I primi a occupare l’università sono stati i pisani. Ma Milano è stata la prima nelle scuole. Procediamo con ordine.
Il ’68 nelle scuole milanesi: la cronaca e le richieste delle prime OCCUPAZIONI
Il 1968 in Italia in realtà ha avuto inizio nel 1967. L’8 febbraio a Pisa gli studenti occupano l’Università per chiedere il rinnovamento del sistema universitario nazionale. Vengono seguiti a ruota da studenti di altre università italiane. A Milano la rivolta parte in Cattolica dove il 16 novembre 1967: Mario Capanna in una concitata assemblea proclama l’occupazione della Cattolica. In realtà dura solo poche ore per l’intervento della polizia che, chiamata dal rettore, nella notte libera l’ateneo.
Ma è solo l’inizio. Anche perchè l’occupazione è solo la punta dell’iceberg di una generazione che sta stravolgendo lo status quo. Lo si vede negli abiti che indossano, nella musica che ascoltano, negli atteggiamenti distanti anni luce da quelli dei loro genitori.
Il 1968 resta nella memoria soprattutto per ciò che è avvenuto nelle università. Eppure anche le scuole non sono restate a guardare. Anzi. Il 26 gennaio del 1968 i ragazzi del Berchet per primi in Italia occupano la loro scuola. Anche in questo caso dura poco: la sera dichiarando che “ritenendo esauriti i lavori dell’occupazione” viene sciolta l’assemblea e i ragazzi lasciano la scuola, come riporta il giornale degli studenti. Se al Berchet fanno qualcosa, il Parini non può certo restare immobile: così il 5 marzo gli studenti dell’altro celebre liceo classico della città danno vita alla “occupazione bianca“, in cui chi vuole può continuare a frequentare le lezioni, gli altri si ritrovano in aula magna, messa a disposizione dal preside Mattalia che per questo atto sarà temporaneamente sollevato dal suo incarico.
Le principali richieste degli occupanti furono:
- la riduzione dell’orario dedicato allo svolgimento dei programmi ministeriali
- la sostituzione dello studio individuale con lo studio di gruppo, più orientato alla ricerca
- l’introduzione della libera adesione ai programmi di ricerca
- la sostituzione dei compiti a casa con “controcorsi” imperniati su temi di attualità
- la sostituzione del voto trimestrale con un giudizio complessivo.
Dopo il Parini fu la volta del Carducci, del Manzoni e dell’Einstein, mentre iniziarono i cortei al grido di “Scuola sì, governo no!”. Ormai il sessantotto era diventato un processo irreversibile che avrebbe travolto l’intera società italiana.
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