A fronte di interventi una tantum per supportare la parte produttiva del Paese, nel Decreto “Rilancio Italia” ci sono interventi strutturali che, aggiunti a quelli del decreto di Marzo, rischiano di generare costi e nuovi debiti permanenti, che potrebbero fare da zavorra per il futuro del Paese. Analizziamo questi sette punti.
Conte ha fatto i conti? I SETTE punti del decreto che mettono a rischio il futuro del paese
#1 La cifra senza coperture: 55 miliardi di debito che dovremo restituire con gli interessi
Alla conferenza stampa del decreto è mancata solo una risposta alla domanda più importante: chi paga? Certo, è un’emergenza, ma rispondere con un debito che si aggiunge ai 30 miliardi del decreto di Marzo, arriviamo a 85 miliardi, al netto degli interessi, che un giorno dovremo ripagare. ll decreto legge Rilancio destina risorse per un ammontare pari a circa un decimo del bilancio dello Stato, quasi il doppio dell’ultima manovra di bilancio: 25% alla Cassa integrazione e ai lavoratori autonomi, 20% alle imprese, altri 10% agli enti locali, 10% alla sanità, quasi 10% a turismo e commercio, e le quote restanti ad agevolazioni fiscali e a erogazioni a favore di categorie diverse, come colf e badanti. L’intera collettività dovrà accollarsi il debito relativo, anche chi non ha avuto e non avrà entrate a lungo. A questo si aggiungono le mancate entrate allo Stato derivanti dalle imposte e tributi che aziende e partite iva non pagheranno quest’anno per la stop alla produzione ed ogni tipo di attività. Senza considerare già tutto il debito pregresso, a livelli record nel mondo: si prevede ormai il 200% del debito/PIL entro fine anno.
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#2 Gli interventi per la sicurezza su negozi attività commerciali, imprese e spiagge: meno profitti, con ricaduta su tasse e PIL
La capienza di bar e ristoranti all’interno sarà limitata: tra un tavolo e l’altro dovranno esserci almeno due metri quadrati, e quattro per ciascun cliente. Si stimano perdite del 60% del fatturato. I negozi di abbigliamento sotto i 25 metri quadrati potranno permettere l’ingresso ad un solo cliente alla volta e avranno alti costi fino a che l’emergenza non sarà finita, solo per la sanificazione serviranno macchinari dal costo minimo di 3.000 euro. Le spiagge saranno a numero chiuso: gli accessi verranno contingentati dai gestori e viene suggerita la prenotazione obbligatoria, anche per fasce orarie e questo limiterà notevolmente l’arrivo di turisti. I datori di lavoro infatti rischiano un processo penale nel caso in cui un loro dipendente si ammalasse di Covid-19 sul posto di lavoro pur avendo posto in essere tutte le misure necessarie per contrastare e contenere la diffusione.
Queste sono solo una minima parte delle misure restrittive, che almeno in parte rischiano di diventare permanenti, e causeranno un crollo dei fatturati e conseguenti meno tasse versate allo Stato e quindi ulteriore debito. Avevamo lanciato la proposta che, almeno per la fase due, l’Italia applicasse misure standard internazionali concordate con gli altri Paesi, per evitare di penalizzare le nostre aziende. Invece come spesso è accaduto, le imprese italiane risulteranno quelle più colpite al mondo dalle misure restrittive imposte dal loro governo.
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#3 Nessuna iniziativa strutturale per salvare il turismo: perdite stimate per il settore di 120 miliardi
Per il turismo si parla di misure una tantum che risultano chiaramente insufficienti a fronteggiare una crisi epocale. Uno degli assi portanti del Paese, beneficerà solo di Tax credit vacanze come credito alle famiglie con un Isee non superiore a 40.000 euro, 80 milioni tra fondo turismo per l’investimento immobiliari di Sgr e per la promozione oltre a 50 milioni per la sanificazioni delle strutture. L’imposizione di misure restrittive e l’assenza di turismo straniero e l’80% in meno di quello italiano provocherà perdite per 120 miliardi di euro solo per il 2020, ad oggi sono già stati persi 30 milioni di villeggianti. Per la particolarità del settore sarà uno degli ultimi a riprendersi a causa della paura dei turisti a viaggiare del nostro Paese e le perdite saranno a lungo termine.
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#4 Assunzione di nuovo personale pubblico per un valore di 3 miliardi
Saranno 16.000 i nuovi insegnanti assunti in più a Settembre con 1,5 miliardi a carico del spesa pubblica, a cui va aggiunto 1,5 miliardi di euro per assumere quasi 10 mila infermieri. Una manovra che risponde a un’esigenza sociale ma che, anche questa, si muove in modo pericoloso per la tenuta dei conti dello Stato. Ogni assunzione nel settore pubblico, dal punto di vista finanziario, rappresenta un ulteriore debito perché si tratta di una spesa supplementare che inciderà ogni anno per i prossimi decenni, che dovrà essere finanziata dalle tasse o da nuovo debito.
#5 Invece di semplificare la burocrazia aumenta: procedure e ritardi negli aiuti rischiano di essere controproducenti
I fondi destinati all’aiuto di lavoratori e imprese sono in ritardo, la cassa in deroga e la cassa integrazione ancora deve arrivarne un quota consistente che nel frattempo molte aziende hanno dovuto anticipare per aiutare i propri dipendenti. I prestiti da 25.000 euro sono ancora bloccati e comunque andranno restituiti, i bonus per i liberi professionisti poco più di un contentino non è stato bonificato al 25% dei richiedenti e nonostante l’aumento di risorse la lentezza del sistema non è cambiata. La burocrazia continua ad essere un ostacolo enorme e quando i fondi saranno arrivati a destinazione, oltre ad avere creato un aumento del debito pubblico, la maggior parte delle imprese e delle partite iva avrà chiuso e tanti lavoratori saranno licenziati. La conseguenza è che la previsione di perdita del PIL sarà peggiore del 9,5% stimato dalla Commissione Europea perché in aggiunta al mancato gettito fiscale, i cittadini non avranno soldi per i consumi.
#6 Nessun intervento sul sistema fiscale: solo rinvio delle imposte con rischio di un collasso il prossimo autunno
Un’occasione persa è non aver approfittato di questo momento per mettere mano a una riforma fiscale per portare il Paese a un livello di competizione simile agli altri. Invece del taglio delle tasse si è infatti puntato al semplice rinvio, con il rischio che il prossimo autunno molte imprese si trovino nell’impossibilità di pagare tutte le imposte accumulate.
#7 Non ci sono investimenti strutturali per il settore produttivo
Per i settori dell’automobile, dell’edilizia, del turismo, della moda tanto per citare alcuni dei più importanti nel nostro Paese non è previsto nessuno investimento, per consentire alle imprese di mantenere i dipendenti e ricominciare a produrre reddito, e questo va a ricadere su tutto l’indotto. Nonostante i 55 miliardi in deficit, questi non contemplano misure per il rilancio economico e quindi una volta esauriti le imprese si troveranno in una condizione peggiore dell’inizio del lockdown perché non avranno compensato il mancato fatturato, non avranno coperto le spese sostenute e non avranno potuto investire per sviluppare il mercato. I dati sul tasso di disoccupazione previsto al 12% si dovrà ritoccare verso l’alto, così come il deficit sarà più pesante del -11,1% che ci ha relegato all’ultimo posto in Europa.
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FABIO MARCOMIN
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