Tra le tante zone di Milano che negli ultimi anni hanno subito un processo di trasformazione tale da renderle irriconoscibili rispetto a com’erano anche solo a inizio millennio, quella del Portello è una delle più notevoli.
Dalla Fiera a CITYLIFE: le mille facce del PORTELLO, il quartiere del cambiamento
Il quartiere, nato Portell in dialetto milanese (“sportello”, “porticciuola”), prende il nome dall’omonima strada che portava da piazza Sempione a Rho.
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Qui sorgevano gli storici stabilimenti dell’Alfa Romeo, sviluppati su di una vastissima area che aveva ospitato l’EXPO 1906.
La sortie des usines
Al loro interno, si svolse una parte importante della vita del quartiere e della città, raggiungendo un culmine il 23 giugno 1959 con la visita del presidente francese Charles de Gaulle in occasione dell’inaugurazione dell’impianto dedicato alla produzione della Dauphine, in collaborazione con Renault.
Negli anni successivi, però, Milano si espanse molto: motore della ricostruzione industriale e culturale dell’Italia postbellica, finì per inglobare in pieno il Portello che passò dall’essere una zona periferica al diventare parte integrante del tessuto cittadino.
Nel 1986, l’ultimo dipendente dello stabilimento venne trasferito al più recente sito produttivo di Arese e venne così lasciato campo libero all’estensione della Fiera, lì presente dal 1906 ma ora fiorente con nuovi padiglioni, inaugurati nel 1997 (arrivarono ad essere 26 nel periodo dal ‘97 al 2006 – oggi, dopo il dislocamento a Rho, ne rimangono solo quattro) sui vecchi spazi dell’Alfa Romeo, la cui demolizione è terminata nel 2004.
L’High Line mesopotamica: preistoria, presente e futuro di Milano
Il nuovo look del quartiere passa però soprattutto da “Progetto Portello”, uno dei tanti piani di riqualificazione urbana che stanno interessando Milano. Tra i suoi obiettivi principali, oltre al recupero delle aree dismesse dell’Alfa Romeo attraverso la creazione di un nuovo grande parco, vi è lo sviluppo di aree e piazze attrezzate, servizi e nuovi insediamenti residenziali, commerciali e terziari, al fine anche di ricostruire e riallacciare il contesto di origine ottocentesca della città interna alla circonvallazione alla città più recente della zona periferica del nord-ovest. Parliamo di un’area di 385.000 m2.
Una delle novità più visibili è il Parco del Portello, progettato dall’americano Charles Jencks e dal tedesco Andreas Kipar, considerato l’iniziatore dell’architettura di paesaggio in Italia, sviluppato attorno a tre collinette pensate in continuità col Monte Stella a San Siro e giudicato da alcuni come la High Line milanese.
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Non solo, perché Jencks ha spiegato come i tre rilievi (di cui uno, Helix, ispirato alle ziqqurat mesopotamiche) rappresentino preistoria, storia e futuro di Milano, in una sorta di spirale del tempo, mentre il giardino vuole allegorizzare quelli che sono i ritmi armoniosi dell’Universo, dal battito del cuore all’alternarsi delle stagioni.
Plagi d’autore
Alla voce “piazze” troviamo certamente quella intitolata al suo architetto curatore, il friulano Gino Valle: al momento la più grande della città, con i suoi 20.000 m2.
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La piazza ospita dal 2014 la nuova Casa Milan, trasferitasi lì dalla sede storica di via Turati (e per adesso non ha portato bene), oltre che un bassorilievo denominato Grande Cancellatura per Giovanni Testori, su 23,4×2,47 metri realizzato dall’artista siciliano Emilio Isgrò, quello dell’accusa di plagio a Roger Waters.
Da piazza Gino Valle parte il ponte ciclopedonale della società inglese Arup, già incaricata della costruzione delle ruote panoramiche di Londra e di Singapore, decorato in policromia dall’artista austriaco Jorrit Tornquist per la gioia degli occhi di chi attraversa il sottostante viale Renato Serra.
CityLife: la città dei grattacieli
L’elefante nella stanza del Portello è però lui, CityLife.
Il nome viene dal consorzio formato ad hoc da Generali Properties S.p.A, Grupo Lar, Gruppo Ras, Lamaro Appalti S.p.A. e Progestim S.p.A. per portare avanti un progetto da 520 milioni di euro (iniziali), comprendente la realizzazione, tra gli altri, di tre grattacieli, un museo d’arte contemporanea e un’area residenziale.
I primi due grattacieli costruito sono stati: la Torre Hadid e la Torre Isozaki.
La Torre Hadid, progettata da Zaha Hadid, o Torre Generali, di cui è sede, soprannominata Lo Storto per via della sua forma affusolata, è alta 192 metri ed è stata inaugurata a ottobre 2017.
Già due anni prima era stata aperta la Torre Isozaki, detta anche Torre Allianz, di cui è sede. Progettata da Arata Isozaki e Andrea Maffei, soprannominata Il Dritto in contrapposizione allo Storto, arriva a 249 metri, con la guglia: 18 metri in più della Torre Unicredit di Porta Nuova, che però è considerato l’edificio più alto d’Italia per altezza strutturale (la guglia ufficialmente non vale), e così allora Il Dritto si ferma a 209 metri.
La terza arrivata è la Torre Libeskind, progettata da Daniel Libeskind, soprannominata Il Curvo. Inaugurata nel 2020, è alta 175 metri.
Nulla esiste finché non ha un nome
La città si è già portata avanti e infatti la piazza soggiacente i grattacieli si chiama Tre Torri, così come la fermata della M5, che serve il quartiere insieme a quella del Portello.
Milano resta la città italiana col più alto numero di grattacieli propriamente detti: ospitiamo infatti 16 dei 37 edifici sopra i 100 metri d’altezza nel nostro paese.
Al di sotto delle torri, sorge quello che pretende di essere il più grande shopping district urbano d’Italia, con 80 negozi, 1 supermercato, 20 tra ristoranti e bar e 7 sale cinema per un totale 1.200 posti.
Paesaggi gentrificati
Per quanto riguarda la zona residenziale, vi sono i complessi realizzati da Hadid, affacciati sul nuovo parco pubblico di CityLife e su piazzale Giulio Cesare, in un sito storicamente di prestigio, e quelli progettati da Libeskind, tra piazzale Giulio Cesare e piazza Amendola, con vista sulle Alpi da una parte e sulla città dall’altra.
Il progetto del museo d’arte contemporanea è stato invece abbandonato e i soldi ad esso destinati, circa 43 milioni di euro, sono in larga parte finiti per essere investiti nel rifacimento del Palazzo delle Scintille, l’ex padiglione 3 della Fiera, ellittico e polifunzionale, costruito in stile liberty (salvaguardato) dall’architetto Paolo Vietti Violi. Riaperto il 21 novembre 2017, ha già ospitato un importante convegno sul verde pubblico milanese ed oggi è una delle punte di diamante delle mire cosmopolite della città.
Passando alle cose serie, tra i migliori luoghi dove mangiare nel quartiere c’è Il Lusso della Semplicità, il primo ristorante dello chef e personaggio televisivo Alessandro Borghese. In viale Belisario 3, all’interno di un palazzo firmato Gio Ponti ma al 1° piano, per sottolineare la connessione sentimentale con l’uomo della strada in contrapposizione alla dilagante moda dei rooftop, ha una cucina che lui stesso definisce “eclettica e contemporanea, con un forte richiamo alla tradizione”.
Il locale è situato in un ideale punto punto mediano nella geografia di Milano, tra i capisaldi come la Madonnina o la Torre Velasca e i nuovi giganti firmati da alcune delle più grandi archistar internazionali.
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HARI DE MIRANDA
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