Partire è un po’ morire. Figurati chiudere, tirare giù la cler, cume se dis a Milan, dopo quasi tre secoli di onorato servizio.
Addio TRATTORIA MADONNINA: i ricordi della PRIMA VOLTA
Se ne va così in punta di piedi la Trattoria Madonnina, ma non mi pare vero. Sento ancora il bocca e nel cuore il sapore e lo spirito delle sue tovaglie a quadri, del glicine e del cortile esterno che è (che era) una meraviglia. Ricordo poco tempo fa l’ultimo pranzo, su quei tavoloni, il diffuso chiacchiericcio in sala e la magnifica assenza in menu di piatti moderni, reinventati, fusion.
Risotti e cotolette a farla da padrone, si mangiava e si godeva di quello che si mangiava. Si stava e si godeva del tempo che si passava in quei locali che trasudavano storia e verace umanità. Si usciva poi sazi e col sorriso sulle labbra. E con la voglia di tornare al più presto. Di buoni ristoranti è pieno il mondo. Ma di trattorie come la Madonnina ne esistono ben poche.
E come in tutti gli addii che si rispettino arriva il momento delle foto o dei filmati che hanno immortalato chi non c’è più. In questo caso c’è una recensione, uno scritto, un appunto di cronaca gastronomica che risale ai primi anni del secondo millennio. E’ il racconto della nostra prima volta.
Trattoria Madonnina addio, ci piace ricordarti così…
# La prima volta, 20 anni fa
“Il glicine, il risotto, la foto in bianco e nero. La vecchia Milano non c’è più, appartiene al passato. I tentativi di farla rivivere molto spesso suscitano il medesimo effetto che si prova guardando una fotografia sbiadita: rammarico, tristezza e delusione.
Esistono tuttavia, e per fortuna, una manciata di realtà che hanno ancora una dimensione umana, vecchia si direbbe. Ma incredibilmente affascinante. Caratteristiche comuni? Ritmi un po’ più lenti, dimensione limitata, gestione pseudofamiliare, aria popolare e una cucina che distilla sapori milanesi-lombardi, sempre in bilico tra il rilancio e l’estinzione.
Un esempio, la Trattoria Madonnina. Tovaglie a quadrettoni bianchi e rossi, arredi appena accennati, che richiamano quelli della taverna di un tempo trapassato. Il locale ha infatti oltre duecento anni di storia. Era noto come l’osteria de la Madunina, vicino al fupun del Gentilin, ovvero il camposanto per gli appestati senza identità. A far da guardia e a ricordare la presenza divina agli avventori – tutt’altro che religiosi – è sopravvissuto un dipinto, autore ignoto, raffigurante appunto una Madonna. Da qui il nome.
La cucina di oggi ripropone i piatti della tradizione, ad un livello nettamente superiore ad una sopravvivenda bettola, ma forse al di sotto quello di un ristorante chic. Questa scelta di status intermedio è rischiosa, significa andare controcorrente. Soprattutto in un’epoca dove è diventato fondamentale il calcolo delle calorie, la ricerca spasmodica di piatti ad effetto e altisonanti, che gratificano il palato senza aumentare il girovita. Evidentemente la scommessa è stata vinta, in quanto alla Madonnina troviamo ancora tutti i classici meneghini. In ordine sparso all’appello rispondono i ossbüs, el risott giald, la cassoeula, la cotoletta, la büsecca, il lesso con la salsa verde, il merluzzo con polenta, il cotechino e lenticchie, il brasato, il vitello tonnato, gli asparagi cunt i öv in cereghin. Altro? Un cortile di ringhiera, uno splendido glicine a far da contorno, un campo di bocce che non c’è più, ogni tanto una fisarmonica che suona e un’atmosfera romanticamente evanescente, simpaticamente vera, intimamente in bianco e nero.
Milano aprile 2004”
Continua la lettura con: Chiude la Trattoria Madonnina, la più antica di Milano
STEFANO CORRADA
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