Il cibo, un fattore che caratterizza al contempo la storia e la tradizione d’Italia, così come ogni città internazionale che si rispetti. Abbiamo deciso di pubblicare una serie di interviste a grandi chef che hanno scelto Milano e che ogni giorno contribuiscono a renderla grande.
La prima intervista -> Wicky Priyan: “A Milano dico: è tempo di fare, ma c’è bisogno di più persone con grande cuore”
Andrea Berton, Friuli Venezia Giulia
Ristorante: Berton
Ci vuole grande intuizione (saper leggere l’azione nella forma prima che si sia manifestata nella sostanza) per aprire un ristorante in un enorme cantiere, tra gru, operai, ruspe e come marciapiedi tavole di legno. “C’è mancato solo che i primi clienti dovessero mettersi il caschetto prima di entrare”, ricorda sorridendo lo chef Andrea Berton. È il 2013, infatti, quando il ristorante stellato che porta il suo cognome apre i battenti, in via Mike Bongiorno, nel pieno della zona di Porta Nuova con inaugurata da pochi mesi giusto piazza Gae Aulenti. Non ci sono il Bosco Verticale, l’Auditorium, il ponte che collega le due aree divise da via Melchiorre Gioia e praticamente tutto il resto…
Oggi siamo seduti al tavolo nella saletta privata nel suo ristorante. Gli ospiti entrano passando dalla sala principale mentre lui arriva da un varco che si apre quasi magicamente da una parete collegata direttamente al suo regno, la cucina. Al suo interno c’è addirittura un altro tavolo esclusivo solo per due persone, posizionato proprio di fronte alla brigata diretta dal suo maestro. Il menu in questo caso lo decide direttamente Andrea Berton. Per tutti gli altri c’è una gustosissima carta fatta di “piatti moderni” – come ama chiamarli – con una valorizzazione degli ingredienti di base e la rivelazione di alcuni ingredienti poco conosciuti. Il tutto frutto di anni di esperienza all’inizio da Mossiman’s a Londra e all’Enoteca Pinchiorri a Firenze, poi al fianco di chef come Gualtiero Marchesi e Alain Ducasse.
Perché ha aperto a Milano e, in particolare, in questo luogo quando ancora c’erano i marciapiedi da fare?
“Dopo l’esperienza Trussardi (2005-2011, ottenendo due stelle Michelin, tre Forchette Gambero Rosso e tre Cappelli Guida L’Espresso, n.d.r.) potevo andare a Dubai e in altre parti del mondo. Avevo offerte molto importanti, ma ho scelto Milano perché credevo in questa città, sentivo che poteva darmi tanto e io potevo dare il mio contributo. Partendo da zero in sei anni sono arrivato a dare lavoro oggi a 120 persone.
Non abito lontano da qui e quando questa zona era ancora tutta un cantiere mi recavo in piazza della Scala in bici o in scooter. Mentre vedevo innalzarsi le gru e crescere i palazzi, pian piano dentro di me è maturata l’idea che mi sarebbe piaciuto fare qui il mio nuovo ristorante… Volevo un posto che non avesse nessun collegamento col passato, volevo una novità assoluta. Tanti mi dicevano che ero pazzo ad aprire lì, che non era il posto giusto o comunque fosse rischiosissimo. Devo dire che anche l’investimento è stato grande. Ma nonostante le passerelle lungo il cantiere per entrare nel ristorante, abbiamo lavorato bene fin dall’inizio e oggi ci troviamo dopo 5 anni nel nuovo centro di Milano, all’interno di un complesso frutto di una delle migliori operazioni negli ultimi anni in tutta Europa… Quando arrivo qui la mattina, a volte in bici altre a piedi, sto bene. È un posto ideale per lavorare, vivere e passeggiare”.
Il suo amore per Milano è iniziato però tanti anni prima…
“Una volta terminati gli studi sono arrivato qui: Milano era già considerata in qualche modo la capitale d’Italia. Leggevo e sentivo che qui nascevano idee nuove, c’era business. E poi c’era anche Marchesi. Impossibile resistere alle due cose unite insieme”.
Milano ieri e oggi, come la trova?
“Ai tempi era diversa rispetto a oggi, che è molto differente rispetto anche a 10 anni fa. Milano è cambiata molto e per fortuna in modo positivo. Le tante cose che non vanno in Italia qui funzionano: è dinamica, produttiva, ci sono zone più classiche che si uniscono recuperate o del tutto moderne. Dobbiamo parlarne, perché è un esempio da seguire. In passato è stata a volte criticata, forse non è stata gestita al meglio, magari trascurata. Sicuramente posso dire che quando torno a Milano da un viaggio è un vero piacere ritrovarla, 20 anni fa non era così.
Anche nel mio settore c’è grande fermento, che la rende una delle città più interessanti in Europa. Fino a pochi anni fa gli esempi da seguire erano Barcellona, Madrid, Parigi, Berlino… Oggi si viene a Milano. Pensiamo anche a livello di tecnologia: Google, Amazon, Samsung, presto Apple e tanti altri ancora: tutti vedono una crescita in questa città. Le istituzioni funzionano, i servizi anche e sta migliorando ogni area, non solo il centro.
Insomma, Milano è una città che se fai tanto e bene ti aiuta, altrimenti ti annienta. Ma questo è un rischio che è bello correre perché significa che si possono raggiungere grandi traguardi”.
Andrea Berton nel 2015 è stato nominato Ambasciatore EXPO. A partire anche da quel successo, c’è il rischio che Milano possa sedersi sugli allori?
“Non credo sia possibile, perché vedo che anche quando possono esserci dei momenti di calo si cerca subito di capire dove sono i problemi facendo in modo di evitare crisi. C’è un’autocritica costruttiva molto diffusa, sicuramente posso farla a ragione nel mio mondo settore”.
C’è qualcosa che cambierebbe oggi di questa città?
“Accorcerei i tempi così lunghi degli interventi sulle strade, sui cantieri della metro, etc… Certo non dipendono tutti da Milano e sono forse più legati alla burocrazia italiana”.
E qualcosa che non cambierebbe?
“Milano oggi è una città che sotto il profilo del benessere, dello star bene, del lavoro ti dà tante opportunità se sei capace di coglierle. Quindi dobbiamo preservare e difendere questo stato”.
Oltre al ristorante Berton di Milano, Andrea Berton ha all’attivo in città Pisacco e i due locali Dry. A Torno, sul Lago di Como, ha aperto il ristorante Berton al Lago all’interno dell’Hotel Il Sereno, dove lo scorso novembre ha ottenuto una stella Michelin.
IL PIATTO MILANESE: Brodo di cicale di mare e ravioli aglio, olio e peperoncino
Per Andrea Berton il piatto che meglio rappresenta quello che oggi è Milano sono i suoi ravioli aglio, olio e peperoncino con brodo di cicala di mare. Il brodo non va unito ai ravioli, ma bevuto, un po’ come la caratteristica zuppa pavese. Un binomio che rappresenta la classicità e la modernità della città.
FLAVIO INCARBONE
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