossavano indumenti leggeri rispetto alla media della popolazione. Altra teoria accosta il termine ligera alla leggerezza, poca gravità dei reati commessi. E’ infine molto probabile che il termine di origine gergale vada accostato ad espressioni come “essere della legge”, “appartenere al mondo dei marginali” e provenga quindi da legge con suffisso -era, tipico del gergo milanese.

#4 BALABIOTT

credit: laregione.ch

Un tempo era usuale sentirsi dire dai nonni: “Va là, balabiòtt!”. Non è esattamente un insulto ma nemmeno un complimentoPer comprendere il suo significato dobbiamo analizzare le due parole da cui è composto: balla e biotto, cioè balla nudo.

Ci sono due interpretazioni a tale epiteto: la prima vuole associare alla figura del danzatore nudo quella del matto. Fino alla riforma Basaglia infatti, negli anni ’60 i matti nel manicomio venivano lasciati nudi. Secondo questa ipotesi chi ti dava del balabiòtt ti dava quindi del fuori di testa. La seconda teoria narra che nel 1796, durante le fasi costituenti della Repubblica Cispadana venisse piantato in tutte le città liberate un albero della libertà, un palo addobbato con ghirlande e nastri sormontato da un cappello frigio. Sotto questi alberi la gente, nel cui novero si contavano specialmente scamiciati e straccioni seminudi, ballava a suon di musica. Da qui l’appellativo balabiott.

#5 MALNATT

Quatter amis, quatter malnatt, 

vegnu su insemma compagn di gatt

Giorgio Strehler, Ma mi.

Il termine malnatt è usato dai milanesi per indicare un personaggio poco raccomandabile. Letteralmente infatti significa “nato male”.

L’origine di tale epiteto risale però a Ludovico il Moro. Egli, pur essendo sposato con Beatrice D’Este, ebbe una serie infinita di amanti e di figli illegittimi. Tra questi Maddalena e Bianca Giovanna e Giovanni Paolo I Sforza. Il popolo iniziò malignamente a chiamare con l’appellativo “malnatt” tutti i figli illegittimi del signore trasformando il termine in un vero marchio ingiurioso. Facendo un salto in avanti nella storia troviamo un altro episodio curioso che riguarda tale termine. Nel 1848, all’epoca delle Cinque giornate di Milano vi erano due fazioni tra gli insurrezionisti: i mazziniani e i democratici di Cattaneo. Costoro vennero chiamati appunto “i malnatt” dai monarchici per essere colpevoli di essere sì rivoluzionari, ma dalla parte sbagliata.

#6 BARLAFÜS

Questa parola ha una origine metà germanica e metà latina. E’ formata da barna che era la piastrina forata dentro la quale si infilava la punta del fuso (fusus in latino) perché questo stesse fisso al suo posto durante la filatura. Il barlafus quindi era un arnese molto povero e modesto, il che spiega perché in seguito ogni utensile di poco conto fosse chiamato così. Nei secoli il termine è stato usato anche riferito alle persone, con l’accezione di persona modesta e sempliciotta.

#7 BAUSCIA

Credits: Facebook – Sncci Lombardia

Questo termine dialettale indicava nel secolo scorso una persona particolare a metà strada tra un Cicerone e un poco di buono che aiutava i forestieri nella ricerca delle botteghe e artigiani in cambio di denaro. I bauscia erano infatti disposti nei confini delle città per poter abbordare turisti e far loro da guida. Gianni Brera, all’inizio degli anni Sessanta in ambito sportivo calcistico durante i derby di Milano iniziò a parlare dei bauscia neroazzurri, cioè i tifosi del Inter (appartenenti alla media e grande borghesia meneghina) che si contrapponevano ai casciavid rossoneri, cioè i tifosi del Milan che provenivano solitamente dagli strati più bassi della popolazione, come gli operai (da qui infatti cacciavite).

Negli anni tale parola si è trasformata parallelamente alla crescita della piccola impresa e all’industrializzazione e ha assunto in senso ironico il significato di piccolo imprenditore poco aperto alle innovazioni, che non ama collaborare e condividere. Tipicamente vuole decidere ed intervenire anche laddove non ha competenza. Tino Scotti, celebre attore e cabarettista milanese, contribuì alla diffusione dell’immagine del bauscia milanese con la sua partecipazione allo spot dei confetti Falqui. Egli interpretava infatti un vero e proprio bauscia doc con modi eleganti e affettati e con vocabolario ricercato. A lui si deve lo sdoganamento della frase “ghe pensi mi, che era il tormentone dei suoi spettacoli.

#8 GANDULA

Il termine gandula è spesso associato a pirla o a ciula, indicando così una persona poco sveglia e intelligente. Il gandulin è il nocciolino delle ciliegie o delle olive. Da qui si comprende come l’offesa sia collegata alla piccolezza intellettiva di una persona. Uno dei detti più famosi milanesi è infatti : “grand, gros e ciula, piscinin e gandula” (cioè grande grosso e ciula, piccolino e stupidotto).

#9 CUMENDA

fotogramma del film Il secondo tragico Fantozzi

Questo termine è strettamente legato alla parola bauscia di cui abbiamo detto sopra. Il bauscia, nella sua evoluzione verso la figura dell’imprenditore altero, attento solo al guadagno e ai dané e poco incline ai rapporti con gli altri, diventa a tutti gli effetti un cumenda. Il cabarettista Ugo Bologna, a partire dagli anni Settanta e i primi anni Ottanta diventa il cumenda principale della commedia italiana. Celeberrime sono le sue interpretazioni nei vari film dell’epoca come Sapore di mare, del 1983, dove diventa noto come il commendator Carraro, padre dei due fratelli interpretati da Jerry Calà e Christian De Sica.

#10 PECOLA

Quando ero piccola e tentavo di simulare malesseri o febbre per saltare la scuola, mia nonna mi diceva sempre: “ma va, tu hai la febbre della pecola, ovvero la pell del cū che se scola. E’ evidente che tale parola indichi un mix di pigrizia, svogliatezza, insomma di voglia di far niente che come ben sappiamo mal si addice al milanese doc

Continua la lettura con: Le 10 PAROLE che fanno più RIDERE del milanese

GIULIA PICCININI

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Giulia Piccinini
Ho 38 anni, due figli, sono nata e cresciuta a Milano. Laureata in filosofia, insegnante. Da sempre curiosa di Milano, delle sue storie e delle sue curiosità. Amo girare la mia città continuando a scoprire le sue meraviglie.

4 COMMENTI

  1. Non ho trovato il termine “Ruzza-nivol” credo che sia uno dei più fantastici ed icastici termini nati dal genio meneghino.

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