E’ stata una delle intellettuali più incisive e al tempo stesso dimenticate del secolo scorso, una poetessa capace di gettare sui fogli di carta tutto l’amore e il sapere per il bello, per la profondità dell’animo umano.
ANTONIA POZZI: la POETESSA negli ABISSI dell’ANIMO UMANO
# “Amore di lontananza”, una delle sue poesie più intense
“Ricordo che, quand’ero nella casa di mia mamma, in mezzo alla pianura, avevo una finestra che guardava sui prati (…) Verso sera fissavo l’orizzonte; socchiudevo un po’ gli occhi; accarezzavo i contorni e i colori tra le ciglia: e la striscia dei colli si spianava, tremula, azzurra; a me pareva il mare e mi piaceva più del mare vero“.
Questi sono alcuni versi della poesia “Amore di lontananza”, scritta da Antonia Pozzi il 24 aprile 1929. Allora era un’adolescente con gli occhi spalancati sul mondo, con questi versi riuscì ad esprimere tutta la genialità nel rendere plastici i propri pensieri e le proprie fantasie. Usando le parole come i colori di una tavolozza, la penna come un pennello, creando con i versi immagini colorate.
# La poetessa amante del bello, della profondità dell’animo umano
Antonia Pozzi è stata una delle intellettuali più incisive e al tempo stesso dimenticate del secolo scorso, una poetessa capace di gettare sui fogli di carta tutto l’amore e il sapere per il bello, per la profondità dell’animo umano. La parola “Amore”, espressa o tacita, è stata una costante della sua breve vita. Amore per la cultura, per i sogni, per la montagna, per la natura e per quell’uomo, più grande di lei, il professore di latino e greco del liceo, che rapì l’attenzione e il cuore di Antonia, con la dedizione all’insegnamento e l’approfondimento culturale.
Fu più amore intellettuale che attrazione fisica. Ma pur sempre amore, soffocato dai divieti dei genitori, che non accettarono quella relazione tra l’insegnate e la loro figlia.
# La sua giovinezza tra cultura e impegno sociale
Antonia Pozzi nasce a Milano il 13 febbraio 1912, cresce in zona San Babila, in un ambiente famigliare dotato di vasta cultura. Il padre, Roberto, era avvocato, la madre, Lina, aveva il titolo di contessa e apparteneva ai nobili Cavagna Sangiuliani di Gualdana. A cinque anni, quella che diventerà una delle maggiori poetesse del ‘900, va già a scuola, finendo le elementari alla “Fratelli Ruffini”, nell’omonima via, non distante dal Castello Sforzesco. Al Liceo va al “Manzoni” e a diciotto anni si iscrive a Lettere e Filosofia.
La sua giovinezza è un moto di passioni, che vanno dalla cultura alla montagna, dalla fotografia alle lingue, dai viaggi alla bicicletta. E’ una bella ragazza, bionda, esile ma energica, che scrive poesie, come necessaria traduzione delle proprie emozioni in versi. Poi Antonia si occupa dei deboli, il suo impegno sociale la porta a descrivere il mondo attraverso gli occhi degli ultimi. E’ considerata una delle intellettuali che più hanno saputo anticipare i tempi, le sue poesie sono centrate sui grandi temi dell’esistenza e sul rapporto tra l’uomo e il mondo che lo circonda.
# Il suicidio sulla neve a 26 anni
La sera del 3 dicembre 1938 raggiunge l’Abbazia di Chiaravalle, ingerisce dei barbiturici e si corica sulla neve, dove morirà. I soliti interrogativi della gente, quando una giovane vita decide di eliminarsi: “Il male di vivere?“, “Lo strazio per l’amore soffocato dai genitori per il professore del liceo?“, “il sentore dell’arrivo del periodo più buio del fascismo?“.
Domande senza risposta. Anche perchè l’anima di Antonia era davvero troppo complicata per trarre un “perchè” da un gesto, probabilmente, più liberatorio che disperato. La regista milanese Marina Spada, nel 2009, gira “Poesia che mi guardi”, un film documentario considerato una testimonianza efficace della figura di Antonia Pozzi.
FABIO BUFFA
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