Tramonta Orione su Milano.
Al semaforo le ragazze si coprono il volto in attesa del verde. C’è traffico, in Cadorna. Gli sguardi si incrociano, indagano, inconsapevolmente cercano il virus sul tuo volto. È istinto di sopravvivenza, abitudine primitiva. Ma Milano continua a correre. È una corsa olimpica, satura di fatalismo. La terra trema ancora: è il treno della linea rossa che serpeggia sotto la piazza. Stridono i binari, il tram 19 rallenta, frena, riprende la corsa. Sui palazzi liberty svettano sempre i cartelloni pubblicitari, all’entrata della stazione suona ancora una chitarra. Sulle vetrine i cartelli: “mascherine esaurite”. Le farmacie però sono vuote. Nei supermercati del centro mancano solo le zuppe disidratate e i fagioli Borlotti. In periferia, invece, il macellaio dice che sembra di esser tornati alla Guerra del Golfo.
«Milano, capital económica de Italia, Milano, fashion week y Coronavirus…»
Proseguo. Mi lascio alle spalle il Castello Sforzesco. Due o tre coppie già cenano al ristorante. Si guardano intorno, le mascherine accanto alle posate. Mi sorpassa un rider di Glovo con la mascherina, appena uscito dal McDonald deserto. Scatta tra i passanti, ghepardo urbano.
Dal liberty al gotico, Piazza del Duomo è abbagliata dai LED delle videocamere, piccole lucciole artificiali. Una giornalista spagnola ripete tra sé prima della diretta: «Milano, capital económica de Italia, Milano, fashion week y Coronavirus…».
Mi siedo sugli scalini. Nella città dell’aperitivo questa settimana i bar hanno dovuto chiudere alle diciotto. Sacrilegio preventivo, temporanea abnegazione. E la città si svuota a quell’ora, non prima. L’orologio biologico si ferma. La nostalgia del suono del ghiaccio nell’Old Fashioned, dei funghi riscaldanti, della lounge music. Le serrande si abbassano: il fracasso riempie lo spazio, sale su, avvolge le guglie, si perde nell’aria.
Breaking News: Aperitivo is back in town
Arriva la sera. Decido di tornare in metro. Non sembra l’ora di punta, non corre nessuno, nessuno da evitare, nessuno che urta. La fashion week è finita, le modelle sono scappate, sono scappati anche gli studenti fuori sede, chi spaventato dal virus, chi dalla minaccia della solitudine di una potenziale quarantena. In metro una donna preferisce rimanere in piedi, nonostante i quattro posti liberi, lontano da tutti. In fondo è il lavoro, sì, è il lavoro che obbliga a uscire di casa, a prendere i mezzi, al rischio del contagio. È la centralità dell’economia occidentale che si contrappone alla priorità primordiale del benessere psicofisico.
La notizia è giunta nel pomeriggio. Da oggi, mercoledì 26 febbraio, i locali possono rimanere aperti anche dopo le diciotto, ma solo se si effettua servizio al tavolo. Dopotutto, i bar sono sovraffollati anche la mattina e, se in questi giorni non lo sono stati, è perché qualcuno ha deciso di prepararsi il caffè a casa. Torna l’aperitivo, torna Milano. Il cielo è laccato, si cerca un sorriso dietro certe mascherine futili superstiti.
VINCENZO REALE
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