Salomone Ovadia, in arte Moni, lo definì un uomo il cui volto è “una geografia teatrale, che parla, comunica e ti incanta“. Il carisma di Gianrico Tedeschi, sul palco, davanti ad una cinepresa o semplicemente a cena con amici e colleghi, era qualcosa di unico, perchè questo maestro aveva la rara capacità di essere “magnetico” e seducente, rimanendo umile e semplice.
GIANRICO TEDESCHI, l’attore milanese “che parla, comunica e ti INCANTA”
# Dalla casa a ringhiera alla guerra in Grecia
Tedeschi, nato a Milano il 20 aprile 1920 e mancato nel 2020, all’invidiabile età di 100 anni tre mesi e una settimana, è stato un esempio inimitabile di come si fa teatro, quello vero. Quello con un Giorgio Strehler che ti “smonta” e ti “rimonta” stravolgendo le tue caratteristiche (di attore) abituali, per farti diventare un personaggio da palcoscenico che mai avresti pensato di interpretare. Gianrico Tedeschi nacque in una casa di ringhiera, col bagno fuori, a porta Venezia, precisamente in via San Gregorio. Aveva tre fratelli. Si iscrisse alla Cattolica, ma la guerra lo chiamò alle armi, come ufficiale, partecipando alla campagna di Grecia.
# La scoperta nei campi di concentramento della passione per la recitazione
Dopo la diramazione dell’Armistizio dell’8 settembre del ’43, fu fatto prigioniero dai tedeschi e mandato in campo di concentramento: è proprio qui che scopre l’attitudine e la passione per la recitazione. Questo “incontro” lo raccontava così: “durante i due anni di prigionia, in un campo per ufficiali, per vincere la paura e la fame, si cercava di tenersi impegnati. Molti soldati catturati avevano con sè dei libri e misero insieme una sorta di biblioteca. Io leggevo molto, l’Enrico IV e L’uomo dal fiore in bocca, di Pirandello oppure Spettri di Henrik Ibsen e, assieme a malcapitati ufficiali come me, ho rappresentato queste opere sotto forma di teatro“. In prigionia conosce un certo Enzo De Bernard che, quando l’internamento finisce, fa conoscere a Gianrico la sorella, Laura, che diventa la prima moglie di Tedeschi, dalla quale ha la figlia Enrica (nata nel 1950). Ma facciamo un passo indietro: “quando tornai in Italia e dissi a mia madre che volevo fare l’attore, lei mi tolse il saluto. Mi iscrissi all’Accademia d’arte drammatica di Roma, in quel periodo un aiuto prezioso me lo diede il Convitto Nazionale Partigiani e Reduci, che dava la possibilità a chi, dopo la guerra, voleva rifarsi una vita, di rimettersi in gioco“. Ed inizia così l’epopea artistica lunga settant’anni.
# Un milanese a Roma
A Roma Gianrico non solo non perde l’amore e la passione per Milano ma, ad un certo punto della propria carriera, sente il bisogno di recitare in dialetto meneghino: “ad inizio degli anni novanta Tedeschi mi disse: sono milanese e non ho mai recitato nel mio dialetto. Mi propose una produzione letteraria di Luigi Santucci e diventai la regista di Noblesse Oblige“, raccontò recentemente in un’intervista Andrèe Ruth Shammah.
La carriera di Gianrico Tedeschi è stata un vulcano di opere, successi, esperimenti teatrali, di un attore a tuttotondo, cioè drammatico, comico, riflessivo e giocoso. Si narra che soltanto Giorgio Strehler riusciva ad imporgli ruoli e stili di recitazione a lui magari alieni: “Eh sì, perchè Strehler sapeva stimolare l’attore, magari anche in modo violento, ma ti faceva tirare fuori caratteristiche recitative che magari neanche pensavi di avere“. Confidò anni fa Tedeschi.
Alla fine della sua lunga carriera, vantò innumerevoli parti come protagonista in opere teatrali, l’ultima fu “Dipartita finale”, nel 2016, di Franco Branciaroli, milanese pure lui. Iniziò al fianco di Bice Valori, Paolo Panelli e Nino Manfredi ne “La dodicesima notte”, passando per “La vedova scaltra”, “L’opera da tre soldi”, “Arlecchino servitore di due padroni” e tanti altri lavori che rimangono antologia della recitazione.
Partecipò a quarantatre film e a quattordici prose televisive. Per non parlare di Carosello e delle tredici esperienze come doppiatore, dando la voce, tra gli altri, a Walter Matthau, Charles Boyer e Steven Geray. Alla fine degli anni sessanta Gianrico Tedeschi conobbe la collega Marianella Laszlo, un’attrice fiorentina con cui ha avuto la secondogenita Sveva, che ha intrapreso le orme dei genitori recitando col padre in diversi lavori teatrali.
FABIO BUFFA
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