Nato milanese, preferiva definirsi torinese, per la città dove è cresciuto. Ma Milano fu una presenza costante per tutta la sua vita.
Gian Maria Volontè, l’attore impegnato “al di sopra di ogni sospetto”
# Il “migliore attore nella storia del cinema italiano”
Nelle biografie di Gian Maria Volontè Milano appare come un lampo iniziale nella vita dell’attore, ma milanese, lui, non si è mai sentito, anzi, lui si considerava torinese, legato alla città che lo aveva cresciuto. Ma a Milano Volontè ci nacque, il 9 aprile 1933, il padre era un militante del regime fascista, la madre apparteneva ad una famiglia di industriali lombardi. Volontè è stato uno degli attori più apprezzati nel panorama artistico italiano e non solo, qualcuno addirittura lo definì il migliore attore nella storia del cinema italiano.
# Nato milanese, cresciuto torinese
Dicevamo che Milano per Volontè fosse solo il luogo di nascita, considerando che neppure un mese dopo (nel maggio del ’33), la madre si trasferisce con il figlio in un albergo in Corso Galileo Ferraris, proprio nel capoluogo piemontese. Ma nella vita professionale di Gian Maria Volontè la città di Milano ritorna, per proporre sul grande schermo episodi di cronaca nera accaduti sotto la Madonnina. Come quando interpretò il bandito Piero Cavallero, capobanda dell’omonima gang torinese, nel film “Banditi a Milano”, in cui si ripercorre la storica rapina al Banco di Napoli in largo Zandonai nel settembre del ’67. Alla prima del Carignano di Torino, il pubblico rimase impressionato da come Volontè riusciva a rappresentare in modo così fedele la figura di Cavallero, nella parlata, nei gesti e nel carattere. Stessa cosa per il film “Il caso Moro” del 1986, dove l’attore milanese riuscì ad interpretare l’esponente della DC in modo totalmente fedele alla realtà, la sua fu una somiglianza agghiacciante e struggente.
# Il successo con gli “spaghetti western”
Nei 56 film in cui Volontè ha lavorato, tra il 1960 e il 1993, ha interpretato tutti i drammi, le contraddizioni, le vergogne e i vizi del nostro paese. Pellicole come “Un uomo da bruciare”, “I sette fratelli Cervi”, “Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto” e “La classe operaia va in paradiso”, sono un limpido esempio dell’impegno sociale che l’attore impiegava nel proprio lavoro, tant’è che ancora oggi è ricordato come uno degli artisti più vicini alle tematiche socio politiche del ‘900.
Aveva un fratello, Claudio, attore pure lui, ma deceduto poco più che quarantenne. Gian Maria a 16 anni si aggrega alla compagnia itinerante “I carri trespi”, poi si iscrive all’Accademia d’arte drammatica di Roma. Negli anni sessanta la sua popolarità cresce notevolmente grazie anche ai film del genere “spaghetti western”, come “Per un pugno di dollari”, “Per quache dollaro in più”, e “Quien Sabe?”.
# La morte sul set
Ma Milano torna ancora come protagonista di Volontè, quando nel 1965 è l’ispettore di Polizia Moroni nella pellicola sul bandito Luciano Lutring, dal titolo “Svegliati e uccidi”. In questo film sul solista del mitra, la nostra città appare con via Filippo Sassetti, Piazza Dumo, Via Plana, Via San Marco, via Poliziano e via Monte Napoleone.
Volontè, dopo quarantaquattro anni di carriera, tra cinema, teatro e Tv, dopo alcune esperienze come regista e sceneggiatore, morì per infarto, sul set del film “Lo sguardo di Ulisse” il 6 dicembre 1994, nella città greca di Florina. La particolarità di Volontè fu quella di essere stato uno studioso scrupoloso alla ricerca del modo migliore di far risaltare il personaggio che doveva interpretare.
FABIO BUFFA
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