Sono davvero tanti i racconti e le storie, alcune delle quali leggende, che gravitano intorno alla figura di Leonardo da Vinci. Molte di queste narrazioni trovano naturale ambientazione a Milano vista la lunga permanenza del genio toscano nella città meneghina.
Leonardo si è dedicato a tantissime discipline, tanto scientifiche quanto umanistiche. Per esempio tutti sanno che dedicò studi importanti ai pigmenti, alla base della sua pittura, ma pochi che utilizzò le stesse conoscenze per produrre le prime tinte per colorare di biondo i capelli.
Un’altra delle passioni di Leonardo poco note ai più è quella per il vino, passione che è eredità diretta dell’attività di vignaioli della sua famiglia.
Ed è probabilmente per questo motivo che Ludovico il Moro, che lo convocò a Milano nel 1482 per assegnarli diversi “appalti” tra i quali il Cenacolo, nel 1498 gli regalò una vigna.
Gli anni di Leonardo
Se state immaginando un appezzamento di terra nelle campagne lombarde, come sarebbe naturale fare, state sbagliando: la vigna in questione era un terreno di circa 8000 mq situato sul retro della Casa degli Atellani, dimora utilizzata “saltuariamente” da Ludovico il Moro e posta esattamente di fronte a Santa Maria delle Grazie, in corso Magenta. Dimora nella quale, peraltro, risiedeva Leonardo durante il cantiere de L’Ultima Cena.
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L’arrivo dei francesi a Milano tra la fine del 1499 ed i primi del 1500 portano Leonardo lontano dalla città e dalla sua vigna che peraltro nel 1502 viene confiscata dai nuovi governanti d’oltralpe.
Quanto tenesse al suo appezzamento di terreno, lo dimostrano i documenti storici che ci raccontano la condizione che Leonardo pose per il suo rientro a Milano, avvenuto nel 1507, a seguito della chiamata del governatore francese Charles d’Amboise: la restituzione della vigna.
Nel suo testamento, scritto pochi mesi prima della sua morte nel 1519, Leonardo cita la sua vigna e, suddividendola in due lotti, la lascia in eredità al suo allievo Gian Giacomo Caprotti, detto il Salai, ed al suo servitore Gianbattista Villani
Dalla morte di Leonardo al 1999
Nei 400 anni successivi la morte di Leonardo non si hanno notizie precise della Vigna. Quel che è certo è che non ne venne modificata l’estensione ne la portata. Per sentirne nuovamente parlare si deve arrivare al 1920 quando l’architetto Piero Portaluppi, proprietario della Casa degli Atellani, ne avvia il cantiere di riqualifica e salva una parte della vigna dall’estirpazione che ne sarebbe derivata in seguito alla lottizzazione dell’area per la realizzazione di costruzioni civili.
Un salvataggio risultato inutile visto che i bombardamenti della seconda guerra mondiale nel 1943 causano un incendio che distrugge tutto il vigneto.
Dal 1999 ai giorni nostri
Si sa: quando si parla di Leonardo non c’è mai niente di banale. E se si intuisce la possibilità di riportare alla luce qualcosa che ne testimonia anche solo la presenza in un luogo si mettono in moto dinamiche particolari e si accendono entusiasmi unici.
È quello che deve essere successo a Luca Maroni, grande esperto di vini, quando nel 1999 ha scoperto la storia della vigna di Leonardo ed ha subito immaginato l’impresa: trovarla e riportarla alla luce.
Ne è nato un progetto lungo 11 anni, dal 2004 al 2015 fatto di due momenti diversi.
Una prima fase che ha visto coinvolto il Comune di Milano e soprattutto l’Università Statale di Milano nella persona del professor Attilio Scienza, riconosciuto come il più grande esperto mondiale di vite. Furono avviati degli scavi per scoprire se in profondità fossero presenti residui vegetali vivi della vite originale.
E c’erano! Tanto che la città di Milano ne presentò orgogliosamente i risultati alla serata di gala organizzata nel 2008 per i delegati del BIE per sostenere la candidatura di Milano all’assegnazione dell’Expo 2015.
La macchina istituzionale si è però fermata lì. I fondi necessari al passo successivo, ovvero analizzare il DNA della vite per capire come riprodurla, non c’erano e non ci sarebbero stati.
Ma Leonardo Da Vinci si sa, accende entusiasmo. E soprattutto richiama, meritatamente, il mecenatismo tipico della sua epoca: è quello che deve aver pensato la famiglia Portaluppi, proprietaria della Casa degli Atellani, che, tramite la sua fondazione, ha deciso di finanziare il progetto con la finalità di riportare in vita la vigna identica, per genetica e per posizione, a quella di Leonardo.
Ed è così che si è scoperto che Leonardo coltivava Malvasia Candia Aromatica. Venne realizzata un’analisi comparativa di tutte le tipologie di Malvasia Candia oggi esistenti per ritrovare gli elementi di quella leonardesca. È stata in questo modo riprodotta in modo identico la composizione genetica della vite originale e così, infine, si è potuto ridare vita, a distanza di 500 anni, alla coltura tanto amata da Leonardo, e da quella produrne del vino.
La vigna di Leonardo, insieme ad un Museo, un Bistrot e alla straordinaria dimora che la ospita, è oggi visitabile all’interno della Casa degli Atellani in corso Magenta 65 (vignadileonardo.com). Una visita che permette di scoprire un paradiso nascosto incredibile e rivivere insieme alle preparatissime guide, una storia che, siccome parliamo di Leonardo da Vinci, non potrà mai essere niente di diverso dal geniale e dallo straordinario.
LUCA BENSAIA
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