È più facile che un CAMMELLO passi per la cruna di un AGO, che trovare un TAXI la sera, in CENTRALE

Dopo le 18 e nel week end inizia la caccia al tesoro 

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Coda per i taxi in Centrale - ph. @giannirivieccio IG

Al primo posto assoluto delle cose di cui si lamentano i milanesi, a giudicare almeno dalle mail che riceviamo per la rubrica #milanononfaschifoma. I taxi o, piuttosto, la loro assenza. Specie in certe ore e in certi luoghi. Come la sera in Centrale.

È più facile che un CAMMELLO passi per la cruna di un AGO, che trovare un TAXI in CENTRALE

# Dopo le 18 e nel week end inizia la caccia al tesoro 

Aspettando il taxi… ph. @gianluca.giannini
IG

Una delle cose che chi è abituato ad andare all’estero trova più curiose a Milano sono i taxi. O, più precisamente, i tassisti. Nelle grandi città d’Europa i taxi sono quasi sempre guidati da immigrati, da stranieri che a stento conoscono la lingua del paese che li ospita. Tipico. Ovunque. Ma non a Milano. Non solo. Un mistero di Milano è l’impossibilità di “toccare” i tassisti, per qualunque amministrazione, in particolare per la questione delle licenze. 

Il risultato è che se si prende un taxi a Milano si trovano conducenti quasi sempre eleganti, educati, che parlano un italiano perfetto, che conoscono ogni aspetto della città. L’unico problema è che spesso non si trovano. Soprattutto quando servirebbero di più. Nelle sere di pioggia, ad esempio, sembra impossibile trovarne uno. Lo stesso accade quando ci sono i grandi eventi di Milano, come la Settimana della Moda o il Fuorisalone. Così come la sera o nelle ore di punta alla Centrale. Secondo uno studio di TaxiBlu, il consorzio cittadino più grande, dopo le 18 e nel fine settimana circa il 30 per cento delle chiamate rimane insoddisfatto. Ma realmente i tassisti sono una “casta intoccabile” e godono di privilegi tipo i parlamentari di Roma?

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# Qualche numero: le nuove licenze mancano da vent’anni 

Credits Milano Sparita e da ricordare FB – Taxi gialli in Duomo

Il dato più appariscente è questo: da quasi vent’anni non vengono più collocate sul mercato nuove licenze per i taxi a Milano. In un periodo di tempo in cui Milano è cresciuta di circa 150 mila abitanti ed è passata da 2 a 10 milioni di turisti all’anno, in particolare durante grandi eventi come Expo, la finale della Champions, Fuorisalone o le Settimane della Moda. 

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Per guidare un taxi serve una licenza. A Milano risultano al momento meno di cinquemila licenze, 4.855 per la precisione. Le licenze vengono assegnate in base al pubblico presente sul territorio comunale, per ottenerle servono una serie di requisiti che sembrano alla portata di (quasi) tutti: avere compiuto l’età di 21 anni, essere in possesso della cittadinanza italiana o di un altro Stato dell’Unione Europea, non aver riportato condanne e non essere titolare di un’altra autorizzazione o concessione amministrativa. Il problema, come scritto, è che da quasi vent’anni nessuna amministrazione le sta più assegnando. Anche perché una licenza si può rivelare un autentico tesoro. 

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# La licenza vale un tesoro 

Aspettando il taxi… – ph. @daoz_vascolizzata
IG

La licenza non è solo un permesso ma un vero e proprio bene patrimoniale che vale come una casa. A Milano la si può comprare da qualcuno che decide di smettere, va in pensione o, in generale, interrompe la sua attività. Il “blocco” delle assegnazioni ha portato a un’impennata del valore delle licenze che rientrano nella trattativa privata e quindi oggetto di libera contrattazione: il prezzo di una licenza taxi nella maggior parte dei casi si aggira tra 100.000 e 200.000 euro. Questo è il punto chiave che porta i tassisti ad alzare le barricate contro qualunque ipotesi di aumento del numero delle licenze: per un principio economico incrementando la loro offerta si riduce il loro valore. E chi ha versato fino a 200.000 euro per ottenerla non può certo farsi intenerire da turisti in coda, al freddo, sotto la pioggia, di notte, per aspettare un mezzo che vale un tesoro. 

aspettando il taxi… l’intraprendente – @marozzzzzzzz IG

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ANDREA ZOPPOLATO

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Andrea Zoppolato
Più che in destra e sinistra (categorie ottocentesche) credo nel rispetto della natura e nel diritto-dovere di ogni essere umano di realizzare le sue potenzialità, contribuendo a rendere migliore il mondo di cui fa parte.