Da dopo la pandemia la pausa pranzo fuori non va più di moda. I ristoratori si lamentano del calo degli incassi mentre i clienti lamentano un sensibile incremento dei prezzi.
BAR e RISTORANTI di Milano: “NON si GUADAGNA più come prima. “SÌ, perché MANGIARE FUORI è TROPPO CARO”
# La pausa pranzo fuori non va più di moda
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La pausa pranzo fuori non va più di moda. Sono ormai solo un lontano ricordo i tempi in cui i locali si riempivano di lavoratori che, attorno alle 13:00, si sedevano a consumare un pasto veloce ai tavoli di bar, pub e ristoranti nei pressi delle aziende o degli uffici. Un cambiamento dovuto in prevalenza ai lockdown imposti durante la pandemia, che aveva cambiato temporaneamente le abitudini della maggior parte dei cittadini costretti in smart working a casa e di conseguenza a rimanere tra le mura domestiche anche a mangiare. Una tendenza che non è cambiata più di tanto nemmeno dopo molti mesi dalla caduta delle restrizioni, vista anche la possibilità data dallE aziende di lavorare due o tre giorni della settimana da casa.
# Scontrini più bassi e meno pasti consumati
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Il quotidiano Repubblica ha intervistato alcuni titolari di attività di ristorazione che testimoniano il calo degli incassi.
Enrico Fontanelli, titolare del Giglio Rosso di fianco alla Stazione Centrale: “È lo smart working ad averci penalizzati. Prima avevamo molti clienti che venivano per incontri di lavoro. Ora si fa tutto online e le persone di passaggio per lavoro sono molto calate. Di conseguenza non guadagniamo più come un tempo“.
La titolare del Lux Bar lamenta anche l’abbassamento del consumo medio per scontrino: “I clienti tendono anche a consumare meno di prima. Anziché ordinare primo e secondo, prendono solo un piatto o rinunciano al dolce“.
# Milano a due velocità: più clienti in centro e nelle aree direzionali
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La situazione non è identica in tutta la città, come spiega Michele Berteramo, vicepresidente di Confcommercio. “Bisogna distinguere per zona: in centro e nelle aree direzionali i locali tornano a riempirsi, altrove no. Le società con più sedi per razionalizzare sfruttando lo smart working hanno riunito i lavoratori in quelle centrali privando di fatto i locali di alcune zone dei clienti del pranzo“.
# I prezzi dei menu cresciuti del 10% in città
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Se da un lato però i proprietari dei locali incolpano lo smart working per la mancata ripresa dei consumi in pausa pranzo, dall’altro lato i clienti segnalano una crescita sensibile dei prezzi e quindi preferiscono tornare a casa a mangiare o prepararsi la schiscetta da consumare in ufficio.
Un impiegato di banca, Luca De Carlo, intervistato fuori da un ristorante commenta: “Ho speso almeno cinque euro in più di quanto spendevo l’anno scorso per la stessa pietanza. Mi concedo la pausa pranzo fuori solo una volta a settimana“.
Una collega racconta come si prepari a casa il pasto da mangiare in ufficio: “La sera prima cucino qualcosa da portarmi al lavoro. In questo modo mangio anche più salutare“.
A confermare l’aumento dei prezzi è la Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi fare i calcoli a livello nazionale, che ha stimato nel 2022 una crescita del 6% del costo della pausa pranzo mentre a Milano addirittura del 10% come riportato da Confcommercio e Confesercenti. Tra le cause di questo ritocco verso l’alto dei menu vengono indicati i costi di energia e materie prime, quelli per servizi come la lavanderia e per il personale.
A prescindere dai motivi, le abitudini dei milanesi sembrano destinate a rimanere tali ancora a lungo da rendere forse necessario un ripensamento sul modello di città progettato e idealizzato solo qualche anno fa.
Fonte: Repubblica
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FABIO MARCOMIN
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