Acqua alle corde!

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Nel Cinquecento venne innalzato l’obelisco egizio di 25 metri in piazza San Pietro.

Per alzare le trecentocinquanta tonnellate furono necessari ottocento uomini e centoquaranta cavalli. C’era una gran folla assiepata a guardare lo spettacolo e per rendere comprensibili gli ordini durante la manovra Papa Sisto V ordinò la pena di morte per chiunque avesse fiatato. A questo scopo venne montato un patibolo con una forca nella piazza e un boia pronto all’azione.

A operazione quasi terminata un marinaio di Sanremo vide che alcune corde si erano surriscaldate e stavano iniziando a prendere fuoco: si mise a gridare “Dare l’aiga a le Corde”, bagnate le corde!, bagnate le corde!, e in questo modo salvò l’obelisco.

Le guardie lo arrestarono ma venne graziato e ricompensato con una pensione e alcuni privilegi, perché il suo intervento era stato provvidenziale anche se aveva trasgredito in maniera evidente la regola stabilita dall’autorità.

Questo episodio ci fa porre una questione fondamentale all’interno della società: se un cittadino si rende conto che una regola imposta dallo Stato è sbagliata e crea più danni dei benefici che vuole produrre, è giusto comunque ubbidire allo Stato oppure no?

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