Nel panorama milanese sempre in movimento, la Fondazione Prada, in largo Isarco, a due passi da corso Lodi e via Ripamonti, spicca oggi per due importanti aspetti.
Innanzitutto, in breve tempo ha saputo affermarsi quale punto di riferimento dell’offerta culturale milanese, con eventi, mostre d’arte contemporanea, cinema e tanto altro.
In secondo luogo, ha trasformato una zona da anni abbandonata a se stessa e impantanata nel classico degrado del post industriale.
La storia della location
La Fondazione è nata infatti sulle ceneri di un bel fabbricato anni dieci, che un tempo ospitava la prestigiosa ed affermata distilleria della Società Italiana Spiriti (poi statalizzata), famosissima per il brandy del Cavallino Rosso, tanto caro agli italiani degli anni cinquanta e sessanta.
Come tutte le ex fabbriche della zona, anche questa sfruttava il contiguo scalo ferroviario di porta Romana (purtroppo precipitato nell’abisso del degrado più folle, e per il quale, ad oggi, si sentono solo promesse, idee e progetti).
Fino agli anni settanta, non era raro vedere vagoni merci uscire dal muro dello scalo e raggiungere, attraverso appositi binari di servizio, le realtà produttive del quartiere, durante il giorno popolato da migliaia di operai, in un allegro, anche se faticoso, via vai di carri, camion, gente indaffarata.
Il progetto di recupero, inaugurato giusto tre anni fa, è stato curato dallo studio Oma di Rem Koolhas, l’olandese volante dell’architettura.
L’inaugurazione della torre
Lavorando su un’area produttiva di imponenti dimensioni (la SIS occupava quasi 19’000 metri quadrati), Koolhas ha salvato sette edifici industriali originali, ai quali ha affiancato strutture nuove, l’ultima appena inaugurata: la torre. Questa, dall’alto dei suoi 60 metri, regala una vista inedita della città, attraverso le sue ampie vetrate. Le facciate esterne, di vetro e di cemento, attribuiscono ai diversi piani un’esposizione alla luce sempre differente.
Il visitatore che varca il cancello d’ingresso può passeggiare tra ambienti diversi tra loro, che tuttavia si armonizzano sapientemente e si valorizzano come in una sorta di “affinità elettive”: possiamo ammirare il vecchio e il nuovo, lo scrostato intonaco anteguerra e l’oro tanto di moda oggi.
Un bar da film
Entrate nel visionario bar interno, il Bar Luce, progettato da Wes Anderson (proprio il regista USA, quello di Grand Budapest Hotel o I Tenenbaum), che ricorda un tipico locale anni cinquanta, con tanto di flipper e un jukebox. Il soffitto a volta riproduce in scala la copertura in vetro della Galleria Vittorio Emanuele, mentre altri elementi chiave della Galleria trovano spazio nella parte superiore del bar, in una sorta di schema decorativo. Almeno un caffè al banco è d’obbligo (ma se volete rilassarvi e spendere qualcosa di più, fatevi servire ad uno dei tavolini).
Insomma, Fondazione Prada ha dato il via alle danze per far rinascere la zona: ora siamo fiduciosi che altri vorranno ballare dando il proprio contributo a trasformare una parte di Milano che merita molto e che ha da raccontare ancora tante cose.
MAURO COLOMBO