La civiltà occidentale è evoluta attraverso la progressiva estensione dei diritti individuali a tutti i cittadini.
Tanto più una società garantisce pari diritti e pari opportunità ai suoi cittadini, senza differenze determinate da caratteristiche o da comportamenti, quella società rappresenta una forma di civiltà avanzata.
Lottare per i diritti significa fare in modo che i propri diritti siano estesi anche a quelli che non li hanno. Questa è la cultura del diritto. La maggioranza è una maggioranza civile se vuole che anche la minoranza abbia gli stessi suoi diritti, senza alcuna discriminazione perché la minoranza agisce o pensa in modo differente.
Se invece la lotta porta ad affermare per sé e per il proprio gruppo di riferimento dei diritti esclusivi a cui altri sono tagliati fuori, non si tratta di cultura dei diritti ma di cultura dei privilegi.
Il privilegio è retaggio di una società retrograda, pre-rivoluzione francese, in cui le persone non sono tutte uguali ma differiscono in base a caratteristiche fisiche, culturali o di fedeltà al potere.
I princìpi di tutte le democrazie moderne si basano sulla carta dei diritti dell’uomo che sembrava aver fatto uscire di scena il privilegio dalla società. Che invece è uscito dalla porta per rientrare dalla finestra.
Oggi ci troviamo a discutere su questioni giù affrontate dai grandi pensatori del settecento e che si pensava risolte, soprattutto dopo le deviazioni negli anni venti e trenta del novecento europeo.
Forse c’è bisogno di un nuovo illuminismo per uscire da questi tentativi pluricentenari di restaurazione della società dei privilegi.
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