Il cibo, un fattore che caratterizza al contempo la storia e la tradizione d’Italia, così come ogni città internazionale che si rispetti. Abbiamo deciso di pubblicare una serie di interviste a grandi chef che hanno scelto Milano e che ogni giorno contribuiscono a renderla grande.
Andrea Aprea, Campania
Ristorante: Vun Andrea Aprea
Ad agosto Andrea Aprea ha festeggiato i suoi 7 anni dall’arrivo a Milano. Una traversata affascinante e rischiosa da “Il Comandante” – soprannome dell’armatore Achille Lauro la cui società occupava il palazzo affacciato sul golfo di Napoli dove oggi sorgono l’hotel Romeo e il suo ristorante – al Park Hyatt e al ristorante “Vun Andrea Aprea”. Un’avventura che fino a oggi lo ha portato a incorniciare ben 2 Stelle Michelin. Una scelta professionale ma anche di vita.
“Milano è una città che se sbagli non ti perdona – spiega lo chef – se non costruisci bene giorno per giorno, curando ogni dettaglio, dalle infinite possibilità che ti dà arriva anche a fornirti il ben servito senza possibilità di appello. Oggi le cose vanno molto bene qui al Vun, ma la sfida che il Park Hyatt ha lanciato tanti anni fa è stata davvero impegnativa. Il ristorante in un hotel non era ‘normale’, ma oggi insieme a tanti turisti da noi arrivano anche moltissimi milanesi, segno che siamo riusciti nel nostro intento. Essere un luogo di Milano, per Milano”.
Com’era la Milano che Andrea Aprea ha incontrato 7 anni fa?
“Nella percezione era già più avanti della media italiana, lo dico da napoletano orgoglioso di esserlo, sotto tanti punti di vista, dalla burocrazia ai tempi brevi per concretizzare un’idea. Allora c’erano senz’altro meno ristoranti. Qui intorno all’hotel, in particolare, non esisteva neanche un locale, c’era solo il tabaccaio che a una certa ora chiudeva e di sera quando uscivi dal lavoro non incontravi nessuno. Anno per anno ho visto un cambiamento di una città sempre più bella, sempre più a favore dei cittadini, sempre più animata”.
Lo chef Aprea è campano ma c’è qualcuno in casa che è milanese a tutti gli effetti…
“Sì è vero, mia figlia è nata qui e anche il prossimo figlio nascerà qui. Ho forti legami affettivi con Milano anche per questo. È una città a misura d’uomo, che ti offre la possibilità di prendere un aereo in mezzora e partire per ogni destinazione, di andare al cinema o a teatro, oppure con l’auto di raggiungere la montagna o il mare in una o due ore al massimo, in un’ora e 40 sei a Firenze in treno… La posizione insomma è perfetta.
Ma non è solo questo: anni fa non c’erano così tanti turisti, anche per esempio dalla Svizzera o dall’Austria. Prima c’era essenzialmente un business monday to friday, ora c’è tanto turismo in più anche nel fine settimana. E in questo Expo 2015 è stata molto importante”.
Già Expo… cosa ha rappresentato?
“Col senno di poi possiamo dire che il pensiero prima di Expo era che la città si sarebbe riempita. Invece abbiamo vissuto l’evento solo collateralmente: la gente andava principalmente in fiera, molti meno in città, ma sicuramente Milano ha beneficiato dell’immagine positiva uscita grazie a Expo e che stiamo raccogliendo ancora oggi”.
C’è pericolo che Milano possa rallentare.
“Penso che a tutti i livelli non bisogna mai fermarsi, dobbiamo crescere certamente e guai a fermarsi. Probabilmente dobbiamo anche lavorare a trasmettere ancor più l’energia e la mentalità di questa città al resto d’Italia. È ancora troppo diffuso un pensiero collettivo degli anni ’80, di tanta gente che non viaggia e che dice ‘che vai a fare a Milano che c’è la nebbia…’, quando la nebbia qui non c’è più da 20 anni, sicuramente da quando ci sono venuto a vivere. Sembra una battuta ma in realtà non lo è, c’è tanta troppa gente che la pensa così. Quindi bisogna continuare a promuovere la nuova, bella, stimolante identità di Milano perché sia un esempio per l’intero Paese”.
Cosa cambieresti o ti piace di più di Milano?
“Bella domanda… Milano è bella perché è così, con i suoi navigli, Brera, il verde, il classico col moderno che si fondono. Oggi, dopo tanti anni, sento mia questa città, ci sto bene, mi sento a casa – non che Napoli non lo sia – ma qui posso andare in bicicletta senza problemi, arrivare in centro a piedi, girare senza particolari pericoli”.
Uno dei momenti più emozionanti al lavoro al Vun?
“Quando Michelle Obama è venuta a Milano proprio per l’Expo, ha alloggiato qui al Park Hyatt e ha mangiato al Vun. Come professionista a tutti i clienti do il massimo dell’attenzione, ma certamente la signora Obama era sempre la First Lady…”.
Da “neo-milanese” che effetto ti fa tornare a Napoli?
“È sempre la mia città, ho lì la mia famiglia, gli amici, ci passo bellissimi momenti. È ovvio che sono due realtà totalmente diverse: Napoli colorata e casinista, Milano più a misura d’uomo e silenziosa. Ma non voglio fare paragoni, ognuna ha le sue belle peculiarità. Io ho scelto di vivere qui, visto che sono più razionale e quindi a Milano mi trovo bene essendo più ‘quadrata’. Tanti mi dicono di tornare, ma per ora sto bene qui e penso ancora di rimanerci per un bel po’ di tempo. Certo mai dire mai, ma è un altro discorso”.
Un piatto che consigli ai tuoi ospiti?
“Per restare in tema, sicuramente la gallinella Milano-Napoli, dedicata alle mie due città”.
C’è in menù un piatto ispirato a Milano?
“Certo il risotto alla milanese, con ossobuco di rana pescatrice, liquirizia e arancia”.
FLAVIO INCARBONE
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