Alla fine a Milano si è verificato quello che si temeva quando si è affacciato per la prima volta nel mondo il virus nato in Cina: la chiusura dei negozi gestiti dalla comunità cinese più popolosa della città nel quartiere che ruota attorno a Paolo Sarpi, meglio noto come Chinatown. La causa temuta all’inizio però, ovvero discriminazione e boicottaggio dei negozi da parte degli italiani, non si è verificata. Il motivo è un altro.
CHINATOWN OFF-LIMITS: la comunità cinese ha abbassato le serrande
I cinesi di Milano si sono messi in auto-isolamento
La tempesta conseguente al “Coronavirus” sembrava non potesse intaccare la vitalità di una città come Milano e il laborioso quartiere di Chinatown con le sue numerose attività commerciali: ristoranti, lavanderie, bar, negozi di ogni genere che servono tutti gli abitanti della zona e non solo.
Prima l’assessore al commercio Tajani, poi il Sindaco Sala, infine il presidente lombardo Fontana, avevano simbolicamente supportato la comunità cinese facendosi immortalare mentre erano intenti a mangiare ravioli, noodles e altre prelibatezze culinarie asiatiche. L’obbiettivo era veicolare un messaggio di positività e invitare i milanesi a frequentare senza paura le attività del quartiere, nonostante il Governo avesse bloccato poco prima i voli provenienti dalla terra del Dragone.
Le serrande abbassate non è quindi avvenuta per mancanza di milanesi nei negozi a causa di discriminazione verso la popolazione cinese, ma al contrario è stata la stessa comunità di Paolo Sarpi, a seguito della veloce diffusione del virus in Lombardia e dell’ordinanza di chiusura e limitazione degli orari delle attività in città, che ha deciso di mettere in atto la politica più stringente possibile per arginare il virus: mettersi in isolamento volontario.
FABIO MARCOMIN
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