Sono passati poco più di due anni dalla vittoria del premio come “Best Tall Building”, miglior grattacielo, da parte del nostro Bosco Verticale, premio assegnato annualmente dal Council on Tall Buildings and Urban Habitat, organismo internazionale che guarda al mondo intero per l’assegnazione del suo prestigioso riconoscimento.
Riconoscimento che ha visto protagoniste negli ultimi anni alcune delle città più vibranti del pianeta: oltre a Milano, Shanghai, Sydney, Pechino, Doha, Francoforte e Dubai.
Proprio quest’ultima ha in cantiere un progetto per quello che dovrà essere il prossimo grattacielo più alto al mondo, il cui concept strizza l’occhio al Bosco Verticale e ai suoi architetti del milanesissimo Studio Boeri.
La struttura infatti, che in altezza supererà il chilometro, sarà adornata da balconi verdi rotanti che si ispirano sì ai leggendari giardini pensili di Babilonia di 2500 anni fa, ma che certamente non possono non ricordare il capolavoro milanese.
Il costo del progetto sarà di almeno un miliardo di dollari, ma sappiamo che Dubai ha ben pochi problemi di budget, sia per motivi storici e geopolitici, sia perché è una città-stato.
Eppure, persino dalle loro parti si guarda a Milano, prima città al mondo ad impegnarsi nella costruzione di grattacieli verdi.
Oggi, siamo diventati influencer.
Gli emiri non sono gli unici, infatti, ad essersi innamorati delle nostre torri verdi: Boeri ha già firmato l’accordo che gli consentirà di realizzare quello che sarà il Bosco Verticale parigino, la Forêt Blanche.
Ma il contratto più importante non l’ha firmato qui in Europa, ma in Cina.
Il Celeste Impero si sta occupando della conquista del mondo attraverso la Nuova Via della Seta e i massicci investimenti in Africa, ma sa benissimo che se non andrà incontro ai cambiamenti necessari per far fronte agli sconvolgimenti climatici prossimi venturi, sarà una delle prime realtà ad implodere.
Ed è per questo che si sono rivolti allo Studio Boeri per la costruzione della prima Forest City al mondo.
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Una città satellite poco fuori Liuzhou che ospiterà 30.000 persone, 40.000 alberi, 1 milione di piante di 100 specie differenti, all’avanguardia nella sostenibilità e nell’indipendenza energetica grazie a geotermia e pannelli solari e in grado di produrre 900 tonnellate di ossigeno all’anno, assorbendo 10.000 tonnellate di anidride carbonica e 57 tonnellate di polveri sottili.
Questo è ciò a cui ha portato la rivoluzione milanese sulla densificazione verticale del verde, sull’attenzione alla biodiversità e al microclima.
Certamente su questo punto, a Milano come nel resto del globo, rimane moltissimo lavoro da fare.
Ma è sull’onda di questa idea meneghina che Plenty, una delle più giovani e al contempo più in crescita tra le startup della Silicon Valley, si prepara a cambiare i paesaggi delle nostre città, attraverso la realizzazione di giardini verticali, destinati alla produzione agricola e siti appena fuori da ogni metropoli del mondo. Il primo verrà realizzato poco fuori Seattle entro la fine dell’anno.
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I vantaggi dell’agricoltura verticale stanno nel naturale controllo delle temperature, nella drastica riduzione dell’uso di pesticidi e dello spreco di acqua, unitamente ad una maggior produzione a fronte di un’occupazione ridotta dello spazio.
Inoltre, com’era ben noto già a Goethe nel 1810 nella sua Teoria dei colori e a tutti quelli che hanno a che fare con lo studio delle scale cromatiche oggi, il verde comunica un senso di appagamento e di pace agli occhi di chi lo guarda.
Insomma, nella speranza di beneficiare in qualche modo della ridistribuzione delle forze nell’Europa post Brexit, abbiamo molti motivi per ritenere la nostra una città all’avanguardia e quindi per fare tanto affinché lo rimanga.
HARI DE MIRANDA
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